Un errore frequente che può fare chi guardi distrattamente alla politica è quello di farsi guidare da una serie di luoghi comuni. Come quelli che applicano ai partiti (e a tutti coloro che ne fanno parte) virtù e vizi propri delle persone: onesto-disonesto, coerente-incoerente, deciso-indeciso, dialogante-intollerante, ecc. Senza tener conto che all'interno di ogni forza politica ci sono persone diverse, con caratteri diversi, che condividono un progetto politico, ma magari non il modo di portarlo avanti.
Marco Follini, il dimissionario segretario dell'UDC (Unione dei Democratici cristiani e di Centro), è stato a lungo vittima di alcuni di questi pregiudizi, in particolare di quello che vuole i democristiani e i centristi "attaccati alle poltrone", propensi a creare problemi solo per conquistare spazi di potere. Per cui le richieste di "discontinuità" al governo fatte da Follini venivano bollate da molti come un modo per alzare il prezzo di nuove concessioni al suo partito.
In realtà, a ben guardare, quel pregiudizio appare poco fondato sia storicamente sia nell'attualità politica. Nei governi a guida democristiana, dal dopoguerra agli anni '90, la DC occupò i posti di governo più importanti, ma sempre in proporzione inferiore ai suoi consensi elettorali. De Gasperi volle al governo altri partiti pur potendo farne a meno, avendo la maggioranza assoluta. I partiti minori della coalizione avevano grande spazio, in nome di quella che veniva chiamata la "pari dignità". Persino l'opposizione comunista, soprattutto a partire dagli anni '70 col 'consociativismo', fu resa partecipe del sistema di potere. Intendiamoci: nelle forze di ispirazione democratico-cristiana hanno convissuto e convivono esponenti più interessati al potere ed esponenti più interessati agli ideali; ma questo accade in tutti i partiti, perché la moralità è un requisito delle persone e non delle forze politiche. Vero è che le critiche ai democristiani di essere attaccati al potere sono sempre state critiche molto interessate, da parte di coloro che quel potere lo volevano per sé!
Oggi che i post-democristiani non sono il partito guida, i criteri sembrano cambiati. Un interessante studio elaborato dal sito ha provato a dare un peso numerico ai posti di potere assegnati nei vari governi ai diversi partiti, con una sorta di manuale Cencelli aggiornato; e ha rivelato, per esempio, che nel governo attuale la Lega Nord, pur avendo una forza elettorale inferiore a quella dell'UDC, ha un "peso" di potere (che diventa anche capacità di condizionare la linea politica) notevolmente più alto: 9 contro 3! Anche Forza Italia e AN si difendono bene...
Ciò nonostante, Marco Follini e l'UDC in questi anni hanno fatto sempre richieste politiche e non di poltrone: hanno cercato di portare Berlusconi e la Casa delle Libertà su una linea di dialogo e di moderazione; hanno cercato di ridurre il peso preponderante che Berlusconi aveva riconosciuto alla Lega Nord; hanno cercato di indurre gli alleati ad un maggiore sforzo nella soluzione dei problemi ancora aperti (economia, politiche per la famiglia, ecc.), senza cullarsi sugli allori dei risultati raggiunti, né rifugiarsi nella giustificazione (pur fondata) della crisi economica internazionale.
Forse il prezzo di questa linea d'azione è stato quello di sembrare un po' grigi, intellettuali, incapaci di suscitare grandi passioni. Gli alleati hanno eluso le critiche accusando l'UDC di creare troppa litigiosità e non dare quell'immagine di compattezza che chiedono gli elettori. Le opposizioni, viceversa, hanno accusato l'UDC di non essere abbastanza litigiosa, di aver votato le scelte principali del governo, avallandone in sostanza l'operato.
La verità, forse, sta nel mezzo: l'UDC ha visto il bicchiere mezzo pieno nelle riforme fatte e sostenute con lealtà, e il bicchiere mezzo vuoto in quelle ancora da fare. Ora il partito era chiamato a sciogliere un nodo rilevante: di fronte alle resistenze di Berlusconi, bisognava insistere a rischio di una rottura (come sosteneva Follini)? Oppure bisognava assegnare più importanza al bicchiere mezzo pieno - anche per alcune conquiste importanti ottenute, come la riforma elettorale - e seguire una linea più realistica? Pierferdinando Casini, che è il vero leader dell'UDC, ha scelto la seconda strada, e con lui il grosso del partito. La loro idea è che, essendo ormai in vista le elezioni, non bisogna regalare vantaggi ad un centrosinistra che nasconde le proprie divisioni, e la mancanza di programma, proprio con le critiche a Berlusconi; spetterà agli elettori, col voto ai singoli partiti, decidere se vogliono spostare al centro il profilo del centro-destra. Follini all'amicizia che lo lega a Casini ha anteposto una sua idea di coerenza, e si è dimesso.
Non vogliamo qui sostenere che la coerenza da sola valga ad esaltare un uomo politico: magari le scelte di merito che la guidano sono scelte sbagliate, magari la strategia di Follini si è rivelata velleitaria. Però queste dimissioni, in un panorama politico in cui abbiamo visto leader di destra e di sinistra fare continue giravolte, costituiscono un'apprezzabile eccezione; e forse hanno sfatato qualche pregiudizio sui democristiani.
P.S. Infine, il buon Follini ha pensato di smentirci proprio dimostrando scarsa coerenza e cambiando schieramento dopo le elezioni del 2006. Non pare averlo fatto per interessi particolari; ma non leggiamo nenache un disegno concreto Prigioniero di un narcisismo intellettuale?