Il 7 luglio 2005 a Londra sono state attaccate libertà, democrazia e pacifica convivenza, così come purtroppo era già accaduto a New York e a Madrid.
Sono stati colpiti nel cuore tutti quelli che credono nella centralità del rispetto della vita umana, che non può che essere il fondamento di qualsiasi civiltà.
Non esiste popolo che non sia minacciato da questo odio cieco e da questa furia suicida; persino il mondo islamico moderato, come dimostra l’assassinio dell’ambasciatore egiziano in Iraq, è sotto la minaccia dei fanatici di Al-Qaeda.
E’ ormai chiaro che questi attentati vigliacchi non risparmino nessuno e non sono una risposta violenta alle politiche neo-imperialiste dell’Occidente, come va dicendo in maniera un po’ incosciente la nostra sinistra. (Fornire delle giustificazioni ai mandanti di queste stragi significa spalleggiare il terrorismo più barbarico della storia, perciò finiamola… o meglio: finitela!)
L’attentato a Londra in questo è emblematico: la capitale inglese è una delle città più tolleranti e multietniche d’Europa, dove il mondo islamico è stato fatto integrare senza grossi problemi e gode di importanti diritti, tanto che ci sono islamici che occupano posti di rilievo al vertice della società inglese, nessuna ghettizzazione, nessuna discriminazione. Dunque, quale motivo per gridare alla jihad?
Anche la Francia le ha tentate tutte per cercare la strada dell’integrazione e della tolleranza, ha una sua importante comunità islamica, eppure anch’essa non può dirsi tranquilla.
E’ vero, bisogna stare attenti a non confondere Islam moderato coi fondamentalisti di Al-Qaeda, ma la domanda è d’obbligo: dove vengono reclutati i kamikaze? In parrocchia certamente no! E ancora: quando vedremo un islamico denunciare un kamikaze o collaborare con la giustizia per aiutare la lotta al terrorismo?-
Questi sono interrogativi importanti perché l’Islam moderato deve dimostrare la sua neutralità, se vuole davvero fugare tutti i dubbi e isolare i terroristi, al di là di formali prese di distanza.
Adesso la palla passa ai governi che dovranno cercare risposte immediate ed incisive.
Per quanto riguarda la politica di casa nostra, mi sembra ovvio che la cosa più sbagliata in questo momento è gridare al ritiro delle truppe dall’Iraq, come stanno facendo i “zapatisti” Bertinotti e Pecoraro Scanio (non Rutelli e Prodi), perché complicherebbe non solo il processo di democratizzazione di quel Paese, ma anche la lotta globale al terrorismo.
Bisogna aumentare gli sforzi e tenere alta la guardia, e non dobbiamo avere paura di essere equivocati se diciamo che questo terrorismo muove i passi nell’ombra delle moschee e che si sta colpendo la nostra civiltà, i nostri diritti e le nostre libertà. Abbiamo un’identità, difendiamola!
Renato Scattarella