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Politica - Notizie e Commenti
L'Italia reale e quella virtuale Stampa E-mail
Sconfessati sondaggi e giornali che annunciavano (tendenziosamente) la netta vittoria della sinistra
      Scritto da Giovanni Martino
14/04/06
sondaggio06.gifIl centrosinistra ha vinto le elezioni, seppur di misura; quindi ha il diritto e il dovere di provare a governare, di dimostrare che la coalizione con cui si è presentato agli elettori è in grado di elaborare una politica coerente per affrontare i problemi del Paese.

Basta così? Non è lecito aggiungere altro? E' inutile ogni analisi del significato del voto? Ragionare sulla solidità del risultato è un segno di lesa maestà, un antidemocratico atteggiamento da "caimani"? Allora fermiamo le rotative, chiudiamo le trasmissioni, azzeriamo il dibattito politico, per non "disturbare il manovratore"...

Naturalmente non la pensiamo così. Il risultato è molto controverso, e merita una serie di riflessioni. La prima, a caldo, è quella sul divario tra le previsioni - nettamente favorevoli al centrosinistra - e l'espressione della volontà popolare - che ha invece indicato una sostanziale parità tra i due schieramenti.

Abbiamo visto un film simile nel 2004, negli Stati Uniti, quando la nettissima vittoria di Bush ha spiazzato gli osservatori europei, gli editorialisti dei grandi giornali liberal americani, tutti coloro che proclamavano sicuri "Kerry ha vinto i confronti televisivi". I pochi osservatori neutrali sottolineavano che questi pronostici sembravano forzature, per di più in contrasto con i sondaggi che davano in vantaggio Bush.

In Italia, a dire il vero, di solito anche i sondaggi partecipano alla costruzione della "realtà virtuale".

Lo abbiamo visto nel 2005 con i referendum sulla fecondazione artificiale, che godevano naturalmente dell'appoggio della grande stampa: alcuni sondaggi davano per favorevole all'abrogazione della legge il 70% degli Italiani, poi ha votato sì... il 20%!!!

Alla vigilia delle elezioni politiche, i sondaggi andavano a completare il coro secondo cui "l'affermazione della sinistra è inevitabile e sarà netta: tra i 4 e i 6 punti percentuali". E invece...

Si è trattato solo di un abbaglio collettivo? Com'è possibile un errore di tali dimensioni? Com'è stato possibile definire "serio e propositivo" un programma fumoso come quello dell'Unione? Pur con tutti i difetti che vogliamo attribuire a Berlusconi, com'era possibile definire "rassicurante" un candidato impacciato come Prodi, che si rimangiava gli impegni sulle tasse e si rifiutava di rispondere alle richieste di chiarimenti?

A ben guardare, un divario così netto tra l'Italia "virtuale" e l'Italia reale deriva piuttosto dal tentativo preordinato di orientare l'opinione pubblica.

Lo scopo è innanzitutto quello di condizionare la percezione del cittadino-elettore, il quale dovrebbe pensare: "Non ho gli strumenti e il tempo per analizzare con attenzione candidati e programmi. Ma se tutti parlano bene di Prodi e dell'Unione, se danno per sicuro che riscuota il consenso degli Italiani, vorrà pur dire che la sua proposta è migliore..."

Il secondo scopo è quello di demotivare l'elettore dello schieramento dato per perdente: "Visto che perderemo in maniera tanto netta, non vale nemmeno la pena che rinuncio alla gita al mare con la famiglia per andare a votare..."

Il terzo scopo è quello di forzare il posizionamento di alcuni partiti, che possono essere indotti a salire su quello che si prevede essere il carro del vincitore. Ed è quello che è accaduto per Udeur, Radicali, Socialisti di Craxi, Pensionati, alcuni esponenti della Margherita. In questo modo, la proiezione di una realtà fittizia finisce per produrre - almeno in parte - la realtà vera...

Questi "trucchi" propagandistici sono evidenti nelle dichiarazioni dei politici, e ciò aiuta tanto l'elettore quanto l'osservatore più attento a diffidarne. Ma sono più subdoli ed efficaci se attuati dai mezzi di informazione che si presentano come neutrali (anche se non lo sono). Si tratta di trucchi attuati in quasi tutto il mondo, anche in America, come visto. Ma l'Italia presenta una serie di anomalie.

La grande stampa che si proclama "di informazione", e che quindi dovrebbe essere distinta da quella di opinione e di partito, non si limita a prendere posizioni (l'imparzialità assoluta non esiste), ma adotta linee editoriali marcate; linee editoriali che evidenziano alcune notizie, ne sminuiscono (o addirittura censurano) altre, ne manipolano altre ancora. Vi risparmiamo qui gli esempi, che evidenziamo spesso nel nostro magazine. Manca, insomma, il cosiddetto "rigore anglosassone" (che non deve essere mitizzato, ma che è certo molto maggiore del nostro). Mancano posizioni neutrali.

Non c'è un bilanciamento tra giornali di diversa area politica: i quattro maggiori quotidiani (Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa, Il Sole 24 Ore) erano apertamente orientati a sinistra. Ai quotidiani non si applicava la legge sulla par condicio, che ha neutralizzato la potenziale influenza delle televisioni di Berlusconi. Le uniche trasmissioni televisive con la pretesa di eludere la legge erano quelle satiriche, guarda caso prodighe di attacchi a senso unico...

I giornali riportano spesso le opinioni di un establishment che è fatto di industriali, banchieri - che poi sono gli editori dei giornali stessi - , intellettuali, uniti da un denominatore comune: quello di essere "garantiti", di essersi affermati spesso sfuggendo a criteri di concorrenza e di merito (ma piuttosto per cooptazione). Questi "poteri forti" si sono sentiti più sicuri stringendo un patto con la sinistra che propugna uno Stato-papà, interventista e prodigo di tutele. Berlusconi, preso individualmente, ha un grande potere. Ma è l'unico soggetto nel centrodestra con questi strumenti, in ogni caso inferiori a quelli - sommati - degli altri poteri coalizzati.

Gli stessi istituti di sondaggi sono spesso condizionati - e anche in questo l'Italia è più indietro rispetto ai Paesi anglosassoni - dal committente (che li paga): i grandi editori...

Esiste poi un elemento ben noto che altera il risultato dei sondaggi: l'elettore moderato ha più difficoltà ad esprimere le sue reali intenzioni. Ciò è dovuto all'imbarazzo di esprimere una preferenza "vergognosa" ed inconfessabile? O piuttosto ad una maggior timore di "ritorsioni" sociali, alla consapevolezza che i meccanismi di pressione e di proscrizione della sinistra sono molto più potenti?

Infine, le proiezioni virtuali frutto di un disegno preordinato innescano una reazione a catena che provoca ulteriori deformazioni della realtà, fatte anche in buona fede, sia tra i simpatizzanti di centrodestra sia tra quelli del centrosinistra.

Tra i primi, anche il cittadino o l'osservatore più smaliziato, a furia di veder proiettato un unico scenario, può aver difficoltà a cercare con costanza le incongruenze e le falsità.

Tra i secondi, le aspirazioni possono sovrapporsi alla realtà. E, per quanto riguarda l'élite giornalistica ed "intellettuale" della sinistra, esiste spesso un notevole distacco rispetto alla realtà e ai problemi delle persone; ci sono anche coloro che finiscono col credere davvero alla realtà che disegnano!

Insomma, quanto all'uso di strumenti di persuasione, quelli usati dagli ambienti della sinistra sono meno eclatanti delle TV di Berlusconi, ma più capillari e diffusi, e più capaci di produrre effetti, come dimostra - lo ripetiamo - la capacità di creare una realtà virtuale capace di influenzare quella reale.

Ma i fatti - parafrasando Bulgakov - "hanno la testa dura". Gli elettori moderati si sono ugualmente recati a votare in massa, e hanno ribadito di non essere una minoranza facilmente suggestionabile. Per cui i mass-media - e i centri di potere ad essi collegati - hanno fallito due volte: hanno perso ulteriormente di credibilità, confermando il loro scollegamento dal Paese reale e l'incapacità di ritrarlo correttamente; e non sono riusciti a spostare quote significative dell'elettorato (anche se la quota che hanno influenzato è risultata determinante in questa occasione). La prevedibile difficoltà a governare del centrosinistra potrebbe essere un'ulteriore dimostrazione che il tempo delle chimere non dura in eterno.



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