Una giovane Emma Bonino si fa ritrarre mentre pratica un aborto clandestino
Perdoni il lettore la supponenza, ma riteniamo che la vita umana, in cui è racchiusa – con buona pace di Veronesi, Hack e Uaar vari – una scintilla, anzi, un’immagine del Creatore, sia troppo nobile ed anche troppo, ahinoi, breve perché sia trascorsa ad indignarsi o ad osannare le mediocrità e gli accomodamenti della politica italiana, o almeno del bordello partitico a cui l’assenza di intellettuali liberi, realmente pensanti ed autentici l’ha ridotta.
Ci si accusi pure di sfascismo o di luogocomunismo, ma sempre più fortemente, di fronte a tante e reiterate nequizie, torna alla mente la penna di Indro Montanelli, quando per disintegrare il sessantottino Mario Capanna, scriveva: “Io non mi considero un gigante, ma di fronte a lui lo sono”. Di fronte a certa politica è probabilmente più opportuno farsi beffardi e un po’ indifferenti come lo fu Gesù di Nazareth coll’Erode di turno: “Andate a dire a quella volpe: Ecco, io scaccio i demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno avrò finito” (Lc, 13, 32).
In Italia accade che se un turista benemerito, che vuole godersi il duomo di san Marco senza essere, scrivendo con rispetto, defecato dai piccioni, rifila a questi esseri inverecondamente malati mangime velenoso è punito dal codice penale ex articulo 544 bis; mentre se un politico distribuisce pillole abortive di feti umani o li aspira con la pompa solitamente utilizzata per gonfiare le ruote della Graziella è l’araldo del progresso e dell’emancipazione. “Ahi serva Italia, di dolore ostello / nave senza nocchiere in gran tempesta / non donna di province, ma bordello”, fa dire Dante a Sordello da Goito in Purgatorio, VI, con qualche spunto d’attualità.
Ora: le beghe di partito e la loro retorica intrinseca sono già state cassate da Battiato con una parola definitiva: “Per fortuna il mio razzismo non mi fa guardare quei programmi demenziali con tribune elettorali” e non v’è bisogno di aggiungere altro.
Ma quando qualcuno dei tribuni mette mani o firme su vita, questioni bioetiche, feti, embrioni, malati, allora v’è da tremare e da farsi agghiacciare i polsi. Il mistero della vita nelle mani e nei ddl delle volpi dell’italico Parlamento non può non causare un malessere, insomma. Norberto Bobbio, tutt’altro che un clericale, nell’81 denunciò con spavento “la politicizzazione della vita”. Con un certo orrore bisogna agire allorquando lo Stato o qualche amministrazione si ergono a padrone, depositario e giudice della vita delle persone.
L’aborto, nella cui battaglia ha vinto l’ostinazione borghese-nichilista abbinata al silenzio degli onesti, è necessariamente un omicidio, come diceva Pier Paolo Pasolini (neanche lui - ci pare - etichettabile come clericale). La cortina di ferro ideologica caduta su di esso nasconde anche il dramma delle donne che hanno utilizzato il loro corpo come strumento di morte e non di vita: donne che si smarriscono nella solitudine, donne che soffrono di un dolore cieco e sordo, donne abbandonate dalle femministe che più spesso hanno solo pensato al diritto di trasformare il loro capriccio in diritto.
Lungi dal volere giudicare (uno solo è il legislatore e il giudice, così dice la Scrittura, ove è libertà, e non Rousseau ed epigoni, ove è totalitarismo), vorremmo ricordare la vicenda di Emma Bonino, donna che riscuote consensi ovunque si rechi ed ovunque venga candidata (per l’appunto: ovunque, cioè a qualsiasi carica, financo al Quirinale). Nei salotti, dove si raduna la gente perbene, è assolutamente vietato criticarla; sui giornali, quando emette oracoli, è presentata con doverosa ampollosità. Ella è la donna dei tempi moderni, maestra di pensiero ad honorem, strenua militante del politicamente corretto. Le donne di destra e di sinistra (giacché di suo sarebbe liberista, cioè di destra, ma da un po’ milita a sinistra per le mirabili sintesi veltroniane) vanno in brodo di giuggiole quando parla: immaginiamo che, ad esempio, per Rosy Bindi sia una sorta di Che Guevara. Attualmente la Nostra è candidata alla Presidenza della Regione Lazio, ma lo è anche in Lombardia e, non paga, è anche Vice Presidente del Senato della Repubblica: se perde il Lazio, non fa la casalinga.
Negli anni ’70, imberbi e ribelli, molti pensavano che avrebbero potuto rigettare tutto il passato, logicamente tutto fatto di ombre e misfatti, e creare un mondo, meglio un uomo, nuovi e finalmente liberarsi dalle costrizioni, dalle regole, dai legami. Di costoro qualcuno è volato a destra, qualcuno in cielo, qualcuno s’è più volte ritinteggiato di bianco. Qualcuno(a) è rimasto(a) fedele. Emma la Grande è tra questi, ed è bene saperlo. Emma la Grande bestemmia pubblicamente (vd. youtube.com): l’ha fatto in faccia a Capezzone, prima che anch’egli si ritinteggiasse e si mettesse alla scuola dei laudatores e turiferari berlusconiani. Donna non fa più rima con Madonna, perché la donna d’oggi bestemmia e “non fa più figli come capre”, come è stato detto.
Recentemente è stata ripubblicata una foto risalente al 1975 (all’epoca uscì su “Oggi”) in cui la “fuoriclasse” (Pierluigi Bersani) procura un aborto ad una donna utilizzando il tubo di una pompa da bicicletta rovesciata, aspirando così una vita umana (biologicamente, non solo teologicamente è vita: in atto e non in potenza, autonoma, ininterrotta, dotata del suo proprio codice genetico, orientata teleologicamente) e gettandola poi in un vaso di marmellata e poi tra i rifiuti. Senza vergogna commenterà la foto così: “Alle donne non importa nulla che io non usi un vaso acquistato in un negozio di sanitari, anzi, è un buon motivo per farsi quattro risate”. Chapeau! Ed ancora, con un cinismo da Alemagna anni ’30 del secolo decimonono: “Ci vorrebbe un aspiratore elettrico, sennonché costa un mucchio di quattrini e pesa trasportarlo per fare aborti nelle case”. Qui Emma la Grande non fa la reclame della Folletto, ma parla di un feto, di un nostro simile e pari (tutti siamo stati feti) come fosse polvere o immondizia. Forse il paragone dei negri con le scimmie era più rispettoso.
Emma la Grande faceva parte del Cisa (Centro Sterilizzazioni e Aborto) assieme ad Adele Faccio – Dio l’abbia in gloria! Hanno ammesso di aver procurato 10.141 aborti clandestini: un quartiere, una cittadina. Qui le poniamo questa domanda: non prova vergogna? Temiamo di no, perché, ultimamente interpellata sulla questione, ha candidamente risposto: “Di questa battaglia sono fiera”.
Diceva di lottare per una “maternità scelta e consapevolmente accettata” e ha contribuito a trasformare il feto in un bene di consumo.
È bene saperlo, la Bonino che va a trovare i carcerati e i tossicodipendenti, la Bonino che si scaglia contro la pena di morte (ma come è possibile difendere la vita di assassini e stupratori e, allo stesso tempo, sopprimere una vita innocente ed inerme che è tale, secondo la scienza, nel momento della fecondazione? Stante che tutte le vite sono indisponibili ipso facto, qualcuno spieghi questa contradictio in terminis!), è la Bonino che nel ’75 si vestiva da mammana e faceva aborti a domicilio e che sarebbe pronta a rifare semmai – Dio volesse! – fosse abrogata la legge 194/78. È la Bonino, lupo travestito da agnello.
Una volta, parlando del Papa, disse di avere “nostalgia per gli anni vissuti nel mondo arabo, dove ci sono regimi teocratici, ma dove questa ingerenza così quotidiana, televisiva non l’ho trovata”. Un caldo consiglio: ci torni nei paesi arabi. E ci resti, logicamente: lì le donne hanno fortemente bisogno di emanciparsi, c’è bisogno di lei.