Ciò che attraversa questa saga è una precisa identità e immagine dell’eroe Jedi, in cui si coglie una filosofia orientaleggiante-buddistica per essere o diventare veri uomini, saggi e invincibili. Un'identità appena accennata nel primo film (che corrisponderà poi all'Episodio IV), il clamoroso successo del 1977, il quale aveva toni più fiabeschi; le tematiche "filosofiche" sarebbero state sviluppate meglio nei film successivi.
La "Forza" dei cavalieri Jedi non è tanto una religione quanto uno stato mentale, il cui principio e precetto di base, alla fine, è uno solo: l’abbandono del sé finalizzato alla scoperta di un nuovo livello di coscienza attraverso “un tirocinio che avvicina la coscienza stessa alla realtà ultima delle cose” (così Angelo Ponta nel suo articolo “Star Wars - La Forza colpisce ancora” pubblicato sul mensile GQ).
La "Forza" è ciò che dà al Jedi la possanza. E’ un campo di energia indefinito, creato da tutte le cose viventi, di cui il Jedi deve servirsi per perseguire non già il suo personale ed egoistico interesse – altrimenti si sottoporrebbe al “lato oscuro” della Forza – bensì l’interesse della comunità di cui è paladino e servitore.
Possiamo già notare un’importante differenza con l’eroe di Tolkien, nel Signore degli Anelli: lì la “filosofia” era quella cattolica, il Bene e il Male erano ben delineati e distinti: l’eroe hobbit aveva chiara la scelta.
In Guerre Stellari abbiamo invece una mistica orientale, con venature e commistioni new age (si pensi al concepimento “misterioso” di Anakin Skywalker nell’Episodio I La Minaccia Fantasma): la Forza avvolge bene e male (lato oscuro) in un principio unico indistinto. La nota dominante è l’ambiguità, l’eroe Jedi oscilla tra i due estremi.
Non dobbiamo negare che la storia si sforza di dare un’immagine positiva, morale del cavaliere Jedi, assegnandogli una missione. Nell’Episodio II (La guerra dei cloni) viene affrontato anche il problema della politica: lo Jedi, custode e paladino della Repubblica contro lo scivolamento verso l’Impero (qui Lucas si ispira alla decadenza dell’antica Repubblica romana), incarna l’ideale di politica che ci viene dato dalla letteratura classica (si pensi al concetto aristotelico di Politica o all’idea tocquevilliana di democrazia).
Il politico - e così il cavaliere Jedi - deve essere in grado di coniugare la razionalità con il proprio istinto; deve servirsi dei mezzi materiali e morali di cui dispone - come il cavaliere Jedi della propria forza - per perseguire il benessere della comunità a servizio della quale egli è stato chiamato a ricoprire il suo ufficio. Come la filosofia Jedi impone rinunce e sacrifici, così il politico deve sapere anteporre l’interesse pubblico ai propri interessi e alle proprie passioni. L’Impero - e con esso il “lato oscuro” della Forza - simboleggia la strada più facile e veloce per arrivare al potere politico ed economico, ma anche la più dannosa.
Si tratta solo di belle intenzioni? Il rischio c’è, ma non solo nella finzione cinematografica. Questo rischio si ripete ogni volta che ci affidiamo soltanto ad un moralismo astratto, privo di contenuti, che si fonda su un’imprecisata coscienza interiore, sfociando nell’ambiguità e