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Il "Papa buono" e la responsabilitą dei cattolici Stampa E-mail
Nella "Mater et Magistra" Giovanni XXIII ricorda ai politici cattolici valori e doveri
      Scritto da Papa Giovanni XXIII

giovanni_xxiii.jpgMolti anticlericali (e anche qualche cristiano) hanno il vezzo di applaudire gli interventi della Chiesa che condividono, salvo tacciarla di "ingerenza" quando non sono d'accordo. In questi casi c'è anche l'abitudine di creare una contrapposizione artificiosa tra il Papa del momento (da bacchettare) e i Papi che lo hanno preceduto (i quali vengono rimpianti ipocritamente, attribuendo loro posizioni diverse dalla realtà).
Uno dei Papi più strumentalizzati è Giovanni XXIII: rileggiamo cosa diceva a proposito dei doveri dei cattolici impegnati nella vita sociale e politica (si noti in particolare l'ultimo periodo, evidenziato da noi in grassetto).

MATER ET MAGISTRA

LETTERA ENCICLICA
DI SUA SANTITÀ
GIOVANNI PP. XXIII

Lettera enciclica di S.S. Giovanni XXIII sui recenti sviluppi della questione sociale nella luce della dottrina cristiana ai venerabili Fratelli Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi e altri Ordinari aventi pace e comunione con la Sede Apostolica nonché a tutto il clero e ai fedeli del mondo cattolico sui recenti sviluppi della questione sociale nella luce della dottrina cristiana.

Venerabili Fratelli, diletti Figli, salute e apostolica benedizione.

INTRODUZIONE

1. Madre e maestra di tutte le genti, la Chiesa universale è stata istituita da Gesù Cristo perché tutti, lungo il corso dei secoli, venendo al suo seno ed al suo amplesso, trovassero pienezza di più alta vita e garanzia di salvezza. A questa Chiesa, colonna e fondamento di verità, (cf. 1Tm 3,15) il suo santissimo Fondatore ha affidato un duplice compito: di generare figli, di educarli e reggerli, guidando con materna provvidenza la vita dei singoli come dei popoli, la cui grande dignità essa sempre ebbe nel massimo rispetto e tutelò con sollecitudine.

(...)

Rispetto delle leggi della vita

180. Dobbiamo proclamare solennemente che la vita umana va trasmessa attraverso la famiglia, fondata sul matrimonio uno e indissolubile, elevato, per i cristiani, alla dignità di sacramento. La trasmissione della vita umana è affidata dalla natura a un atto personale e cosciente e, come tale, soggetto alle sapientissime leggi di Dio: leggi inviolabili e immutabili che vanno riconosciute e osservate. Perciò non si possono usare mezzi e seguire metodi che possono essere leciti nella trasmissione della vita delle piante e degli animali.

181. La vita umana è sacra: fin dal suo affiorare impegna direttamente l’azione creatrice di Dio. Violando le sue leggi, si offende la sua divina maestà, si degrada se stessi e l’umanità e si svigorisce altresì la stessa comunità di cui si è membri.


Educazione al senso della responsabilità

182. È della più alta importanza che le nuove generazioni vengano educate con adeguata formazione culturale, nonché religiosa come è dovere e diritto dei genitori, a un profondo senso di responsabilità in tutte le manifestazioni della loro vita e perciò anche in ordine alla creazione di una famiglia e alla procreazione ed educazione dei figli. I quali devono essere formati a una vita di fede e a una profonda fiducia nella divina Provvidenza perché siano pronti ad affrontare fatiche e sacrifici nell’adempimento di una missione tanto nobile e spesso ardua quale è quella di collaborare con Dio nella trasmissione della vita umana e nell’educazione della prole. Per tale educazione nessuna istituzione dispone di risorse efficaci quanto la Chiesa, la quale, anche per tale motivo, ha diritto di svolgere in piena libertà la sua missione.

(...)

Dio fondamento dell’ordine morale

193. La reciproca fiducia tra gli uomini e tra gli Stati non può nascere e rafforzarsi che nel riconoscimento e nel rispetto dell’ordine morale.
Sennonché l’ordine morale non si regge che in Dio: scisso da Dio si disintegra. L’uomo infatti non è solo un organismo materiale, ma è anche spirito dotato di pensiero e di libertà. Esige quindi un ordine etico-religioso, il quale incide più di ogni valore materiale sugli indirizzi e le soluzioni da dare ai problemi della vita individuale ed associata nell’interno delle comunità nazionali e nei rapporti tra esse.

194. Si è affermato che nell’era dei trionfi della scienza e della tecnica gli uomini possono costruire la loro civiltà, prescindendo da Dio. La verità invece è che gli stessi progressi scientifico-tecnici pongono problemi umani a dimensioni mondiali che si possono risolvere soltanto nella luce di una sincera ed operosa fede in Dio, principio e fine dell’uomo e del mondo.

(...)

199. Infatti l’errore più radicale nell’epoca moderna è quello di ritenere l’esigenza religiosa dello spirito umano come espressione del sentimento o della fantasia, oppure un prodotto di una contingenza storica da eliminare quale elemento anacronistico e quale ostacolo al progresso umano; mentre in quell’esigenza gli esseri umani si rivelano per quello che veramente sono: esseri creati da Dio e per Dio, come esclama sant’Agostino: "ci hai creati per te, Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te" (S. Agostino, Confessioni, I, 1).

200. Pertanto, qualunque sia il progresso tecnico ed economico, nel mondo non vi sarà né giustizia né pace finché gli uomini non ritornino al senso della dignità di creature e di figli di Dio, prima ed ultima ragione d’essere di tutta la realtà da lui creata. L’uomo staccato da Dio diventa disumano con se stesso e con i suoi simili, perché l’ordinato rapporto di convivenza presuppone l’ordinato rapporto della coscienza personale con Dio, fonte di verità, di giustizia e di amore.

(...)

220. I cattolici impegnati nello svolgimento di attività economico- sociali vengono a trovarsi perciò stesso in frequenti rapporti con altri che non hanno la stessa visione della vita. In tali rapporti i nostri figli siano vigilanti per essere sempre coerenti con se stessi, per non venire mai a compromessi riguardo alla religione e alla morale; ma nello stesso tempo siano e si mostrino animati da spirito di comprensione, disinteressati, e disposti a collaborare lealmente nell’attuazione di progetti che siano di loro natura buoni o almeno riducibili al bene. È ovvio però che quando in materia la gerarchia ecclesiastica si è pronunciata, i cattolici sono tenuti a conformarsi alle sue direttive; giacché compete alla Chiesa il diritto e il dovere non solo di tutelare i principi dell’ordine etico e religioso, ma anche di intervenire autoritativamente nella sfera dell’ordine temporale, quando si tratta di giudicare dell’applicazione di quei principi ai casi concreti.

(...)

Dal Vaticano, 15 maggio 1961

IOANNES PP. XXIII



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