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Lettere - Natale, "guerra" al presepe, simboli religiosi
Caro amico ti scrivo Stampa E-mail
22/12/04
Ultimo Aggiornamento: 29/04/07

(articolo di riferimento: Si può dire "Buon Natale"? )

Buon natale si può dire, e come vuoi e quante volte vuoi, amico.

Nessuno verrà mai a dirti che non lo puoi fare.

Vivi libero sulle macerie di una storia antica eppure nuova, fatta delle tante persone i tanti momenti che ti hanno offerto tutto questo. E puoi vivere la libertà che Dio, se ci credi, che il tuo Paese, se lo vedi (e non ti mascheri gli occhi dietro l’abitudine), ti offrono. E puoi cercare dietro la tua religione il senso della vita. Ed è bello che tu lo possa fare. Come vuoi tu.

Nessuno ti porta via il Natale. Ma ricorda: ogni volta che gli uomini si sono “inventati” delle guerre inesistenti, ne hanno drammaticamente suscitate di vere e terribili.

 Nessuno si offende se dici buon natale, amico. Si offende il buonsenso quando da tante parti invece si “montano” storie non vere e si fa confusione. Perché così non si capisce più nulla.

Il presepe, il crocefisso, il natale….tutto insieme tutto dentro nel calderone. C’è una guerra al cristianesimo amico? Non credo. Perché nessuno la vuole. Ti dico invece come la vedo io.

“Libertà, uguaglianza tra gli uomini, pace, giustizia sociale, rispetto dei diritti” son belle parole, e che il Cristo ha portato forse nella maniera più coerente e strutturata fra tutte, sulla nostra misera terra. Eppure quelle parole hanno iniziato a divenire realtà, riconosciuta e condivisa, dopo un anno non troppo lontano e una rivoluzione in terra francese, bagnata tragicamente dal sangue di tante persone. Quel momento, atroce amico, pieno di violenza, ci ha insegnato però che non può esistere un giusto solo per “tradizione”, ed ha istituzionalizzato il “cambiamento” come motore della società. Nasce il ‘disincanto dal mondo’, nascono i ‘diritti’, nasce la ‘secolarizzazione’..Ora viviamo ancora le remote evoluzioni di ciò. La religione non può essere imposta, né sbandierata per giustificare di fronte al popolo ignorante il potere più assurdo e bugiardo, nelle sue vecchie o nuove forme. Siamo liberi amico. E se mi fai osservare come questa mia affermazione sia piena di contraddizioni nella realtà, bisogna lavorare per realizzarla invece appieno.

Adam Smith è un cittadino italiano, lo sapevi? Molti credo di no... sai cosa vuol dire essere un cittadino italiano? E seppure credo che sia davvero un cretino (l’ho sentito parlare più volte…), nella vicenda a cui tutti si riferiscono nessuno ha detto la verità. Adam ha chiesto di mettere dei versetti del Corano accanto al crocefisso dell’aula frequentata dai suoi figli, ai quali ha tutto il diritto di voler infondere i suoi “valori” come fai tu. Le maestre gli hanno detto di sì, quale è il problema?

Al preside non gli è andata bene, li ha fatti togliere e allora Adam ha chiesto: cavolo ma io sono un cittadino come gli altri, perché tu si io no? Ha chiesto ad un giudice e il giudice ha detto: il nostro diritto non fa discriminazioni: o tutti o nessuno. Amico, perché in una scuola pubblica e di tutti, possono entrare solo simboli cristiani? La scuola è un “luogo di fede”? No! Nessuno ti dirà ‘togli i campanili’, perché è il legittimo posto dove si pratica la tua religione. Se qualcuno mai lo provasse a dire ci batteremo tutti perché questa assurda voce maceri nella sua assurdità. Ma la scuola pubblica è un’altra cosa. Allora perché criticare la sentenza “o tutti o nessuno” ? Lo so che ai tempi dei nostri nonni era diverso, ma ti ho spiegato che non è detto che ‘tradizione è giusto’… la società e la gente cambia e si accorge piano piano di cose di cui prima non si accorgeva. Io penso che invece dibattiti così debbano essere affrontati di petto senza degenerarli nella “guerra al crocefisso o ai cristiani” o, attenzione attenzione, “alla nostra cultura e alla nostra identità”.  Non dico è giusto o sbagliato quello che è successo, ma mi spieghi dove sta la guerra al crocefisso?

Altra storia è quella del natale. A Treviso sono dieci anni, ripeto dieci anni, che fanno recite a natale che non abbiano come tema la natività. Io non ho mai fatto recite a natale che avessero come tema esatto quello della natività. Chiedo perdono per me e le mie maestre. Ma scusa: è d’obbligo farlo? Cavolo, siamo o no, in un cavolo di ‘Stato di diritto’? (anche questo parolone viene da lì…) Perché allora si mobilitano politici e addirittura il direttore generale dell’istruzione generale a dire che è sbagliato, che è “stato un errore” (???) ? Stiamo scherzando? Sono dieci anni che quella scuola porta avanti un percorso del genere... ora perché alzare la polemica, mettendo in mezzo musulmani, il corpo docente, immigrati, turchi? (dici di no? Ascolta le interviste passate in tv in questi giorni, a politici, a manifestanti,..)

È d’obbligo fare un presepe in ogni aula? Amico, no di certo. Perché allora tutto questo? Non penso sia logico poter sostenere di dover togliere il crocefisso, ma  la domanda è un'altra:

“è obbligatorio doverlo mettere? Perché dovrebbe esserlo? È obbligatorio fare un presepe, per far contenta poi la gente che in chiesa ci va una volta all’anno se va bene? Perché dovrebbe esserlo?”
Altra storia è quella di “gesù – virtù”. È un’altra storia perché fatta da altra gente, in altri posti... siamo diversi e tanti sulla terra amico... non riduciamo a “nero e bianco”, a “di qua o di là”, a “con noi o contro di noi” il panorama dell’umanità. Quella storia è altrettanto semplice: hanno fatto una cazzata (ops!) vera e propria. Punto. Se una canzone contiene la parola “Gesù” si canta senza problemi, e tanto più a Natale.

Insomma amico, che il cristianesimo sia debole in questo momento storico lo sappiamo tutti. Forse, aggiungerei io, anche perché ha fondato le sue basi per molto tempo su piedistalli poco ‘spirituali’.
Comunque sia, non si può dare la colpa agli altri, alla “sinistra” (che cosa è?), ai musulmani, ai “laicisti”,  di tutto questo; o cercare di recuperare il terreno perduto tra la gente, sollevando uno scontro. I problemi, se ci stanno a cuore, guardiamoli tra i cristiani stessi.
Neanche si può unire confusamente tutte queste “storie” per far nascere uno scandalo e tentare di infondere nella gente un senso di ‘assedio’!

Ci sono inoltre, come ben sai, altre storie ancora amico; il terrorismo islamico, i rapporti cristianesimo-islam, il preambolo della costituzione europea, la procreazione assistita…ma sono altre storie, serie e complesse, le racconteremo un’altra volta, se ti va. Non buttiamole in mezzo tanto per far numero.

Amico parli sempre di “valori”... ma cosa sono? chi li decide questi valori... come pensi di voler obbligare tutti ai tuoi “valori”? Parliamo di bene e male, signori. E ci siamo fatti per secoli, e a quanto pare vogliamo continuare a farci, la guerra nel nome di Dio.

Quello che a me dispiace invece è che nella messa di Natale ho sentito un’omelia fatta di tanta retorica e pochi ragionamenti puri, e soprattutto piena di frasi come “nessuno ce lo potrà portare via…nessuno ci toglierà il presepe”. Nessuno lo vuole fare, davvero, nessuno nessuno. Mi fa molto pensare invece il fatto che questo sia ciò che di più incisivo si possa dire durante una messa di Natale. Diamoci da fare al contrario noi perché i messaggi e gli insegnamenti del crocefisso e del presepe non rimangano solo parole… o simboli... vuoti…

Non si può imporre una sola identità ad un popolo, quando non è così, o una sola religione, quando viviamo in uno stato laico e libero, specialmente per quanto riguarda la dimensione interiore.

In questo momento storico, che va verso un mondo mescolato, mischiato di razze e religioni e culture e colori e lingue, bisogna cercare da ora la strada concreta condivisa chiara e ratificata della convivenza fra tutti e con tutti. Aspettare dopo per fare questo potrebbe essere troppo tardi.

E soprattutto, amico, ricorda di nuovo che ogni volta che gli uomini si sono “inventati” delle guerre inesistenti, ne hanno drammaticamente suscitate di vere e terribili.  E ricordalo ai tuoi amici. Infiammare gli animi con la retorica ipocrita può funzionare allo scopo, ma una volta infiammati voglio vedere chi spegne l’incendio.

Se su questo siamo tutti d’accordo, allora va bene.

Per il resto, Buon natale amico.

Davide Dose

Risponde Gianni Martino:

Caro Davide,
ti ringrazio per l’attenzione con cui hai letto il mio articolo e, penso, la lettera di Osvaldo Baldacci: l’argomento merita passione e interesse. 

Non mi sembra di aver fatto un “calderone” di tematiche: il punto era la presenza di simboli religiosi nella società italiana (nella cultura, nel costume, negli spazî pubblici, ecc.), e il tentativo di alcuni di cancellare questa presenza. So bene che tale questione ne evoca altre: la laicità delle istituzioni, l’esistenza o meno di un’identità culturale italiana ed europea, i valori che debbono animare la vita pubblica, ecc. Ma si tratta di questioni che non potevo certo esaurire in un articolo. Forse proprio tu hai voluto allargare un po’ la discussione… Qui posso fare solo alcune puntualizzazioni, confidando che vogliate continuare a seguirci, allorché in questo sito affronteremo i singoli "temi caldi" in maniera - spero - accurata, documentata, esauriente.

Dunque:

1.            Ho “inventato una guerra inesistente” per recuperare al cristianesimo il terreno perduto tra la gente”? Beh, innanzitutto mi riferisco ad una "guerra" (al cristianesimo, ai simboli religiosi, ma anche alla nostra cultura)  tra virgolette: una "guerra" culturale e sociale, non cruenta come le persecuzioni dei secoli passati - e anche attuali, in molte parti del mondo -, ma non per questo innocua. Questa "guerra", se esiste, riguarda tutti noi in quanto cittadini, credenti e non credenti. Il problema non è difendere la religione cristiana, ma difendere il buon senso e le libertà della società in cui viviamo. Non mi sono “abituato” alle libertà che il mio Paese mi offre, ti assicuro; le so apprezzare, ma so anche che non dobbiamo mai darle per scontate, bensì viverle e difenderle ogni giorno.  

2.            Allora, esiste o non esiste, questa “guerra” (sempre tra virgolette, mi raccomando)?
Ha riempito le pagine dei giornali, come hai notato. Ma non ce n’era neanche bisogno, perché è una “guerra” quotidiana, silenziosa. Chiunque giri per le aule delle nostre scuole, ad esempio, ne trova moltissime sprovviste di crocefisso; e questo, si badi bene, contro precise leggi dello Stato (che invece non prevedono versetti del Corano…). E se provi a chiedere chi ha rimosso quei crocefissi, ti senti rispondere: “non lo so, non mi compete, forse è meglio così…”. Chi si sforza di violare le leggi dello Stato per applicare le sue personali convinzioni sulla “laicità” della scuola pubblica conduce – penso - una sua piccola “guerra” … Forse una “guerra” giusta, chissà… ma perché dobbiamo dire che “non esiste”? 
E poi: nessuno mi “impedisce” di dire “Buon Natale”, certo. Ma il problema non è se mi venga impedito con la forza. Il fatto è che in molti sostengono che parlare di Natale è inopportuno, addirittura sconveniente, meglio “Buone Feste”; che le aziende, se scegli un biglietto di auguri con la natività, ti spiegano che è meglio scegliere più ‘neutre’ casette innevate; che molti insegnanti saltano completamente la filosofia cristiana (un bel salto, da Aristotele a Spinoza…), e trattano sbrigativamente Manzoni e Dante; che i campanili non si possono abbattere, ma nemmeno se ne possono costruire di nuovi (in molti Comuni non vengono concesse le autorizzazioni urbanistiche); che molti sindaci hanno vietato il suono delle campane, perché “disturba la quiete pubblica”. Non sono fenomeni isolati, ma diffusi. La “guerra” culturale contro il cristianesimo, caro Davide, esiste, eccome. Se dici che “nessuno la vuole”, forse sei troppo categorico, non ti sei guardato bene intorno…
Il presepe nelle scuole. Nessuno propone di renderlo obbligatorio. Ma il problema è esattamente opposto: è giusto vietarlo? Ribadirò più avanti la mia opinione, ma qui mi limito a constatare i fatti: c’è una diffusa tendenza a impedirne (sì, in questo caso proprio impedirne) l’allestimento. Laddove un’insegnante vuole fare il presepe, spesso il preside lo ‘dissuade’. Laddove i ragazzi lo chiedano, spesso l’insegnante si sottrae. Non accade solo nella scuola di Treviso, ma in numerosissime scuole italiane. Che a Treviso la recita di Cappuccetto Rosso andasse avanti da dieci anni lo so bene, ma proprio questo testimonia quanto andavo dicendo: il problema non è la sensibilità dei bimbi islamici (che dieci anni fa erano rarissimi) invocata a sostegno di quella scelta, ma la “guerra” personale di alcuni insegnanti “laici e progressisti”. Che c’entra Cappuccetto Rosso con il Natale? Qual è il “percorso” che quegli insegnanti portano avanti? Come spiegano ai bambini che in quei giorni non si va a scuola?
Se la "guerra" di cui parliamo esiste, non mi sembra saggio chiudere gli occhi, o accusare chi descrive la realtà di fomentare violenza. Mi sforzo di essere “multiculturale” e cito un proverbio orientale: «Se qualcuno vi indica la luna, il saggio guarda la luna e non il dito puntato a indicarla». Se esiste una "guerra" (dichiarata da altri), dobbiamo cercare di capirla. E se ci accorgiamo che questa "guerra" mina le nostre libertà, dobbiamo difenderle, usando “armi” molto pacifiche: quelle del ragionamento e dell’informazione onesta, senza paura dei luoghi comuni, con l’unica sfrontatezza “politicamente scorretta” di chiamare le cose con il loro nome. (Aggiornamento: sulla tentazione di anestetizzare il dibattito culturale, v. anche un esemplare commento di Giuliano Ferrara).

3.            Possiamo avere idee diverse, caro Davide, ma, se non partiamo da un’analisi dei fatti obiettiva, allora è un gran casino. Anche i richiami storici che tu fai sono poco reali e poco storici. La “guerra” culturale contro il cristianesimo, in Europa, è un fenomeno diffuso da tre secoli a questa parte. In passato ha assunto forme di scontro frontale, a tratti di persecuzione, di guerra senza virgolette: i regimi comunisti nell’Est, il kulturkampf di Bismark prima e il nazismo poi in Germania, l’anticlericalismo delle prime tre Repubbliche in Francia, la guerra civile in Spagna…
Oggi quella “guerra” è condotta in forme più subdole e ipocrite, che forse la rendono meno riconoscibile. E' una "guerra" culturale e antropologica, prima ancora che religiosa (ne parleremo meglio in futuro). Magari contribuiscono a renderla meno riconoscibile anche le paure di quanti non si espongono, si autocensurano, per la paura di essere tacciati di “integralismo” (un’accusa vagamente esoterica, ma sempre usata con disinvoltura); e contribuisce anche una diffusa ignoranza su molti temi dell’attualità e della storia, che è il vero lascito delle guerre del passato.
Tu mi parli, più o meno, di secoli oscuri riscattati dalla luce della Rivoluzione Francese (la quale, bontà tua, riconosci aver prodotto qualche lutto). Ho già sentito questa ricostruzione, che di solito si completava così: il seme gettato dalla Rivoluzione del 1789 è germogliato con la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, la cui “spinta propulsiva” è destinata a costruire le “magnifiche sorti e progressive” dell’uomo nuovo, libero dalla superstizione religiosa e dall’oppressione ecclesiale. Questa era la solfa della storiografia marxista che, per sostenere il suo progetto politico, si era presa la briga di ‘aggiustare’ (leggi: stravolgere) la storia a proprio uso e consumo. Una storiografia secondo cui il Medioevo è un’epoca oscura, secondo cui sono esistiti i lager ma non i gulag e le foibe. Questa storiografia un tempo imperante è stata seppellita dalle macerie del Muro di Berlino, ed è sparita – o quasi – dalle Università, dalle Accademie, dalle riviste scientifiche, dai giornali. Resiste solo nelle pagine del gruppo editoriale L’Espresso-Repubblica e nelle scuole italiane, dove le cattedre di Storia e Filosofia sono ancora occupate dai figli del Sessantotto: delusi dalla sconfitta dei loro ideali, incapaci di aggiornarsi e rimettersi in discussione, ripetono le loro storielle nostalgiche.
Non è colpa tua se la scuola trasmette una realtà spesso completamente contraffatta. Sei ancora troppo giovane, e avrai il tempo di scoprire tante cose nuove, se solo avrai pazienza, curiosità e il coraggio di accettare ‘verità’ opposte a quelle cui eri abituato. E magari il nostro dialogo, questo sito internet, potranno essere una piccola occasione.
Nel frattempo, ti suggerisco qualche lettura: sulla Rivoluzione francese, restano esemplari i saggi di Tocqueville e Manzoni, nonché, tra i contemporanei, gli ultimi di François Furet; per togliere alla storia il velo di tante “leggende nere”, un volume di Vittorio Messori, Pensare la storia, o il sito www.storialibera.it.

4.            Il libro di Messori è utile anche per ragionare sulla filastrocca delle “guerre in nome di Dio”: sembra che l’umanità si sia combattuta solo per motivi religiosi, e che laddove questo “fanatismo” sia stato estirpato abbiano regnato pace e prosperità. Questo ragionamento, nel Novecento, ha portato a due Guerre Mondiali, al nazismo e al comunismo… Impariamo allora a distinguere, per il passato, tra le guerre (poche) realmente combattute per motivi religiosi e quelle che semplicemente hanno usato la religione come schermo per ben altri interessi. Peraltro, a proposito di “guerre inventate”: attenzione a non tacciare come “guerra”, “crociata”, “rigurgito medievale e integralista”, ogni opinione espressa in difesa del cristianesimo o dei valori che esso esprime: è una tecnica che altri, più smaliziati di te, utilizzano per intimorire e censurare chi esprime quelle opinioni (vedi il clamoroso caso Buttiglione, estromesso dalla Commissione europea).

5.            Le puntualizzazioni che ho fatto dovrebbero aiutarti a capire che il mio intento non è quello di fare proselitismo religioso. Io mi limito a pormi una domanda molto laica: può una società rinunciare ad avere un’identità, un elemento di coesione, un idem sentire? È sufficiente la “tolleranza”? Si può fondare la convivenza sulla menzogna e sull’ipocrisia?

La logica dice di no. Rileggi con attenzione l’articolo Si può dire "Buon Natale"?, e magari anche l’ottima lettera di Osvaldo Baldacci: eliminare tutto ciò che ha una caratterizzazione culturale significa creare il nulla, l'assurdo. E poiché ciò non è possibile, la finta neutralità, il relativismo, nasconde un’ideologia di parte, che diventa arrogante proprio quando pretende di essere l’unica laicamente legittima.
Serve un fattore di coesione. Che non è una cultura monolitica, ma un insieme di principî che facciano da minimo comune denominatore, che consentano un pluralismo non conflittuale, la coesistenza anche di religioni e culture diverse. Che serva un’identità comune lo dice anche la tragica esperienza di tanti conflitti, di tanti falliti esperimenti di coesistenza tra culture troppo diverse e senza punti di contatto. La tolleranza dell’Olanda multiculturale non ha salvato il regista Theo Van Gogh dall’essere sgozzato come un capretto nel centro di Amsterdam, per “leso Islam”. L’identità comune è parte integrante (magari per reazione contraria…) anche dell’identità personale di ciascuno di noi, anche della tua. Possiamo discuterla, non cercare cancellarla: rinunceremmo a capire noi stessi e la società in cui viviamo, lasceremmo il campo - inevitabilmente - ad altri principî non vissuti, non discussi, fintamente neutrali.

Io non voglio imporre nulla. Non voglio imporre come fattore di coesione la mia (e, per inciso, anche di qualcun altro) religione. Non voglio imporre il presepe obbligatorio. Mi limito a suggerire che, nel rispetto di una vera laicità, i valori su cui si fonda la convivenza non possono essere imposti dall’alto (dallo “Stato laico”, grande Leviatano), bensì devono essere raccolti dal basso, tra la cultura del popolo. E suggerisco che anche i valori e i simboli religiosi possano avere questa funzione, senza che ciò significhi imporre la religione. Ti ripeto l’esempio del mio articolo: ha senso dire che il divieto di furto è un’imposizione religiosa solo perché coincide con un Comandamento divino? Eppure in altre culture il furto era ed è ammesso. Ma se accettassimo questa usanza nella nostra società, la convivenza non sarebbe molto facile… Non si tratta di imporre la frequenza della messa domenicale, ma di riconoscere quali valori di ispirazione cristiana hanno dignità laica. Anche i simboli religiosi del cattolicesimo possono avere un significato di coesione: per il loro significato e perché esprimono la cultura del popolo italiano (non si può dire lo stesso dei versetti del Corano), una cultura che è un patrimonio anche dei non cristiani. Lo riconoscono i Khaled Fouad Allam; dobbiamo spiegarlo agli Adam Smith, affinché il loro rifiuto di un simbolo non esprima anche il rifiuto di valori e leggi della convivenza civile. Si tratta proprio di “cercare la strada concreta condivisa chiara e ratificata della convivenza fra tutti e con tutti”.

La “scuola pubblica” è il luogo dove si costruisce (e si discute) l’identità comune, non il tempio della laicità pagana che non tollera simboli, croci, veli, che chiude la società fuori dalla porta, che finge di essere asettico.

Non è la posizione di cristiani integralisti. Mi sembra lo confermino gli appelli del presidente della Repubblica Ciampi, così come le voci di importanti figure di non credenti che hanno difeso recentemente i simboli cattolici: Ferrara, Mieli, Battista, Galli Della Loggia, Pera, Adornato  … pure Cofferati ha fatto il presepe nel Comune di Bologna! (Così non si può dire che sia un problema di centro, destra o sinistra).

6.            La tradizione è parte fondante di una cultura e di un’identità. Non deve essere un feticcio intoccabile: la tradizione si arricchisce, cresce, si contamina con altre culture e tradizioni. Ma buttarla nel cestino è una fesseria. Per una riflessione sulle radici culturali del nostro Paese e dell’Europa, ti rimando (se non l’hai già letto) ad un altro articolo in questo sito, Quale Europa?, e ai libri in esso citati. Qui troverai anche un accenno ai valori di ispirazione cristiana che hanno dignità laica e civile, che possono contribuire a costituire concretamente l’identità comune di cui parliamo, e che tu mi chiedi di citare.

7.            Mi dispiace che non ti sia piaciuta l’omelia di Natale. I parroci hanno una platea variegata a cui rivolgersi, e poi non tutti sono ugualmente incisivi. Ma, cercando bene, se ne trovano di bravissimi…

8.            Al termine di questa mia risposta, ti domando: sono ricaduto nella “retorica ipocrita” di cui mi accusi? Eppure mi sforzo di non usare le armi della retorica, bensì quelle, opposte, dell’ironia (magari non sempre efficace). Quanto all’ipocrisia, quali sarebbero i miei scopi mascherati? Mi sembra di essere molto sincero, diretto (tanto da meritarmi l’accusa di suscitare guerre…), preoccupato proprio di smascherare le ipocrisie!

9.            Non sono riuscito ad essere breve come avrei voluto… eppure quanto altro ci sarebbe da dire! Concludo facendo un appello a chi abbia avuto la buona volontà di seguirci fino a questo punto: lettere brevi, per cortesia (non me la sono sentita di tagliare quella di Davide), per non… indurre in tentazione chi deve rispondere!

Buon 2005 a tutti!

 P.S.: perché “2005”? Che cosa è successo 2005 anni fa? Tranquilli, non voglio ricominciare daccapo… È solo che, nella presentazione di un volume che ho recentemente acquistato, il curatore si premura di avvertire che le date storiche non vengono indicate come “avanti o dopo Cristo”, definizioni “troppo connotate in senso confessionale” (sic!), bensì come “avanti l’era volgare” ed “era volgare”! Ma che ca…pperi significa?? Sono le trappole del "politicamente corretto"...



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