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Temi caldi - Fecondazione artificiale
Il destino degli embrioni congelati: adozione o donazione Stampa E-mail
I termini di una questione molto delicata
      Scritto da Claudia Navarini*
04/09/05
 
embrioni_congelati.jpg
embrioni congelati

* Docente presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum da Zenit.org

Fra gli "appuntamenti bioetici" dei prossimi mesi vi è senz'altro la questione, ancora insoluta, del destino degli embrioni attualmente crioconservati. Le numerose domande dei lettori di Zenit dimostrano l'in­teresse suscitato dal problema durante la campagna referendaria, e affrontato in questa rubrica con un articolo (C. Navarini, Ombre e luci nell'adozione degli embrioni, Zenit, 13 marzo 2005) e con alcune risposte brevi. D'altra parte, la questione dell'adozione degli embrioni crioconservati è già da tempo oggetto di valutazione da parte dei maggiori bioeticisti e moralisti italiani, ancor prima che la legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita fosse in vigore.

Ora il tema è tornato a coinvolgere la stampa a causa della nascita di Gerard, primo "frutto" del Programma di adozione di embrioni lanciato dall'Istituto Marques di Barcellona. Non si tratta, a dire il vero, del primo bambino al mondo nato da adozione embrionaria, come alcuni titoli lasciavano intendere. Negli Stati Uniti la pratica è in uso da anni; basti pensare che l'associazione californiana Nightlight Christian Adoption porta avanti il Programma "Snowflakes" di adozione degli embrioni congelati (Snowflakes Frozen Embryo Adoption Program) dal 1997: nel maggio di quest'anno i bambini nati da adozione di embrione erano 81, a partire da un nucleo di circa 140 famiglie potenzialmente adottive. A riportare il dato è stato lo stesso presidente Bush, nel discorso pronunciato alla Casa Bianca il 24 maggio 2005, alla presenza di 21 fra tali famiglie adottive.

Bush, che nel 2002 aveva lanciato e sostenuto la campagna "adotta un embrione", ha rivolto alle famiglie parole incoraggianti e piene di gratitudine: "Invece di eliminare questi embrioni creati con la fecondazione in vitro, o di consegnarli ad una ricerca che li distrugge, queste famiglie hanno scelto un'alternativa che proclama la vita. 21 bambini qui presenti oggi hanno avuto la possibilità di vivere con genitori che li amano. […] Questi bambini ci ricordano che non esistono embrioni "avanzati". Ogni embrione è unico e geneticamente completo, come ogni altro essere umano. E ognuno di noi ha iniziato in questo modo la sua esistenza. Queste vite non sono materie prime da sfruttare, ma doni. E lodo ciascuna delle famiglie che sono qui oggi per aver accettato il dono di questi bambini e avere offerto loro il dono del vostro amore" (G.W. Bush, President Discusses Embryo Adoption and Ethical Stem Cell Research, 24 maggio 2005).

Il programma Snowflakes, pubblicamente encomiato dal presidente Bush, è estremamente rigoroso: si basa – come per i percorsi di adozione dopo la nascita – su un attento abbinamento fra il bambino (in questo caso fra i genitori biologici) e la famiglia adottiva, su un periodo di preparazione degli aspiranti genitori, sul monitoraggio e sull'assistenza alla famiglia anche dopo la nascita, su possibili forme di interazione fra la famiglia biologica e quella adottiva (qui a differenza di quanto avviene per le "normali" adozioni). Anzi, allo scopo di sensibilizzare le coppie che ricorrono alla fecondazione in vitro sull'imprescindibile dignità di ogni embrione-figlio, si ammette che siano i genitori biologici a determinare e scegliere le caratteristiche della famiglia adottiva.

Lo sfondo etico del discorso potrebbe essere questo: l'adozione degli embrioni crioconservati non è una procedura auspicabile in sé e per sé, in quanto prevede comunque la creazione e il congelamento di embrioni in vitro, ma è preferibile alla loro uccisione, sia a fini di ricerca che per il periodico "smaltimento" degli embrioni rimasti inutilizzati. L'adozione, in realtà, riesce a porre rimedio solo ad uno dei mali prodotti dalla fecondazione in vitro, ovvero il rifiuto e/o l'abbandono di embrioni in provetta, solitamente perché le coppie che si sottopongono ai cicli di riproduzione assistita "hanno già completato il proprio desiderio riproduttivo", come spiega la dottoressa Olga Serra, direttrice del Programma dell'Istituto Marques (Gerard, Il primo bambino nato da un embrione "adottato", "il Giornale", 3 settembre 2005, p. 15). Non può invece lenire (e può anzi incentivare) il male della fecondazione artificiale, quale modalità intrinsecamente indegna di procreare.

La campagna di Bush, il programma Snowflakes, forse il programma dell'Istituto Marques e molti interventi autorevoli di questi mesi – fra cui quello del professore P. Fernando Pascual, L.C., docente di filosofia e di bioetica all'Ateneo Pontificio "Regina Apostolorum" di Roma – hanno posto l'attenzione sulla differenza non solo linguistica fra adozione e donazione. La donazione degli embrioni è una pratica utilizzata in molti centri di riproduzione assistita, in conformità alle legislazioni esistenti, e si riferisce ad una fra le possibili "destinazioni" degli embrioni soprannumerari. La adozione è un termine usato per indicare l'intenzione di proteggere la vita di embrioni umani creati in precedenza e abbandonati dai genitori biologici.

Dice P. Pascual: "La logica dell'adozione consiste nel riconoscere il valore della vita dell'embrione congelato, e nell'offrire a tale vita una opportunità di seguire il suo cammino naturale. La logica della donazione, al contrario, vede l'embrione solo come oggetto desiderabile per genitori distinti da quelli biologici, un embrione che non avrebbe valore in se stesso se non in quanto visto come soddisfazione di un desiderio, il quale va contro la dignità intrinseca propria di ogni vita umana, anche nelle sue fasi iniziali." (F. Pascual, El problema de la acumulación y abandono de embriones congelados: algunas consideraciones éticas, in "Ecclesia. Rivista di cultura cattolica", 18, 2004, pp. 339-352).

Tuttavia, il confine fra i due concetti non è facilmente rintracciabile. Di fatto, proprio in virtù della possibilità di "donare" gli embrioni previsto dalla legge spagnola è stato possibile avviare il programma dell'Istituto Marques, con la decisiva "variante" dell'adozione. E anche negli Stati Uniti il punto di partenza è stato la pratica, invalsa in molti centri, alla compra-vendita di embrioni umani. In Italia, grazie alla legge 40, tali possibilità aberranti di "gestione" degli embrioni non sono ammesse: né la distruzione, né l'utilizzo a fini di ricerca, né la "donazione", né l'eterologa.

Occorre dunque valutare attentamente se un'azione di per sé eticamente lecita come l'adozione di un embrione – lecita e ammirevole come ogni adozione di un bambino abbandonato (cfr. E' possibile adottare gli embrioni? Intervista al teologo morale padre Thomas Williams, Zenit, 13 maggio 2005) – non possa diventare il grimaldello con cui si introducono surrettiziamente pratiche doverosamente vietate, come la strumentalizzazione degli embrioni o la fecondazione artificiale eterologa. Che è quanto dire: posta la liceità del principio dell'adozione, occorre valutarne l' opportunità nel nostro panorama sociale e legislativo.

Un primo requisito indispensabile sarebbe senza dubbio il controllo sul divieto di crioconservazione: l'adozione non può diventare un incentivo al congelamento di embrioni. Dovrebbe essere strettamente riservata al migliaio di embrioni che attualmente risultano "abbandonati". Il rischio infatti è che, con l'avvicendarsi degli scenari politici e delle pressioni culturali, le crioconservazioni ammesse eccezionalmente dalla legge 40 diventino gradualmente ordinarie, coperte magari dall'ingannevole atto di "donazione" degli embrioni "superflui".

Un secondo importante requisito è stato ben individuato da P. Pascual in una recente intervista radiofonica: i richiedenti devono essere una famiglia, cioè un uomo e una donna regolarmente coniugati. Anche la legge n. 149 del 2001 precisa che "l'adozione è consentita a coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni [oppure stabilmente conviventi nei tre anni precedenti il matrimonio, n.d.a.]. Tra i coniugi non deve sussistere e non deve avere avuto luogo negli ultimi tre anni separazione personale neppure di fatto" (art. 6, cc. 1 e 2).

Occorre in terzo luogo scongiurare qualunque ricorso alla selezione genetica embrionale, peraltro categoricamente vietata dalla legge 40. Rimarrebbe unicamente la possibilità di scegliere gli embrioni ritenuti, ad un'indagine osservazionale, più idonei all'impianto, come avviene comunemente nei cicli di fecondazione artificiale. Tale condizione comporta sempre la disponibilità dei genitori adottivi ad accogliere figli disabili, dal momento che non può esservi certezza sullo stato di salute del nascituro. È infatti chiaro che – come esige la procedura del programma Snowflakes – la coppia adottante non può ricorrere successivamente all'aborto.

Vi sono poi risvolti di carattere psicologico e psico-relazionale che investono la famiglia adottiva. Proprio la notevole "somiglianza" dell'adozione prenatale con la maternità biologica potrebbe indurre a rimuovere l'origine di quel figlio e a nascondergli la verità (cfr. C. Navarini, Ombre e luci… cit.). Le famiglie adottive si comportano di fatto come se avessero concepito un figlio, e fosse dunque interamente loro. Descrive con molta lucidità tale esperienza una donna americana che ha adottato tramite Snowflakes: "portare in grembo i miei figli adottivi ha significato per me poter vestire i panni della maternità, frequentare corsi pre-parto, sentire i miei bambini scalciare nella pancia e andare in giro dondolando come fanno le donne incinte. I miei sogni di gravidanza e di genitorialità erano soddisfatti!". In ultima analisi, bisognerebbe giudicare la reale percorribilità della via dell'adozione di fronte ad una proposta di legge concreta. L'unico atteggiamento corretto, nel frattempo, è quello di mantenere in vita gli embrioni nell'unico modo possibile, cioè lasciandoli in stato di crioconservazione. Anche perché, nonostante il limite di quattro o cinque anni posto (forse su base statistica) dalla maggior parte dei paesi, nessuno sa davvero quando un embrione crioconservato non sia più trasferibile in utero. Così, nel dubbio, all'Istituto Marques si trasferiscono anche embrioni congelati da più di dieci anni. E Gerard era nel freezer da sette anni.


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