
Ricordate Duel, il primo film importante di Steven Spielberg (1971)?
Un automobilista si accorge di essere braccato da un gigantesco camion: non sa chi lo guida, non sa perché, ma sa solo che dovrà fuggire disperatamente - in un crescendo serrato - se non vorrà essere travolto.
Un film che è restato impresso nella memoria di molti. Di certo - al di là delle chiavi di lettura metaforiche che ne sono state date - esprime il disagio inconscio di molti automobilisti alle prese con questi "bisonti" della strada.
In Italia la cronaca estiva ci presenta con tragica puntualità il conto delle vittime di incidenti stradali, che costituiscono una delle prime cause di mortalità nel nostro Paese. Le cause di questo fenomeno sono molteplici, e conseguentemente sono diverse ed articolate le strade da intraprendere per cercare una soluzione. In questa sede vogliamo analizzare proprio il problema costituito dagli autotreni - i cosiddetti TIR - che procurano un numero di incidenti mortali in percentuale nettamente superiore a quella dei veicoli circolanti.
Come intervenire?
Innanzitutto, accrescendo la severità delle misure di sicurezza (adeguatezza dei veicoli, limiti di velocità, ecc.) e dei controlli. Gli strumenti tecnici (scatole nere, limitatori di velocità) esistono; ma troppo spesso c'è un'eccessiva 'elasticità' nell'applicare le sanzioni, previste da bellissime leggi che restano sulla carta. Ebbene, se questa 'elasticità' procura danni in tutti i campi, diviene criminosa quando procura perdite di vite umane.
Altra via da percorrere è quella della diminuzione 'strutturale' della probabilità di incidente, possibile con la riduzione dei trasporti merci su gomma, che in Italia sono molto superiori a quanto avviene negli altri Paesi, dove è più sviluppato il trasporto su rotaia, per via fluviale, su canali.
Se ne parla da anni, ma cosa impedisce la trasformazione, almeno parziale, delle modalità di trasporto?
Una prima causa risiede nella considerevole quota di merci alimentari, spesso deperibili, che costituiscono l'oggetto dei trasporti italiani. Questa è una causa difficilmente risolvibile, perché il trasporto su gomma consente una velocità difficilmente ottenibile per altre vie. Ma non tutte le merci hanno una deperibilità immediata, ed esistono modalità di trasporto 'modulare' (gomma + rotaia, ad esempio con camion che salgono direttamente sui treni merci, o con stazioni attrezzate per la movimentazione dei containers) che consentono di contenere notevolmente l'aumento di tempi (e di costi) rispetto al trasporto su gomma.
La causa principale, piuttosto, è la carenza di infrastrutture (ferrovie, porti, nodi di scambio), dovuta ad una cronica mancanza di programmazione a lungo termine di noi Italiani: gli investimenti costosi che non producono risultati immediati non portano voti... A questo si aggiunge la demagogia di chi, di fronte alle grandi opere, grida subito allo scandalo, alla cementificazione, ecc. Un conto è vigilare sulla correttezza degli appalti (cosa giustissima, che non fa quasi nessuno); altro conto è trovare il pretesto per impedire ogni realizzazione.
Non secondarie sono le responsabilità degli ecologisti, bravi a strillare contro l'inquinamento dei veicoli a motore, ma pronti a opporsi a ogni proposta alternativa. L'Alta velocità ferroviaria, per fare un esempio, è una realizzazione assolutamente necessaria, che per fortuna procede. Ed altrettanto meritorio è il Piano delle Grandi Opere finalmente finanziato e avviato dall'attuale Governo.
Un'altra causa, non nascondiamocelo, è l'importanza che la Fiat ha sempre avuto nell'industria del nostro Paese. Privilegiare il trasporto su strada sembrava la via per sostenere questa fondamentale - e influente - realtà industriale. Eppure la crisi attraversata dalla Fiat negli ultimi anni dimostra quanto sia miope e inutile una politica 'protezionistica'. Le industrie si difendono costringendole a stare sul mercato, ad essere competitive, a puntare sull'innovazione, sulla qualità, sull'esportazione.
Da ultimo, una resistenza sommersa ma potente è quella fatta dai "padroncini", i camionisti timorosi di perdere il lavoro con una riconversione del sistema dei trasporti. Ma un briciolo di intelligenza economica dovrebbe rivelare che i posti di lavoro non restano mai sempre gli stessi (altrimenti avremmo ancora i lustrascarpe o i fabbricanti di piegabaffi), ma cambiano in un'economia che si sviluppa. Una riconversione del sistema dei trasporti non avverrebbe dall'oggi al domani, ma darebbe ai lavoratori in esubero il tempo di ricollocarsi.
Insomma, è ora di capire che le soluzioni più sensate sono necessariamente destinate ad affermarsi. Accorgersene subito serve a migliorare i conti pubblici e i servizi, a sostenere la crescita industriale e, nel caso dei TIR tolti dalla strada... a salvare vite umane.
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