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Politica - Notizie e Commenti
Perché Emma Bonino (deve perdere) ha perso le elezioni Stampa E-mail
In dieci punti il vero volto dell’avversaria di Renata Polverini. Un pericolo non solo per il Lazio
      Scritto da Giovanni Martino
22/03/10
Ultimo Aggiornamento: 01/05/10
Emma Bonino e Renata Polverini
Emma Bonino e Renata Polverini
Abbiamo spesso denunciato un grave male della vita pubblica in Italia: l’attitudine di molti partiti (o di media schierati) a demonizzare l’avversario, sperando che enfatizzare i difetti altrui basti a coprire i proprî (o quelli della parte per cui si simpatizza).

Ma il rifiuto della demonizzazione non significa rinuncia alla critica. Una corretta informazione può indurre a mettere in evidenza anche i difetti di una persona o di una parte politica; finanche ad enfatizzarli, se sono particolarmente gravi. Purché ciò sia fatto con onestà ed equilibrio.
Come si dice a Roma: “quanno ce vo’, ce vo’ ” (“quando è necessario, è necessario”).

E la critica sembra quanto mai necessaria per una delle candidate alla presidenza della Regione Lazio, Emma Bonino.

Partiamo da una considerazione. I radicali – e con essi Emma Bonino – hanno sempre goduto di “buona stampa”. Questo perché hanno condotto battaglie ideologiche, restando però ai margini del governo delle istituzioni.

Per sostenere le loro battaglie si sono ritagliati nei decenni una nicchia particolare nello scenario politico. Una nicchia anche di potere (ingenti finanziamenti a Radio radicale, incarichi lautamente retribuiti), ma di potere marginale. La loro ideologia sia economica (liberismo assoluto) sia sociale (disarticolazione dei corpi sociali a vantaggio dell’individuo attore economico) è sempre stata funzionale ai grandi interessi produttivi e all’ideologia della moderna borghesia secolarizzata.
Insomma, ai “poteri forti” hanno dato molto meno fastidio di quanto si possa immaginare.

Quasi tutti gli ambienti influenti, pur non assecondando in pieno tutte le loro battaglie, hanno rivolto ripetutamente ai radicali attestati di merito, tanto banali quanto immeritati: come sono “competenti” i radicali, come sono “onesti”, dobbiamo loro i “diritti civili”, ecc.

Le uniche critiche le hanno ricevute da quel mondo che hanno fatto oggetto di un’aggressione incessante: il mondo cattolico.

Oggi Emma Bonino “scende in campo” per un incarico amministrativo di grande prestigio e di alto contenuto politico, quello di Presidente della Regione Lazio. Sale alla ribalta politica e si espone quindi, inevitabilmente, al fuoco delle polemiche.

Alcune polemiche saranno senz’altro interessate: la Bonino ha sposato gli interessi dei gruppi di potere vicini allo schieramento di sinistra (che nel Lazio sono fortissimi), contro quelli vicini allo schieramento contrapposto.

Ma saranno inevitabili, soprattutto, le polemiche di chi ha semplicemente a cuore gli interessi della Regione, e teme gli effetti sui cittadini di un’azione politica negativa.
La Regione Lazio, non dimentichiamolo, è un ente che ha potestà legislativa su oltre 5 milioni di persone, che amministra 30 miliardi di euro (!), che ha competenze decisive in materia di sanità, trasporti, formazione, occupazione, ambiente, urbanistica, sviluppo agricolo e industriale...
Diciamolo senza perifrasi: se la Bonino vincesse, sarebbe in grado di far danni ancora maggiori che in passato.

Anche perché va calcolato l’effetto traino che il partito radicale e la sua ideologia avrebbero a livello nazionale da una vittoria della Bonino.
Anzi: lo scopo della Bonino è proprio questo. La sua contemporanea candidatura come consigliere in Lombardia e Veneto esplicita che non ha a cuore la buona amministrazione di una Regione, ma l’affermazione di un’ideologia.

(Peraltro, la Bonino è una piemontese che dice "i problemi di Lazio", anziché "del Lazio", "lo sviluppo in Lazio" anziché "nel Lazio". Ma come si fa a votare una che non sa neanche declinare il nome della Regione che vorrebbe governare?!)

Stiamo esagerando?

Proviamo a ricordare, in dieci punti essenziali, chi è e che cosa vuole Emma Bonino, i rischi di una sua vittoria.

  1. La vittoria della Bonino dovrebbe preoccupare anche gli Italiani di sinistra.

    Emma Bonino, infatti, è la pietra tombale sulla tradizione popolare della sinistra italiana. Se la sinistra si è sempre proposta di rappresentare i ceti popolari e del lavoro (sia pure prigioniera di un’ideologia, quella comunista, che per quei ceti era controproducente), l’ideologia radicale vuole portare a compimento una mutazione genetica (iniziata col "Sessantotto") di quella tradizione; vuole trasformare la sinistra in movimento radicale di massa, perfettamente integrato nel consumismo borghese, che ha come unico riferimento il relativismo.
    Il modo in cui è maturata la candidatura della Bonino rappresenta già una grave sconfitta per il Partito Democratico; una vittoria della Bonino rappresenterebbe una resa totale del (difficile) progetto del PD di fondere e rinnovare le tradizioni popolari della sinistra e dei cattolici democratici.

  2. La vittoria della Bonino sarebbe una grave sconfitta per i lavoratori e per le fasce deboli.

    La Bonino, come tutti i radicali, si proclama apertamente “liberale, liberista, libertaria”. È fautrice di un sistema economico in cui le regole – anche quelle a tutela delle fasce sociali più disagiate - siano ridotte al minimo (dimenticando che il capitalismo, per funzionare, ha bisogno di regole e sistemi di protezione sociale).
    Per fare solo due esempî: è favorevole all’abolizione dell’art.18 dello Statuto dei lavoratori, che vieta il licenziamento senza giusta causa; ha più volte raccolto le firme per l’abolizione del Servizio Sanitario Nazionale, essendo fautrice di un sistema in cui le cure ognuno se le paga da sé.

  3. La vittoria della Bonino sarebbe una grave sconfitta per le donne e per le famiglie.

    L’ideologia economica liberista considera le persone solo attori economici, trascurando la loro dimensione familiare e relazionale. In quest’ottica, anche alcune misure a sostegno delle donne (come l’età pensionabile anticipata), adottate per compensare i carichi familiari, appaiono ai liberisti più miopi un intralcio allo sviluppo economico.
    Accade persino che la Bonino si incarichi di difendere la logica liberista con toni da presa in giro: per le donne rinunciare all’età pensionabile anticipata significherebbe abolire una “discriminazione” di cui sono vittime!
    L’ideologia sociale libertaria, poi, considera la famiglia un ostacolo all’omologazione dell’individuo. In quest’ottica, la Bonino contrasta il “quoziente familiare” (cioè la proposta di riduzione delle tasse per le famiglie con figli); e lo fa, ancora una volta, capovolgendo la realtà, cioè bollandolo come un provvedimento che “costringe le donne a restare a casa” (?). In realtà, è l’esatto contrario: tener conto dei carichi familiari significa superare le discriminazioni di cui sono – davvero – vittime la famiglia e le donne italiane; significa consentire a tutti i membri di una famiglia di assumere scelte più libere, senza il cappio del bisogno economico. Non a caso, nei Paesi europei dove il quoziente familiare (o forme di tutela equivalente) è in vigore, il tasso di occupazione femminile è più alto che in Italia... 

  4. La Bonino e i radicali non hanno mai rappresentato gli Italiani.

    Esiste una diffusa retorica sulle “grandi conquiste civili” raggiunte grazie alle battaglie radicali, che avrebbero coagulato il consenso “dei cittadini contro la partitocrazia, dei cattolici contro la Chiesa”.
    È falso.
    Le battaglie radicali sono sempre state e restano minoritarie, anche se hanno avuto un’indubbia influenza sull’evoluzione del costume, in quanto utilizzate come “testa d’ariete” dalla borghesia irreligiosa.
    La legge sul divorzio approvata in Italia non è certo quella voluta dai radicali, i quali anzi la considerano troppo rigida, e si battono da anni per il “divorzio breve”.
    La legge sull’aborto approvata in Italia non è certo quella voluta dai radicali, i quali addirittura proposero un loro referendum abrogativo che andava in direzione opposta a quello del Movimento per la Vita. Il referendum radicale del 1981 voleva rendere la legge molto più permissiva, ma ottenne il consenso solo dell’11,6% dei votanti.

  5. La Bonino inquina il dibattito democratico, perché parla il linguaggio dell’ipocrisia, l’antilingua.

    I radicali hanno sempre condotto battaglie ideologiche minoritarie. Per ottenere il sostegno – o almeno l’indifferenza – popolare, bisogna mascherarle manipolando il linguaggio: l’aborto diventa “IVG”; contraccezione e sterilizzazione forzate diventano (con l’aborto) “diritti di salute riproduttiva”; l’eutanasia (che è già un eufemismo per indicare l’omicidio dei malati) diventa “diritto ad una morte dignitosa”; i privilegi giuridici ed economici rivendicati da alcune categorie (come la lobby gay) diventano “diritti civili”; i sessi (maschile e femminile) non esistono più, sostituiti dal gender.

  6. La Bonino non è una persona più “onesta” di altri.

    La filastrocca dei radicali “onesti”, mosche bianche in un mondo corrotto, è pura propaganda: tutte le persone sono oneste fino a prova contraria.
    Molte persone, di ogni orientamento politico, interpretano con dignità e rettitudine il loro ruolo.
    Altre si sono lasciate corrompere dal potere. I radicali, sino ad ora, non hanno quasi mai avuto occasione di gestirlo...
    Se dovessimo giudicare l’onestà guardando al rispetto della “legalità”, di cui i radicali si fanno paladini, bisognerebbe ricordare che Emma Bonino ha commesso reati, violando ad esempio la precedente legge sull’aborto (e praticando i pericolosissimi aborti clandestini), ed evitando condanne grazie all'immunità parlamentare (allora vigente). Ai radicali, però, sembra che sia concesso commettere reati: basta parlare di “atti di disobbedienza civile” e “autodenunciarsi”...
    Per non parlare dell’onestà intellettuale.
    Emma Bonino è quella che – come visto – manipola il linguaggio per camuffare alcuni obiettivi politici. O quella che invoca sempre i diritti umani, salvo recarsi in Cina come Ministro per il Commercio internazionale nel Governo Prodi e, pur di non “turbare” i sensibilissimi autocrati cinesi, non fa neanche un cenno al rispetto dei diritti umani pesantemente violati in Cina. O quella che contesta con i digiuni le leggi sulle modalità di presentazione delle liste elettorali, e subito dopo nulla eccepisce sul fatto che grazie a quelle stesse leggi può concorrere alle elezioni regionali senza parte importante degli avversarî politici (avversarî - va detto - nell’occasione pasticcioni e irresponsabili). O quella che afferma che i temi eticamente sensibili non hanno rilevanza in una votazione amministrativa come le regionali; fingendo di non sapere che la Regione non ha solo poteri amministrativi, ma anche legislativi, e che sono numerosissime le materie in cui le politiche regionali incidono sulla famiglia (imposte, bandi per gli alloggi), sulla vita (sanità, rete dei consultori), sull'educazione (corsi di formazione), ecc.

  7. La Bonino non è una persona particolarmente “competente”.

    Ha maturato due esperienze in responsabilità di rilievo: quella di Commissario europeo per gli Interventi umanitarî dal 1995 al 1999, e quella di Ministro per il Commercio internazionale nel secondo Governo Prodi, dal 2006 al 2008.
    Non ha avuto accesso a questi ruoli in virtù di un brillante curriculum, ma semplicemente per ragioni politiche, perché era l’espressione di un accordo di chi l’ha designata (prima Berlusconi, poi Prodi) con i radicali.
    Ha esercitato questi ruoli con diligenza. La stessa che esercitano numerosi e valenti funzionarî quando si applicano al loro ufficio.
    Giuliano Ferrara, rispondendo ad un lettore su Il Foglio del 14 gennaio, l’ha icasticamente definita “una innamorata di sé dall’insopportabile accento vittimista, una cercatrice di cariche meticolosa e fatua”.

  8. La Bonino è una fiera nemica della religione cristiana e della Chiesa cattolica.

    Si badi bene. Non la stiamo “accusando” di non essere credente. Possono anche esserci atei che riconoscono i valori della persona umana, e si candidano credibilmente a rappresentarli: bisognerà guardare ai contenuti concreti della loro proposta politica.
    Il fatto è che la Bonino, con la scusa di combattere il “clericalismo”, ha sempre combattuto i valori laici di ispirazione cristiana, come anche ogni spazio di presenza e visibilità della fede: crocefisso nei luoghi pubblici, Concordato, 8 X mille, cappellani ospedalieri, ora di religione nelle scuole, parità delle scuole di ispirazione religiosa, ecc.
    La Bonino, in occasione della campagna referendaria sulla fecondazione artificiale, invocò addirittura il carcere per i sacerdoti che avessero incoraggiato l’astensione (che, ricordiamolo, in tema di referendum è un diritto costituzionale)!!!
    La Bonino considera la mancanza di una “Riforma protestante” (e quindi della 'cacciata' del Papa) la causa di una presunta “arretratezza” italiana. Da qui la retorica sulla “civiltà” dei paesi nordici.
    La Bonino ha di recente menato vanto di “non avere rapporti col Vaticano” (né con l’associazionismo cattolico). E ha sempre esaltato, come uomini politici esemplari, figure come quella di Ernesto Nathan, il sindaco massone e anticlericale della Roma di inizio Novecento.
    La Bonino, insomma, pur proclamandosi “laica”, può essere considerata una vera sacerdotessa di una religione anticristiana. In queste elezioni, nel suo “listino” (quello dei candidati consiglieri sicuramente eletti in caso di vittoria) ha inserito Michele De Lucia, fondatore di Anticlericale.net. Dallo scranno di Presidente della Regione Lazio condurrebbe una battaglia senza quartiere contro le istituzioni religiose presenti nella Regione e nella Città Eterna, traino per simili battaglie in tutta Italia.

  9. La Bonino è una fiera esponente della "cultura della morte".

    Appartiene ad un’ideologia antiumanista, che considera l’uomo il cancro del pianeta. E sostiene tutte le battaglie che vogliono aggredire la vita dei soggetti più deboli: aborto (anche nella forma chimica, più subdola e pericolosa), eutanasia, manipolazioni genetiche, droga. I radicali invocano il “rientro dolce” dell’umanità, che dovrebbe passare in pochi anni da nove miliardi di uomini a... due miliardi! (Una società di vecchi...)

  10. La Bonino propaganda un libertarismo ideologico che svuota la libertà.

    I “libertarî”, prigionieri di un’ideologia astratta, dimenticano che i diritti di alcune persone corrispondono ai doveri di altre: c’è bisogno di regole - anche morali - che li facciano rispettare. Dimenticano che la libertà della persona non può essere disgiunta dalla responsabilità rispetto alle ricadute delle proprie azioni.
    Senza queste condizioni, la libertà della persona è svuotata, non riesce a costruire il proprio bene, si riduce alla sopraffazione del più forte sul più debole. L’ “antiproibizionismo” si rivela per quello che è: un’elucubrazione priva di realismo (come abbiamo evidenziato in tema di droghe).
    La Bonino – citando ancora Ferrara – appare “una militante del torto negatore travestita da libertaria”. I radicali proclamano di ispirarsi a numi come Gandhi o il Dalai Lama, i quali però hanno espresso posizioni opposte a quelle radicali.

Dicevamo che le critiche anche aspre sono lecite, e non possono essere considerate “demonizzazione”, se oneste e argomentate: è quello che ci siamo sforzati di fare (ognuno giudicherà l'esito...).

È casomai la Bonino che cerca di spostare il tema del confronto, dicendo che “la sfida è tra me e Berlusconi”. Ancora una volta, lo spauracchio del Cavaliere – vero o amplificato che sia – viene utilizzato per coprire qualsiasi cosa, per rifuggire dal merito dei problemi.

I difetti di Emma Bonino, su cui ci siamo dilungati, sono di rilevanza tale da giustificare la preferenza al candidato contrapposto, Renata Polverini, quasi a prescindere dalle qualità di quest’ultima.

Diciamo quasi, perché non ci sembra che la Polverini abbia bisogno di un giudizio indulgente.

La candidata del centro-destra viene dal mondo del sindacato, tradizionalmente presidiato dalla sinistra.
Si è sempre fatta carico dalla tutela dei diritti dei lavoratori e di soggetti più deboli.
Si è fatta strada come donna, in un ambiente particolarmente difficile, senza invocare “quote” protette o lamentare discriminazioni.
Si è impegnata a tutela della famiglia, mettendo al centro del suo programma il quoziente familiare.
Si esprime con chiarezza e immediatezza (anzi, qualcuno le rimprovera un eccesso in questa direzione...).
Si è fatta carico di aprire un dialogo col mondo cattolico, e ha fornito garanzie sulla difesa dei valori verso cui questo mondo esercita un’azione di sensibilizzazione.

Insomma: la Bonino ha già avuto sin troppa pubblicità, riempiendo un vuoto causato dall’insipienza del gruppo dirigente della sinistra (nessun esponente voleva candidarsi ad elezioni considerate perse dopo lo scandalo Marrazzo).

È tempo che un errore già grave venga circoscritto: l’augurio è che gli elettori laziali (anche nell’interesse di quelli italiani), di destra, centro e sinistra, sappiano rifuggire la tentazione dell’astensionismo e pongano fine a questa triste pagina politica.


P.S.: Renata Polverini ce l'ha fatta, nonostante il grave handicap di correre senza la principale lista che avrebbe dovuto sostenerla. Ora l'aspetta un compito grave, che non potrà godere del solito alibi: "abbiamo ereditato una situazione pesante".
Ma il Lazio e l'Italia hanno già scampato un gravissimo pericolo, come attesta anche il deludente risultato delle liste Bonino-Pannella.

P.P.S.: A proposito della "moralità" della Bonino.
In campagna elettorale, in una delle tribune politiche, rispondendo a una domanda precisa della conduttrice, la Bonino aveva affermato che in caso di sconfitta sarebbe restata in ogni caso a guidare l'opposizione in Consiglio regionale, lasciando il seggio al Senato.
Invece ha fatto il contrario, tradendo l'impegno assunto esplicitamente con gli elettori.



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