Il giorno dopo le elezioni tutti si proclamano vittoriosi… Ma cerchiamo di capire chi ha davvero buoni motivi per farlo, e chi invece cerca solo di mascherare la sconfitta.
L’Italia moderata é - Riemerge l’Italia moderata, l’Italia reale data per scomparsa dai sondaggi fasulli e pilotati, “silenziata” dalla grande stampa, l'Italia che non ama scioperare e scendere in piazza; per farsi sentire le resta il voto (e la grande partecipazione a queste elezioni dimostra ancora una volta che l’astensione ai referendum sulla fecondazione artificiale era stata una scelta consapevole). Questa Italia non rappresenta certo la totalità del Paese (che è diviso in due), ma ha dimostrato di avere vitalità e capacità di resistere alle pressioni dei media: è l’Italia produttiva (l’85% del Prodotto interno lordo italiano viene dalle Regioni che hanno visto prevalere il centrodestra!), che non ama le polemiche esasperate, che non è interessata a sapere se Berlusconi porta il doppio tacco o se D’Alema ha la barca in società con gli amici, che guarda ai contenuti delle proposte politiche.
L’Italia boriosa ê - Non vogliamo identificare questa Italia, naturalmente, con tutti gli Italiani che hanno votato centrosinistra, i quali avevano i loro legittimi interessi da sostenere, i loro sogni da inseguire, le loro insoddisfazioni da manifestare. Ma c’è una parte di questi Italiani che guarda la realtà con i filtri delle proprie passioni; che contempla il proprio ombelico nella presunzione di rappresentare tutto ciò che di sano e di giusto esista; che vede la politica come un’affermazione di identità anziché come la ricerca di soluzioni ai problemi; che accetta ogni mezzo per squalificare altri Italiani che considera di “serie B”. È l’Italia degli intellettuali vicini al potere, dei comici e dei registi in attesa di un finanziamento pubblico, dei cittadini che sognano di appartenere ad un’élite, di chi invoca la solidarietà con i soldi degli altri. Un’Italia maggioritaria solo in una dimensione virtuale, attesa – periodicamente - da un brusco risveglio.
La legge elettorale é - Il centrosinistra, convinto di vincere (ma pensando in ogni caso ad una vittoria di misura), avrebbe desiderato una legge elettorale ad hoc che gli desse una maggioranza di seggi ben superiore alla maggioranza di consensi degli elettori, in modo da affrontare meglio le prevedibili liti interne. La nuova legge elettorale sembrava un ostacolo a questo disegno, per cui l’Unione aveva ribaltato l’accusa, sostenendo che la Casa delle libertà aveva fatto una riforma nel proprio interesse. I fatti hanno smentito questa tesi, di cui avevamo già sottolineato l’inconsistenza. Anzi: proprio grazie alla nuova legge l’Unione può godere di una – seppur risicatissima – maggioranza di seggi al Senato, nonostante abbia preso oltre duecentomila voti meno della Casa delle libertà! (Differenza di poco inferiore contando i voti degli Italiani all’estero). Le critiche alla legge sono sparite…
La verità è che la legge ha dato buona prova di sé, ha aumentato le possibilità di scelta dei cittadini, e non può essere ‘incolpata’ del grande equilibrio di forze esistente. Sarebbero in ogni caso utili le migliorie già da molti suggerite: introduzione del voto di preferenza al candidato e innalzamento della soglia di sbarramento. Non c’è però nessuna legge elettorale che può rimediare all’ipotesi di una maggioranza diversa tra Camera e Senato. La soluzione o è politica – larghe intese – o è costituzionale: riforma che, eventualmente, privi il Senato della facoltà di dare e togliere la fiducia al Governo.
Le divisioni del centrosinistra ê - Tre seggi di margine al Senato renderebbero già difficile la governabilità per una maggioranza compatta; la renderanno impossibile per una divisa su tutto. Ribadiamo un altro concetto: non c’è nessuna legge, nessun artificio, che possa regalare una maggioranza schiacciante a chi non ce l’ha nel Paese, o che possa sanare le contraddizioni di una coalizione profondamente divisa. Se il centrosinistra sa di non poter governare, l’unica soluzione è il coraggio di presentarsi agli elettori con un’alleanza coesa e un programma chiaro, rinunciando alle forze estreme.
UDC é - I cristiano-democratici di Casini hanno raggiunto la massa critica di una forza importante, quasi il 7% dei consensi (più del doppio di quelli ottenuti alle precedenti politiche). E questo senza il voto di preferenza, che solitamente premia i candidati radicati nel territorio di questo partito. Un dato interessante è l’omogeneità della percentuale tra Camera e Senato, a indicare che anche il voto giovane ha premiato l’UDC. Gli scenari futuri (nuova politica della Casa delle libertà, costruzione di un nuovo partito moderato, aggregazione al centro) avranno inevitabilmente una maggiore impronta cristiano-democratica.
Rosa nel pugno ê – I radicali sono riusciti ad operare una mutazione genetica nei socialisti di Boselli, convertiti ad un laicismo strillato e lontanissimo dai problemi del Paese. Il risultato è deprimente (per i radicali e i socialisti; ottimo per gli Italiani), nonostante la spinta che la stampa (Corriere della sera in primis) aveva dato a quel progetto.
Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Verdi, Di Pietro é – Ad aumentare i problemi di Prodi sta l’affermazione (soprattutto al Senato) dell’ala più ‘barricadera’ del suo schieramento, prigioniera di utopie e risentimenti, che vuole costruire il futuro di una potenza postindustriale guardando a Castro e Chavez... Queste forze non raggiungono il 15% dei consensi degli Italiani, ma sono condizionanti, anche a causa dell’antico riflesso condizionato della sinistra post-comunista diessina: “mai nemici a sinistra”. Il desiderio di non lasciare il fianco scoperto a sinistra, porta sempre i sedicenti riformisti a rincorrere i massimalismi inconcludenti.
Margherita e DS ê – Al Senato, dove si sono presentati separati, hanno avuto un risultato deludente. Preoccupa soprattutto il 10,7% della Margherita (contro il 14,5% delle precedenti politiche), segno evidente della sfiducia degli Italiani per la possibilità di costruire un progetto moderato nell’area di centrosinistra (o, meglio, di sinistra-centro, visto che il baricentro della coalizione sembra decisamente spostato a sinistra). Il fatto che i due partiti abbiano ottenuto un miglior risultato presentandosi uniti - alla Camera - nella lista dell’Ulivo esprime il desiderio di compattezza di molti elettori (anche se non si capisce bene su quale base programmatica). Questo risultato dovrebbe portare all’accelerazione del cammino verso il Partito Democratico, se però i partiti sapranno elaborare identità e strategia.
Infine, sembra profilarsi con luci ed ombre il risultato dei due candidati premier. Gli stessi di dieci anni fa, probabilmente non saranno più in campo la prossima volta.
Berlusconi çè - Forza Italia ha perso quasi il 6% dei consensi rispetto alle precedenti politiche. Ed anche l’alleato più ‘fedele’, la Lega Nord, non ha entusiasmato. Berlusconi non appare più il dominus incontrastato della coalizione. Però va anche detto che appariva spacciato, che già a sinistra si ventilavano leggi punitive. E invece il Cavaliere ci ha creduto, ha combattuto, alla fine – bene o male – resta protagonista della vita politica.
Prodi çè - L’alleanza dell’Unione ha ottenuto la maggioranza dei seggi nelle due Camere. La lista dell’Ulivo ha preso alla Camera il 3% in più della somma dei voti di DS e Margherita al Senato: un successo per il capolista, il Professore, e per la prospettiva del Partito Democratico da lui disegnata. Ma se guardiamo il bicchiere mezzo vuoto, la vittoria è stata molto meno netta di quanto ci si aspettava: un pugno di voti (25.000 su 38 milioni, lo 0,06%) alla Camera, tre seggi (con meno voti…) al Senato; il sapore politico è di una mezza sconfitta. L'insistenza con cui si proclama trionfatore, e chiede il riconoscimento della sua vittoria agli avversari, esprime la sua debolezza. Le prospettive di governabilità non sono rosee: il secondo Governo Prodi rischia seriamente di durare molto meno del primo.
P.S. Franco Bassanini éé - L'ex ministro della Funzione pubblica non è stato rieletto. Perché dunque lo 'premiamo' con le frecce di chi sale? Perché la sua mancata rielezione dipende dal fatto che il suo partito - i DS - gli ha assegnato un posto in lista perdente; e questo per 'punizione', poiché Bassanini è stato l'unico diessino - durante la vicenda Unipol - a invocare il disimpegno del suo partito dal mondo finanziario. Rendiamo onore al coraggio e alla dignità di questo politico, augurandoci che la sinistra non voglia privarsi dell'apporto dei suoi uomini più validi (ed augurandoci che il prof. Bassanini non voglia smentirci battendo in ritirata...). Bobo Craxi êê - Ha spaccato il Nuovo PSI per allearsi con i DS - che avevano massacrato il padre -, chiedendo un posto sicuro nelle loro liste. Viene prima “dimenticato” al momento di elaborare le liste, poi reinserito all’ultimo istante in una posizione di retroguardia, che non gli ha consentito di essere rieletto. Si è difeso: “però Fassino mi ha promesso che farò il ministro” (naturalmente ha avuto solo il contentino del sottosegretariato). Patetico.