PRIMA PAGINA
faq
Mappa del sito
Temi caldi
Temi caldi
Notizie
Attualitą
Politica
Economia
In Europa
Nel Mondo
Contrappunti
Intorno a noi
Cittą e Quartieri
La Regione
Religione
Notizie e commenti
Cattolici e politica
Documenti ecclesiali
Link utili
Cultura
Libri
Cinema
Musica
Fumetti e Cartoni
Teatro
Arte ed eventi
Storia
Scienze e natura
Rubriche
Focus TV
Sport
Mangiar bene
Salute
Amore e Psiche
Soldi
Diritti
Viaggi e motori
Tecnologia
Buonumore
Login Utente
Username

Password

Ricordami
Dimenticata la password?
Indicizzazione
Convenzioni


Cinema - Recensioni e Profili
"Apocalypto" Stampa E-mail
Nel film di Gibson la veritą sul popolo maya
      Scritto da Paolo Petrilli
01/02/07

apocalypto_locandina.jpgApocalypto, USA 2006
di Mel Gibson

“Una grande civiltà non è conquistata dall’esterno, finchè non ha distrutto se stessa dall’interno.”  (W. Durrant)

La frase compare sullo schermo prima che il film inizi ed è subito chiaro che Gibson ne farà l’intento programmatico di tutta la pellicola, o almeno avrebbe dovuto esserlo, valutata la miopia della stragrande maggioranza dei critici che volutamente o ingenuamente (a voi il giudizio) ne hanno ristretto gli orizzonti costringendoli in quelli di un mero film di avventura, un po’ troppo violento per il genere.

Al centro della vicenda c’è l’indigeno Zampa di Giaguaro che vive con la sua tribù nella foresta intorno al XV secolo. Vivono di caccia, scherzano tra di loro, qualcuno ha dei problemi con la suocera. Ma sanno capire anche quali sono i valori veri da trasmettere ai loro figli.

Nel frattempo il popolo maya, per alimentare i propri sacrifici umani, compie delle spedizioni nella foresta per catturare questi indigeni che forse saranno bravi nella caccia ma sicuramente non sono così abili nella guerra.
Zampa di Giaguaro riesce a mettere in salvo la moglie incinta e il figlioletto in un pozzo, ma preso anche lui viene portato con un lungo cammino attraverso la foresta nel centro della civiltà maya, fin sopra una gigantesca piramide  dove vengono compiuti sacrifici umani.

Una improvvisa eclisse lo salva dalla morte, ma per conquistare il diritto a tornare dai suoi deve superare un altro esame, ancora più violento, che lo porta ad uccidere il figlio di un capo e quindi a ritrovarsi dietro un gruppo di guerrieri, guidati da questo padre furente, che vogliono fargli la pelle.
Lasciamo il finale alla sorpresa dello spettatore.

Gibson applica al tema delle popolazioni centroamericane precolonizzazione la stessa operazione culturale di The Passion. Un’operazione culturale di verità. Se nella passione di Cristo rappresentò in maniera storicamente accurata la flagellazione romana (che aveva delle regole strutturate), in Apocalypto tema dell’indagine è la descrizione della civiltà maya e dei suoi rituali religiosi. In entrambi i casi il risultato sfiora picchi di violenza a tratti insostenibili, ma necessari a rappresentare la realtà dei fatti.

Dopo la visione del film l'idea che si aveva della civiltà maya non è più la stessa, non vi si riconosce il mito del buon selvaggio sposato da quasi tutti i libri di testo scolastici. Non un Eden violato dai conquistadores, ma un mondo semiprimitivo, legato ancora alla mitologia del sangue. Un mondo senza speranza, in cui una dipartita prematura viene spesso letta come un sollievo (“Dormi, non ci sarà più dolore” dice il padre guerriero chiudendo gli occhi al figlio ferito a morte).
Ma Gibson a questo punto va oltre. Non si ferma ad annotazioni di ordine antropologico, ma sposta le ambizioni del film su un piano ulteriore, proponendo una lettura soprannaturale della vicenda umana. Non accorgersene, o - peggio - non tenerne conto, significa leggere il film solo a metà.

Non si spiega in altro modo la profezia della bambina percossa.
Ecco alcune delle frasi che pronuncia: “Il momento sacro è vicino”; “Colui che vi prenderà cancellerà il cielo e la terra. Vi cancellerà e terminerà il vostro mondo”; e ancora “E’ con noi adesso”, il tutto seguito da riferimenti a Zampa di Giaguaro che sarà lo strumento propiziatorio del primo contatto con la civiltà occidentale.
Come dire che Dio, stanco della crudeltà crescente dei Maya, ritiene i tempi maturi perché il Verbo, tramite gli Spagnoli, entri e modifichi per sempre quel mondo semiprimitivo e sanguinario.

L’astuzia del regista sta nel chiarire, con la vicenda della tribù di Zampa di Giaguaro, quali furono le dinamiche che nella realtà portarono le popolazioni presenti sul territorio centroamericano e vessate dai Maya ad unirsi agli Spagnoli, per porre fine al clima di terrore in cui vivevano.

A margine va annotato un certo compiacimento manieristico nella infernale rappresentazione della città delle piramidi, popolata da una umanità corrotta e anche visivamente sgradevole; una sguardo "apocalittico", per l’appunto, che sembra a tratti prediligere le viscere per veicolare i messaggi forti di cui la pellicola è portatrice. Ma è un peccato veniale, anche perché strumentale a Gibson per confezionare un prodotto impeccabile anche cinematograficamente, coraggioso nel ridurre a una manciata di minuti i momenti parlati e nel lasciarli in maya-yucateco, una lingua morta.

E’ un grandioso affresco di un mondo un istante prima del suo collasso, che inchioda alla poltrona per più di due ore e che conferma il talento di un autore, Gibson, davvero ispirato.


Nella pagina delle lettere il Forum dei lettori su questa recensione



Giudizio Utente: / 19

ScarsoOttimo 




Ricerca Avanzata
Aggiungi questo sito ai tuoi preferitiPreferiti
Imposta questa pagina come la tua home pageHomepage
Agorą
Lettere e Forum
Segnalazioni
Associazionismo
Comunicati
Formazione
Dagli Atenei
Orientamento
Lavoro
Concorsi
Orientamento
Impresa oggi
Link utili
Informazione
Associazionismo
Tempo libero
Utilitą varie
Link consigliati
Zenit.org
La nuova Bussola
   Quotidiana
Storia libera
Scienza e fede
Il Timone
Google
Bing
YouTube
meteo
mappe e itinerari
Google Maps e
  Street View
TuttoCittà Street
  View



Questo sito utilizza Mambo, un software libero rilasciato su licenza Gnu/Gpl.
© Miro International Pty Ltd 2000 - 2005