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Libri - Recensioni e Profili
"Il Genocidio censurato" (Apriamo gli occhi di fronte all’aborto) Stampa E-mail
Il libro di Socci cerca di scuoterci dall’indifferenza e dai luoghi comuni
      Scritto da Claudio Magnanti
18/12/06

Antonio Socci, socci_genocidiocensurato_copertina.jpgIl Genocidio censurato -
Aborto: un miliardo di vittime innocenti  
Casale Monferrato (AL) 2006, ed. PIEMME, € 10,00

Il Natale festeggia una nascita che ha cambiato la storia dell'umanità. Quante nascite, invece, sono state impedite? Antonio Socci, con questo suo libro-inchiesta, ha il merito ed il coraggio di mettere ogni lettore di fronte ad una delle più grandi tragedie della storia dell’umanità, che si sta consumando tranquillamente sotto i nostri occhi.

L’aborto, infatti, da quando è diventato aborto di Stato, praticabile nelle strutture dei servizi sanitari nazionali, ha comportato e comporta l’eliminazione di milioni di esseri umani in Italia e centinaia di milioni nel resto del mondo, con il consenso – anzi, il fattivo contributo – di molte organizzazioni internazionali, particolarmente favorevoli alle politiche abortiste.

Le cifre che il libro ci offre a proposito del nostro “bel paese” sono agghiaccianti:
“Dal 1978 a oggi in Italia si sono fatti 4 milioni e 350 mila aborti chirurgici e sono nati 14 milioni e 500 mila bimbi” (cfr. pag. 129).
E’ come se dal 1978 ad oggi, al ritmo di più o meno di un municipio ogni anno, si fosse eliminata tutta la popolazione di Roma e provincia.

L’autore, come detto, non si limita a fare i conti con la realtà italiana, ma cerca, per quanto possibile, di valutare il terribile impatto sulla popolazione mondiale della pratica abortiva di Stato, con il risultato, sconvolgente, annunziato già nel sottotitolo.

Socci evidenzia poi che le principali vittime della pratica abortive siano proprio le donne, sotto un duplice aspetto. Come figlie innanzitutto, visto che spesso in Paesi come India e Cina l’aborto diventa strumento per selezionare il sesso del nascituro, con la conseguenza che decine di milioni di bambine mancano all’appello. Ma anche come madri, e sono parecchie le storie raccontate di donne convertite all’amore alla vita, proprio dopo aver sostenuto o praticato l’aborto (al punto di vista della donna abbiamo dedicato un apposito articolo).

Il merito del libro è anche quello di ricostruire il percorso di menzogne e falsi argomenti (ne ricordiamo i principali nell’articolo 10 luoghi comuni sull’aborto) che ha portato prima – nel 1978 - all’approvazione della legge sull’aborto in Italia (che risulta firmata, nella veste di membri del governo del tempo, proprio da politici democristiani. Che sia questa la causa vera della fine della DC?); e poi – nel 1981 - alla sua conferma, con la bocciatura del referendum abrogativo promosso dal Movimento per la vita.

Importante anche la ricostruzione del clima culturale di quegli anni, nel quale si è arrivati all’approvazione della legge in Italia.
Particolarmente interessante la ricostruzione del “caso Seveso”, relativo alla nube di diossina che si sviluppò nel 1976 nel comune – appunto - di Seveso. Molti lo ricordano come evento catastrofico, senza sapere che… non provocò nessuna vittima! Le uniche vittime furono i bambini abortiti a causa di una campagna terroristica degli attivisti pro-aborto (erano proprio gli anni in cui si cercava di introdurre tale pratica), i quali prospettarono malformazioni dei feti e spinsero il Governo a concedere una deroga alla legge che ancora vietava l’aborto. Le analisi poi eseguite sui feti abortiti in forza di tale deroga dimostrarono che erano tutti sani…

Da meditare, leggendo il libro, anche l’individuazione dei riferimenti culturali degli abortisti che, secondo l’autore, risiedono nel pensiero libertino del marchese de Sade.

Socci osserva infine che la sacralità della vita umana, di ogni vita umana, lungi dall’essere prerogativa del mondo antico e precristiano, è la conseguenza della venuta al mondo di Gesù Cristo, Dio fatto uomo.

Un libro, insomma, che si legge tutto d’un fiato e che, va detto, ha lo scopo di provocare il lettore e di mostrargli quanto tutto ciò che accada lo riguardi da vicino, anche se non ha mai fatto ricorso, direttamente od indirettamente, alla legge sull’aborto.

A questo punto, sia consentita a chi scrive una considerazione.
Sono ormai passati 25 anni da quando, nel 1981, si votò sul referendum parzialmente abrogativo della legge n.194/78 sulla “Interruzione volontaria della gravidanza” (IVG, l’eufemismo col quale venne definito l’aborto); referendum il cui esito negativo comportò la conferma dell’attuale legislazione.
Da allora ad oggi milioni di aborti, come sopra visto, sono stati realizzati.

Ma allora, non è forse giunto il momento di riprovare la strada referendaria? Io penso di sì!
Ci troviamo di fronte ad una legge ingiusta, gravemente ingiusta, perché consente l’eliminazione dell’altro, del più indifeso e innocente tra gli esseri umani, del più povero tra i poveri, senza attribuirgli nessun diritto.
La seconda vittima di questa legge, poi, è proprio la madre che sceglie di abortire perché viene condotta dalla disinformazione più totale a credere che “il problema” della gravidanza indesiderata si possa risolvere con un piccolo intervento, mentre invece “il problema” se lo porterà sulle spalle ingigantito, e per di più da sola, per tutta la vita; e segnerà inevitabilmente la sua esistenza.
Le ultime vittime di questa legge sono i padri, a cui è stato clamorosamente negato ogni diritto di parola, ma che non di meno vedranno anche la loro esistenza segnata da questa scelta (forse voluta anche da loro, ma non per questo priva di conseguenze sul proprio equilibrio psico-fisico).

Uno dei “tabù” della nostra società sembra essere quello che la donna ha il “diritto” di scegliere se accogliere o meno la vita che porta già in grembo (cosa diversa dalla scelta se avere o meno un figlio prima che sia concepito).
Ebbene, bisogna cominciare a dire con chiarezza e senza paura che non è vero!
Nessun genitore ha il “diritto” di decidere sulla vita di un figlio, sul suo diritto a vivere. Ha la possibilità materiale di farlo, certo; possibilità che – come spesso la cronaca di questi giorni ci insegna – mantiene anche dopo la nascita. Ma non ha alcun “diritto” di farlo.

Ecco, forse la riproposizione del quesito abrogativo della legge sull’aborto avrebbe il merito di consentire un nuovo dibattito su questioni che ormai vengono date per scontate, ma che scontate non dovrebbero mai essere.
Forse - e soprattutto - una migliore informazione potrebbe dare più forza a qualche madre per salvare la vita del bimbo/a che porta in grembo (e, così, anche la propria).



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