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Storia
Il costo umano del comunismo - URSS I Stampa E-mail
Prefazione
      Scritto da Thomas J. Dodd

stalin.jpgda: Robert CONQUEST, Il costo umano del comunismo, Edizioni del Borghese, Milano 1973

Prefazione

Negli anni scorsi, giovani studenti hanno preso parte a dimostrazioni, spesso sediziose, sia negli Stati Uniti che in Francia, Giappone, Repubblica Federale Tedesca, e in altri Paesi del mondo libero. La grande maggioranza dei manifestanti era composta non da social-comunisti o da marxisti, bensì da idealisti fuorviati. Quanto grave sia il loro disorientamento si può giudicare dal semplice fatto che, mentre dichiarano di ispirarsi a motivi umanitari, il loro atteggiamento verso il social-comunismo è in generale di tolleranza e spesso di simpatia.
Essi risponderanno che non vogliono il social-comunismo per il loro Paese o che lo criticano per i suoi aspetti dittatoriali. Ma poi diranno, subito dopo, di provare grande ammirazione per Fidel Castro e Che Guevara e Ho Chi Minh, e magari anche per i terroristi arabi.

Mentre possono non essere disposti a consentire agli eccessi dei maoisti e dei terroristi di casa nostra, essi rimangono dell'idea che il socialismo sovietico rappresenti una sorta di audace nuovo mondo, un gigantesco esperimento su scala internazionale, che meriterebbe la tolleranza e anche l'appoggio di ogni liberale umanitario. In qualche maniera essi, ancora, sembrano credere che il social-comunismo sia sostanzialmente umanitario nell'ispirazione e che, ad onta dei loro eccessi, i social-comunisti abbiano effettivamente migliorato la sorte delle popolazioni dovunque siano riusciti a impadronirsi del potere.

Quanto non corrisponda alla realtà questa loro concezione stravolta del social-comunismo risulta dalla schiacciante documentazione che porta questo serio studio sul Costo umano del socialismo sovietico.
L'autore dello studio, il londinese Robert Conquest, è, quale esperto di cose sovietiche, un'autorità su scala internazionale. Il suo recente libro Il Grande Terrore è senz'altro l'opera più aggiornata sulle "purghe" staliniane degli anni '30. Ed è proprio in grazia di questa competenza, ampiamente riconosciutagli, che il Sottocomitato per la Sicurezza Interna del Senato ha affidato a Conquest il compito di approntare questo studio, il quale, a quanto io sappia, è finora il primo lavoro pubblicato che cerchi di stabilire in maniera sistematica il totale costo umano del socialismo sovietico.

I calcoli di Robert Conquest, che poggiano su un immenso lavoro di ricerca, arrivano a questo sconvolgente compendio del costo umano del socialismo sovietico:

Evento
Deceduti
Uccisi o morti in carcere o nei campi durante il periodo post-rivoluzionario (1919-1923)
900.000
Uccisi durante il terrore staliniano
2.000.000
Morti nei campi durante il periodo staliniano, prima di Yezhov (1930-1936)
3.500.000
Morti in campi di lavoro forzato nel periodo di terrore di Stalin-Yezhov
12.000.000
Morti nella carestia organizzata per ragioni politiche durante la collettivizzazione forzata degli anni '30
3.500.000

Di modo che, secondo i calcoli accuratamente documentati di Robert Conquest un minimo di 21.500.000 esseri umani sono stati giustiziati o uccisi per altre vie dalle autorità social-comuniste dell'U.R.S.S. Nei soli 30 anni successivi alla rivoluzione. L'autore fa, anzi, notare che si tratta di una valutazione prudenziale, certamente inferiore alla realtà, e che le cifre effettive potrebbero benissimo essere del 50 per cento maggiori.

Robert Conquest non include nella sua elencazione, sebbene il sottoscritto senatore pensi che vi appartengano, i conti del costo della guerra civile, per azioni militari, esecuzioni, tifo e inedia, per un totale di 9 milioni di vittime, e quello della grande carestia del 1921, che seguì alla guerra civile, e provocò altri 5 milioni di vittime.
Se aggiungiamo queste cifre a quelle sopra registrate, arriviamo ad un totale complessivo di 35 milioni di vite umane, come minimo, ma più probabilmente di 45 milioni di vittime. In soli 30 anni.

I social-comunisti credono che il fine giustifichi i mezzi. Ora, anche se l'Unione Sovietica fosse riuscita a diventare quella specie di paradiso sociale, che i propagandisti del social-comunismo spacciano per coloro che vogliono ingannare, sarebbe impossibile accettare che anche un simile paradiso meriti il sacrificio di 40 milioni di vite umane. In realtà, come la dottrina morale giudaico-cristiana insegna, il fine non dev'essere separato dai mezzi, perché i mezzi cattivi generano fatalmente cattivi fini.

Il terrore di massa dei bolscevichi, col suo incredibile pedaggio in vite e in sofferenze umane, invece di portare il paradiso promesso, ha prodotto, senza nessunissima sorpresa, uno Stato totalitario, la cui spietata classe politica dirigente ancor oggi non mira ad altro che a mantenere il potere e a disporre, in ogni suo aspetto, della vita del popolo.
Invece di aprire la strada ad un futuro più produttivo e prospero, esso ha creato un sistema agricolo di Stato, che, distruggendo l'incentivo umano, ha reso l'agricoltura socialista la più arretrata, improduttiva e fallimentare rispetto ad ogni altra grande nazione.
Invece di produrre quel grande slancio della fantasia artistica e delle energie intellettuali, che ha sempre fatto seguito ad ogni autentica rivoluzione della storia, esso ha creato un immenso deserto spirituale, in cui la letteratura e l'arte sono state abbassate a meri strumenti della propaganda social-comunista, mentre gli animi coraggiosi che hanno tentato di liberarsi della camicia di forza culturale sono stati condannati al carcere, ai lavori forzati o al manicomio.

Uno dei capitoli più efficaci dello studio di Robert Conquest è la ricerca delle radici ideologiche del terrore bolscevico. Il terrore non fu affatto qualcosa che accadde solo perché gran parte delle forze rivoluzionarie è sfuggita ad ogni controllo. Al contrario, come le raccapriccianti citazioni da fonti bolsceviche mostrano, il terrore di massa organizzato fu un dogma fondamentale della politica bolscevica, da Lenin e Trotsky in poi.

Ad esempio, Lenin, nella raccolta delle sue opere, viene ricordato per aver scritto che "nessun governo rivoluzionario può fare a meno della pena di morte per gli sfruttatori, e cioè per i possidenti di terre e per i capitalisti". E quando, nel giugno del 1918, la sezione di Leningrado del partito volle frenare gli elementi che auspicavano il terrore di massa, Lenin rispose con le seguenti parole: "È inaudito! L'energia e il carattere di massa del terrore vanno incoraggiati".
(Per un'analisi dei fondamenti ideologici del comunismo mondiale, delle cause della sua diffusione - e del suo crollo -, nonché della sua fascinazione su tanti uomini dei Paesi liberi, leggi il nostro articolo Il crollo del comunismo, la fine di un incubo, ndr)

L'autore non fa alcuna apologia del regime zarista o dei suoi provvedimenti repressivi. Tuttavia, non può non rilevare che la dittatura bolscevica ha apportato nuovi orrori, veramente inauditi pur nei peggiori momenti della repressione zarista, come: l'assassinio di centinaia di migliaia di persone per motivi di classe; il sistema degli ostaggi; la fucilazione degli avversari feriti; i vergognosi processi in cui gente innocente, sotto la tortura, confessava di aver commesso i peggiori crimini, che non poteva aver commesso; la carestia di massa degli anni '30, deliberatamente provocata allo scopo di spezzare la resistenza dei contadini; il sistema staliniano dei campi di lavoro forzato, che ospitarono per una ventina d'anni una popolazione media di 8 milioni di persone all'anno, e dove il tasso della mortalità raggiungeva una media annua di almeno il 10 per cento.

Nel suo compendio, l'autore giustamente nota che, soffermandosi in particolare sulle statistiche dei morti, si commetterebbe un grave errore ove si perdessero di vista le immense sofferenze e miserie umane, che risultano, anzi fanno parte di un medesimo processo e che non sì possono tradurre in cifre. Non si possono, infatti, numerare le sofferenze delle donne, i cui mariti scomparvero senza lasciare traccia o dei bambini che rimasero orfani. Non sono soggetti a misurazione il costo spirituale della denunzia dei propri genitori, che si è costretti a fare, o la tortura mentale del dover andare ogni notte a letto, per mesi e per anni, col timore di venire ingiustamente arrestati e uccisi.

Nel suo studio Robert Conquest documenta l'ostinato rifiuto da parte di un certo tipo di liberali occidentali di accettare i fatti relativi al terrore socialista degli anni '30 e '40.
Anche dopo che la clamorosa denunzia dei crimini di Stalin per opera di Kruscev confermò tutte le accuse fondamentali che si muovevano al regime socialista, ci fu gente di buona volontà nel mondo occidentale che rifiutò ancora di credere che il regime social-comunista potesse essere così malvagio. Rifiutò di credere perché le veniva difficile concepire violenze ed errori su scala così vasta. Questo rifiuto di guardare in faccia la realtà del socialismo sovietico continua, per altro, fino ai nostri giorni.

Penso che non ci possa essere commento migliore al tema di questo studio delle parole scritte da un eminente capo lituano, di origine ebraica, il dottor Julius Margolin, che si considerava, prima della seconda guerra mondiale, un amico dell'Unione Sovietica, e che ebbe modo di imparare parecchio sulla vera natura del socialismo sovietico dopo che, insieme a centinaia di migliaia di connazionali lituani, venne deportato nei campi di schiavi della Siberia dopo l'occupazione socialista del suo Paese. Quando fu liberato, dopo sette anni trascorsi nei campi sovietici, il dottor Margolin scrisse:

"Fino all'autunno del 1939, io tenevo una posizione di benevola neutralità nei confronti dell'URSS... Gli ultimi sette anni mi hanno reso un convinto, acerrimo nemico del sistema socialista. Odio questo sistema con tutta la forza del mio cuore e con tutta l'energia del mio animo. Tutte le cose che ho visto mi hanno riempito di un orrore e di un disgusto che dureranno fino al termine dei miei giorni. Sento che la lotta contro questo sistema schiavistico, di terrorismo e di crudeltà, che impera qui, deve costituire il primo obbligo di ogni uomo in questo mondo. La tolleranza o, peggio, il sostegno ad una vergogna internazionale del genere non sono permessi alla gente che sta da questa parte dei confini sovietici e vive in condizioni normali... Milioni di detenuti stanno morendo nei campi dell'Unione Sovietica... Da quando sono stati creati, i campi sovietici hanno inghiottito più gente, hanno fatto più vittime di quante ne abbiano fatti tutti gli altri campi insieme, compresi quelli di Hitler; e questa macchina infernale continua a girare a pieno ritmo. Per me, coloro che reagiscono a questa denunzia stringendosi nelle spalle o cercando di cavarsela con parole vaghe, non impegnative, sono favoreggiatori e complici del banditismo socialista".

È sperabile che lo studio di Robert Conquest serva ancora per molti anni a fornire una documentazione inoppugnabile, mettendo a disposizione di chiunque non voglia chiudere gli occhi una compilazione positiva di fatti, tanto breve da potersi leggere in meno di un'ora e tanto convincente da far sì che nessuna persona che si voglia considerare uomo, e che si sia presa la briga di leggerla, possa ancora considerare il sistema social-comunista con simpatia, o anche con benevola neutralità.

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