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Economia - Notizie e Commenti
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"Bancopoli": le scalate, le intercettazioni telefoniche, l'alleanza Berlusconi-De Benedetti
      Scritto da Giovanni Martino
14/09/05
Ultimo Aggiornamento: 03/10/08
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Anna Falchi e Stefano Ricucci

Stefano Ricucci è il marito di Anna Falchi o il personaggio emergente della finanza italiana? Berlusconi e De Benedetti (editore di Repubblica) sono nemici giurati o soci in affari? Che legame c'è tra la scalata al Corriere della Sera e quella alle banche? Perché chiedono le dimissioni del Governatore della Banca d'Italia senza che sia accusato di nessun reato? Come mai gli alleati dei Ds accusano il più grande partito della sinistra italiana di avere collegamenti poco trasparenti col mondo della finanza? Perché tutti coloro che si esprimono su queste vicende (protagonisti, politici, giornalisti) parlano a mezza bocca, lanciano segnali, dicono bugie? Qual è la vera posta in palio?

Per fare luce sul giallo dell'estate 2005, cercando di mettere assieme le tessere del puzzle, dobbiamo fare un passo indietro.

Prologo: il mercato bancario italiano

La liberalizzazione dei mercati finanziari nell'Europa unita ha determinato una concorrenza sempre più serrata e l'esigenza delle piccole banche di accorparsi, crescere, fare acquisizioni, per non venire fagocitate da gruppi più grandi. Questa esigenza era particolarmente viva in Italia, il Paese delle Casse rurali e dei Crediti cooperativi, istituti piccolissimi e assolutamente impreparati a reggere la concorrenza straniera. In pochi anni, sotto l'accorta - e applaudita da tutti - regia del Governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio, si sono realizzate importanti concentrazioni che hanno portato alla nascita di grandi gruppi bancari italiani (Unicredit, Intesa, Capitalia, San Paolo) in grado di competere sui mercati europei.

Ma è così importante che esistano grandi gruppi bancari italiani? Non conviene lasciare campo libero all'acquisizione delle nostre banche da parte dei gruppi stranieri, che magari porteranno maggiore efficienza e condizioni più vantaggiose per i consumatori?

Ebbene, bisogna ricordare che le banche non sono solo "custodi" del risparmio. Le banche reinvestono i risparmi conferiti, danno finanziamenti, decidono quali settori produttivi sostenere, possono determinare la vita e la morte - togliendo il credito - di gruppi industriali. Ed è difficile sostenere che lo facciano con criteri "equi ed oggettivi"... Un Paese che avesse sportelli bancari di proprietà esclusivamente straniera, finirebbe per diventare un gigantesco raccoglitore di risparmi da investire per lo sviluppo di industrie straniere. Questo concetto è molto ben chiaro agli altri Paesi europei, sempre pronti ad ostacolare l'accesso di banche o industrie estere (anche italiane).
(P.S.: gli stessi accusatori di Fazio secondo i quali l'italianità delle banche era un feticcio di superare, fatto fuori il Governatore, torneranno ad esaltarla.)

In secondo luogo, bisogna sottolineare che l'opera di Fazio e della Banca d'Italia per favorire la concentrazione di gruppi italiani si è sempre svolta nel rispetto delle regole europee, delle leggi italiane e dei suoi compiti d'istituto, tra cui rientra proprio la "promozione della stabilità" del sistema bancario. Gli strumenti utilizzati sono stati quelli della "moral suasion", la capacità (che deriva dall'autorevolezza e dalla grande competenza tecnica) di persuadere gli istituti bancari italiani ad unirsi. Non è mai stato "impedito" a nessun istituto straniero di fare acquisizioni.

Ma perché un operato fino a ieri applaudito è diventato oggetto di critiche?

Tutto nasce con il tentativo di acquisizione di due istituti bancari che ancora non erano entrati in gruppi più grandi: la Banca Antonveneta e la BNL (Banca Nazionale del Lavoro).

Per acquisire Antonveneta si era scatenata la concorrenza tra una banca olandese, ABN AMRO, e una banca italiana, la Banca Popolare di Lodi (che ha ora cambiato nome in Banca Popolare Italiana, BPI), guidata dall'amministratore delegato Giampiero Fiorani. Entrambe avevano presentato un'Opa (Offerta Pubblica di Acquisto delle azioni): il prezzo migliore per gli azionisti di minoranza (anche se non tutto in contanti) era quello offerto da BPI, la quale era anche già riuscita a coalizzare in Antonveneta una maggioranza del 51%. L'accusa a Fazio è di aver favorito la BPI, ma non si capisce bene come. Alcuni hanno criticato la maggior velocità con cui è stata autorizzata l'Opa di BPI, che però era finalizzata solo ad acquisire una partecipazione di minoranza (la maggioranza sarebbe stata costituita con l'alleanza con altri azionisti); l'Opa degli olandesi, invece, era mirata subito al controllo pieno della banca (e quindi l'istruttoria della Banca d'Italia richiedeva tempi più lunghi, anche perché la richiesta di autorizzazione è stata presentata successivamente). Altri hanno sostenuto che Fazio doveva negare l'autorizzazione alla BPI, che non avrebbe una solidità patrimoniale sufficiente per la 'scalata': e però il Governatore ha dimostrato che la banca di Fiorani rientrava nei parametri fissati (più severi di quelli europei!), anche grazie ad alcune misure di consolidamento e di aumento di capitale cui era vincolata l'autorizzazione. Quando, di recente, Bankitalia ha verificato che i tempi delle azioni di consolidamento non venivano rispettati (anche perché, come vedremo, nel frattempo è intervenuta la magistratura a bloccare tutto), e che i dati forniti per garantire il rispetto dei parametri erano in parte truccati, ha disposto la revoca dell'autorizzazione. Va detto che a dar ragione a Fazio su tutti questi aspetti era intervenuta anche una sentenza del TAR del Lazio dello scorso luglio, cui si erano rivolti gli olandesi.

Poi è venuta fuori la storia delle intercettazioni... ma di questo parleremo più avanti.

Abbastanza simile il caso della BNL, su cui c'era concorrenza tra gli spagnoli del Banco di Bilbao (BBVA) e l'istituto assicurativo italiano UNIPOL - espressione del mondo della cooperazione "rossa" - intenzionato, sotto la guida di Giovanni Consorte, a consolidarsi nel settore bancario. L'Opa di BBVA è stata ritenuta poco allettante dagli azionisti della BNL, che sembravano orientati ad accettare quella di UNIPOL. Anche qui c'è però chi sosteneva (come l'a.d. di BNL, Abete) che UNIPOL non ha la solidità patrimoniale sufficiente, che si indebiterebbe troppo per la scalata, e che dunque il Governatore non avrebbe dovuto dare l'autorizzazione. Alle accuse a Fazio si sono poi aggiunte quelle ai Democratici di Sinistra - il principale partito d'opposizione - di essere intervenuti dietro le quinte per favorire la scalata di un gruppo ad essi amico (UNIPOL: ne parliamo più ampliamente in un altro articolo).

Le indagini della magistratura e le intercettazioni

Lo "scandalo" esplode per la vicenda Antonveneta. Si scopre che la Procura di Milano stava indagando per sapere se esistesse già un "concerto" (no, non siamo alla Scala: si intende un accordo) segreto tra BPI ed altri azionisti di minoranza dell'Antonveneta per assumerne il controllo. La legge vieta che tali accordi siano segreti. La magistratura ritiene di avere individuato il "concerto" tra Fiorani ed altri azionisti "concertisti", gli immobiliaristi emergenti Ricucci e Coppola, il finanziere Emilio Gnutti: i “furbetti del quartierino”, secondo un’autoironica definizione di Ricucci intercettata dai magistrati. Il Giudice per l'Udienza Preliminare Concettina Forleo, la stessa che aveva scarcerato terroristi iracheni sostenendo che erano "resistenti", si dimostra molto più 'repressiva' nella vicenda finanziaria, interdice Fiorani dalle cariche sociali e dispone il sequestro preventivo delle azioni dei concertisti, cosicché gli olandesi di ABN AMRO, con poco più del 20% delle azioni, assumono il controllo di Antonveneta. Bpi ed altri azionisti, alla fine, sono stati costretti a cedere il loro pacchetto al prezzo deciso da ABN AMRO (la banca italiana, poi, tornerà a a chiamarsi Antonveneta, passerà per le mani dello spagnolo Banco Santander, e finirà al... Monte dei Paschi di Siena, la banca vicina ai DS che aveva rifiutato di affiancare Unipol nella sclata a BNL!).

La cosa che fa più sensazione è che lo stesso GUP, nelle notifiche degli atti giudiziari, inserisce lunghi stralci di intercettazioni telefoniche integrali che vengono ben presto pubblicate dai giornali, comprese alcune tra Fiorani e Fazio. Che cosa si dicono i due di 'compromettente' per il Governatore? Davvero poco... Si scopre che Fazio aveva avvertito personalmente Fiorani dell'avvenuto rilascio dell'autorizzazione all'Opa di BPI, e che Fiorani aveva ringraziato calorosamente. Emerge insomma un rapporto di confidenzialità tra i due, e tra le rispettive famiglie. L'accusa al Governatore, dunque, è di essere stato "giocatore e non arbitro": un vero arbitro dovrebbe mantenere le distanze con tutti i soggetti con cui intrattiene rapporti professionali. Di qui la richiesta di dimissioni del Governatore, o la riforma del suo mandato - che attualmente è senza scadenza - per costringerlo ad andar via.

Il modo con cui sono state gestite le intercettazioni telefoniche ha però fatto nascere molte polemiche, tanto che si parla di una nuovo intervento legislativo sulla materia. Innanzitutto, siamo di gran lunga il Paese dove si intercetta di più al mondo, con rischi non solo per la privacy, ma anche che si crei uno strumento di pressione e di ricatto verso i terzi che vengono 'casualmente' intercettati nelle conversazioni avute con soggetti indagati. Chi gestisce le intercettazioni? Solo i magistrati? Con quali criteri? Non dobbiamo nasconderci che spesso, in passato, lunghe intercettazioni sono filtrate dai palazzi di giustizia, e sono state utilizzate politicamente contro questo e quello. Le procure hanno aperto inchieste contro le fughe di notizie, sempre risoltesi con un nulla di fatto. I più maligni hanno insinuato che si sia trattato di documenti fatti filtrare ad arte; ma anche a voler rifiutare - noi candidi - questa ipotesi, resta il problema di una grave mancanza di responsabilità.

Tornando alle intercettazioni odierne: esse non erano state disposte a carico di Fazio, che non è oggetto di indagini (la magistratura sta procedendo contro Fiorani). E' giusto dare giudizi sommari sulla base di frammenti di conversazioni "origliate" e diffuse in modo poco chiaro? Nel merito, l'accusa di intrattenere rapporti "confidenziali" appare ipocrita e strumentale (non dimentichiamo che sono in ballo miliardi di euro, delicati equilibri politici e finanziari...). Rapporti di consuetudine e frequentazione intercorrono in tutti i settori tra professionisti che vivono nello stesso ambiente. E se una dote è stata sempre riconosciuta da tutti a Fazio è quella dell'integrità morale. Vogliamo concedere che, nel momento in cui si occupava direttamente di una vicenda delicata, avrebbe dovuto avere maggior prudenza nel gestire i rapporti con i protagonisti di tale vicenda, anche se li conosceva? Concediamolo. Ma da qui a pretendere che viva in una torre d'avorio è una forzatura, soprattutto se viene da personaggi avvezzi alla massima spregiudicatezza nelle loro 'relazioni sociali'... Se poi saranno dimostrati comportamenti gravemente immorali o illegali del Governatore, saremo i primi a dolercene; ma le critiche fatte sinora non hanno fondamento oggettivo, e sembrano solo rispondere a secondi fini.

Il sospetto di un uso strumentale delle intercettazioni viene anche da un'altra circostanza. Quelle relative al caso BNL-Unipol non sono filtrate, se non per uno spezzone tra Consorte e il segretario dei DS Fassino. Se si tratta di intercettazioni che coinvolgono esponenti della sinistra, i giornalisti si autocensurano? O hanno più 'difficoltà' ad accedere agli atti?

L'ipocrisia degli accusatori emerge anche nel rilievo mosso al Governatore di non essere stato "arbitro": tutti sanno che - come abbiamo visto in precedenza - il ruolo della Banca d'Italia è anche di stimolare e suggerire iniziative degli attori finanziari italiani, purché siano rispettati i diritti di tutti e non siano violate regole. Nella vicenda specifica, nessuno osa contestare a Fazio qualche irregolarità. L'accusa principale è che Fazio avrebbe "perso autorevolezza": ma non sono proprio questi critici accaniti che si sforzano di fargliela perdere? Dicono anche che Fazio sta danneggiando l'istituzione che rappresenta... lui o chi lo attacca? Se Fazio si dimettesse senza ragioni oggettive, solo per assecondare una serie di forti pressioni, allora sì che comprometterebbe l'indipendenza della Banca d'Italia: chiunque in futuro si sentirebbe in grado di poter condizionare i Governatori.

Il paradosso è che mentre a casa nostra molti invocavano le dimissioni del Governatore per "salvaguardare la credibilità internazionale dell'economia italiana", la difesa di Fazio è infine venuta proprio dalla voce estera più autorevole, il Governatore della Banca Centrale Europea Trichet. Il 3 novembre 2005 la Banca centrale europea ha chiuso il caso dando ragione a Fazio, stabilendo che le procedure seguite in occasione delle operazioni di fusione bancaria erano "conformi al quadro legislativo nazionale"; anche se ha espresso perplessità sulla compatibilità tra le nostre attuali leggi in materia e gli obiettivi della Comunità europea.

Cerchiamo, a questo punto, di iniziare a diradare le cortine fumogene e a vederci un po' chiaro, o almeno a fare qualche ipotesi sensata sui retroscena della vicenda. Non è facile, perché anche la stampa italiana è in imbarazzo nel parlare apertamente, nel fare inchieste serie: coinvolto può essere il proprio editore, o un amico dell'editore...  D'altronde, i due quotidiani che hanno montato la campagna mediatica contro Fazio sono Corriere della Sera e Repubblica, quelli i cui editori sono - come vedremo più avanti - proprio i più coinvolti nella vicenda. Repubblica è arrivata anche al punto di lanciare ripetutamente indiscrezioni su presunte iniziative della magistratura contro il Governatore, molto prima che effettivamente si concretizzassero: un modo per 'sollecitare' tali iniziative?

Intendiamoci: quando la magistratura ha notizie di reato, deve intervenire. Ma deve intervenire sempre, per tutti i tipi di reato (quelli finanziari come quelli di terrorismo), senza distinzione di colore politico, a prescindere dalle sollecitazioni di gruppi di pressione, senza lasciar filtrare nessun elemento dell'indagine che possa essere strumentalizzato contro qualcuno.

Quali erano i veri obiettivi delle manovre, quale la posta di potere in palio?

Fazio era innanzitutto un obiettivo indiretto: colpire lui significava colpire le due scalate italiane e i loro protagonisti.

Colpire l'UNIPOL significa colpire i DS, e il loro grande intreccio col mondo sociale, economico e finanziario (di cui parleremo in un prossimo articolo). Li temono gli avversari politici, che - crollata la DC - non hanno radicamenti simili (i collegamenti sociali sono deboli, Berlusconi gioca in proprio). Li temono gli alleati, che non vogliono essere "egemonizzati" da un partito che, con neanche il 20% dei voti, risulta sempre arbitro della coalizione. Esistono anche divisioni interne agli stessi DS: una parte è legata al Monte dei Paschi di Siena, che ha rifiutato di affiancare UNIPOL nella scalata. L'attacco ai DS è stato però sin qui confinato nell'ambito politico-giornalistico, e non giudiziario (gli avversari vi vedono un'ulteriore testimonianza di un certo rapporto preferenziale con la magistratura). I DS hanno probabilmente la forza di assorbire questo urto, portare ugualmente a casa la crescita dell'UNIPOL (anche senza l'acqquisto di Bnl), e ricavarne il vantaggio dell'uscita di scena di Fazio, loro alleato occasionale in questa vicenda, ma storicamente inviso alla sinistra.

Colpire - e affondare - BPI e Fiorani, invece, ha significato colpire anche i suoi alleati, Ricucci in primis. Il neo-marito della Falchi ha terrorizzato l'establishment economico italiano col tentativo di scalata al Corriere della Sera: azionisti del patto di sindacato che controlla il più importante quotidiano italiano sono i più importanti industriali e finanzieri settentrionali, la cosiddetta "galassia del Nord": Fiat, Pirelli-Telecom (Tronchetti Provera),Tod's (Della Valle), ecc. La stessa élite che, con Montezemolo, ha ripreso il controllo di Confindustria. C'è chi solleva sospetti su come Ricucci abbia potuto accumulare tanti soldi in pochi anni. Chi sostiene che quella dell'immobiliarista è professione meno 'nobile' dell'industriale, perché non produrrebbe ricchezza (un argomento vecchio e insulso). Chi insinua che alle spalle di Ricucci possa esservi qualcun altro: Berlusconi (un vecchio amico del cavaliere, Ubaldo Livolsi, sta collaborando con Ricucci)? D'Alema? Forse sono vere alcune di queste ipotesi, ma è vera senz'altro anche la paura dei "salotti buoni" di perdere quel potere che sono abituati a gestire con pochi soldi e molte amicizie influenti. E' questo il significato delle accuse un po' vaghe contro i parvenus della finanza, come Fiorani o gli immobiliaristi romani (Ricucci, ma anche Coppola, che ha acquistato azioni di Mediobanca, la banca d'affari che è il sancta sanctorum della finanza italiana).

Fazio era anche un obiettivo diretto. La sua formazione culturale cattolica è sempre stata invisa agli ambienti "laici" - di cui è storicamente megafono il gruppo editoriale L'Espresso- Repubblica -, che gli avrebbero preferito uno come Tommaso Padoa Schioppa (il quale si era dovuto 'accontentare' di un posto nel board della Banca Centrale Europea, appena scaduto). Ambienti spesso saldati con quelli della massoneria internazionale. Questa lettura dei fatti non viene solo da personaggi che ben conoscono i retroscena della politica (come Andreotti). Anche un addetto ai lavori come il vicepresidente di Unicredito, Fabrizio Palenzona, ha sostenuto: "È evidente che molti non hanno mai digerito un governatore cattolico. Ma non mi stupisco. D'altronde c'è sempre stato, da parte di certi ambienti, un atteggiamento di ostilità ideologica nei confronti della finanza cattolica". Fazio andava bene, con la sua autorevolezza, finché si trattava di condurre la più grande opera di modernizzazione economica - le fusioni bancarie - del dopoguerra. Ora che la missione sembra compiuta, che le banche sembrano abbastanza sane da poter essere considerate pedine politiche, da essere appetibili per i gruppi esteri, gli si è potuto dare il benservito. Anche la trasformazione del mandato senza scadenza del Governatore (pensato come garanzia di indipendenza) in un mandato a termine, trasformazione che di per sé sembrerebbe sensata, appare purtroppo il pretesto per rendere quell'incarico più condizionabile da una politica italiana sempre troppo invadente.

Inoltre, bisogna tener conto che dalle decisioni di Bankitalia dipende la direzione di alcuni snodi fondamentali nel calendario finanziario ed industriale. Infatti, tra i poteri della Banca centrale c'è anche quello di regolare i rapporti tra banche e industrie, autorizzando da un lato gli aumenti di posizione degli azionisti nel capitale degli istituti bancari, dall'altro stabilendo i limiti e il tipo di presenza dalle banche nell'azionariato delle industrie. Ebbene, la 'guerra' è esplosa poco prima della scadenza del "convertendo" FIAT, cioè delle obbligazioni vendute dalla FIAT alle banche per finanziarsi, con la facoltà di convertire il credito a scadenza in azioni. Bankitalia, dando l'ok ad una conversione con diritto di voto, poteva consentire alle banche di acquisire la maggioranza relativa della FIAT! ('Pericolo' che è stato sventato dalla famiglia Agnelli con una spericolata e non dichiarata manovra di rastrellamento di azioni). Inoltre, sta per scadere anche il patto di sindacato di Olimpia, società centrale nel controllo Telecom: entreranno soggetti bancari? E ancora: in Generali sarà data via libera ad una banca per creare il più grande polo bancario-assicurativo italiano? Entreranno nuovi soci in Mediobanca per compensare la programmata riduzione di quote di Unicredit e Capitalia?

Insomma: non è che gli attacchi a Fazio fossero motivati proprio dalla sua integrità, dal timore che non si presti ad alcune delle grandi manovre in corso?

Un altro elemento singolare sta passando sotto silenzio. La legge di riforma di Bankitalia presentata dal Governo, con il benestare dell'opposizione, prevede tra l'altro la "pubblicizzazione", cioè l'acquisto da parte dello Stato delle quote azionarie di Banca d'Italia attualmente possedute dalle banche italiane. Si tratta di un 'regalo' valutabile forse in 10 miliardi di euro (ventimila miliardi di vecchie lire, quasi tutto il fondo di ammortamento per la riduzione del debito pubblico). La montatura contro Fazio serve anche a far ritenere 'inevitabili' riforme che andranno ad arricchire i soliti noti con i soldi dei cittadini?

Ambiguo è stato il comportamento dei partiti politici, che non hanno il coraggio di dire con chiarezza ai loro elettori quali obiettivi e quali interessi li muovono. La Lega che aveva accusato Fazio ai tempi dei crack Cirio e Parmalat, lo ha poi difeso a spada tratta (e con lui difendeva il sogno di una grande "banca padana", la BPI). Gli altri partiti di Governo, che avevano sempre sostenuto il Governatore (con l'eccezione di Tremonti di FI e di Tabacci dell'UDC), lo hanno in larga parte 'scaricato' (soprattutto AN), proprio quando era accusato di una linea d'azione - la difesa dell'italianità delle banche - che era ben vista dal Governo. E' stato lasciato campo libero ad un "tecnico", cioè una persona che non si è sottoposta al giudizio degli elettori e non ha la responsabilità politica delle sue azioni, come l'ex ministro del Tesoro Siniscalco. Paura di contraddire i poteri forti che vogliono far fuori Fazio? Forse in settori della maggioranza è subentrato anche il timore che dopo le elezioni - se vincesse la sinistra - si possa scatenare una nuova offensiva contro Fazio, magari supportata dalla magistratura, alla quale sarebbe impossibile per il Governatore resistere: meglio allora che la sostituzione avvenga adesso, quando si può ancora avere voce in capitolo...

Quanto alla sinistra, i partiti alleati dei DS accusano Fazio vuoi per acquisire benemerenze con i poteri forti, vuoi per mettere in imbarazzo proprio la Quercia, i cui esponenti sono ansiosi che vada a buon fine l'acquisizione di BNL da parte di UNIPOL. I quali DS prima hanno taciuto, poi, cedendo alle accuse di 'opacità morale' e interessi poco trasparenti, si sono allineati al coro che chiede le dimissioni di Fazio.

Gli intrecci di potere, come si vede, sono complessi, attraversano gli schieramenti politici. I nemici di ieri sono gli amici di oggi. Lo testimonia anche il caso dell'alleanza - effimera - tra Berlusconi e il suo nemico storico, Carlo de Benedetti. I due sono stati divisi in passato da feroci lotte politiche, essendo De Benedetti l'ispiratore, col suo gruppo editoriale L'Espresso-Repubblica, della linea giustizialista e antiberlusconiana della sinistra. Lotte anche giudiziarie, visto che si sono confrontati per un decennio in tribunale a causa delle vicende SME e Mondadori. Ebbene, Berlusconi aveva concordato col vecchio nemico di acquistare azioni di una società d'investimento per il rilancio di imprese in difficoltà. Ma De Benedetti si è tirato indietro, dopo che alcuni personaggi a lui vicini (Sartori, Sylos Labini, Biagi, Tabucchi) si sono detti scandalizzati dall' "intelligenza col nemico". Queste lamentele erano sufficienti da sole a produrre un ripensamento in un'iniziativa che sicuramente De Benedetti aveva ben ponderato? O sono state anche un 'segnale'? Le azioni di quella società, nel frattempo, sono salite in borsa, e De Benedetti ha avuto in ogni caso il suo bravo guadagno. Resta l'evidenza che, mentre a noi 'mortali' cercano di darla a bere con le guerre tra buoni e cattivi, loro si adoperano per fare affari insieme...

La strategia di Berlusconi, infine, non è chiara. Con il risanamento di Fininvest e la cessione del pacchetto di minoranza di Mediaset quando era ai massimi di borsa, ha acquisito una grande liquidità, che dovrà investire non appena si ritirerà dalla politica, per restare comunque una delle figure di rilievo in Italia. Banche? Carta stampata? Telecomunicazioni (Telecom)? Petrolio russo?

Una morale? Nella "prima repubblica" sapevamo chi deteneva il potere: i partiti, che erano un'espressione - seppure, nell'ultima fase, degenerata e pervasiva - delle ideologie, delle categorie, delle istanze della società italiana. Oggi il cittadino sembra spettatore impotente di un giallo a volte troppo intricato; tanto da indurre a cambiar canale.


P.S.: la conclusione della vicenda nel nostro articolo Scontro di potere 2: l'epilogo
 

Nella pagina delle lettere il commento di un lettore a quest'articolo.



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