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Libri - Recensioni e Profili
"Denaro e Paradiso. L’economia globale e il mondo cattolico" Stampa E-mail
Un banchiere cattolico insegna come produrre ricchezza per il Regno dei Cieli
      Scritto da Sandro Magister
11/10/04
Ultimo Aggiornamento: 05/10/11

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Rino Cammilleri, Ettore Gotti Tedeschi
Denaro e Paradiso. L’economia globale e il mondo cattolico

ed. Lindau, Torino 2010


Il libro (...) è scritto in forma di colloquio. A porre le domande è Rino Cammilleri, scrittore e storico cattolico di orientamento tradizionalista. A rispondere è Ettore Gotti Tedeschi, presidente per l’Italia del Banco Santander Central Hispano, prima banca di Spagna e una delle maggiori d’Europa, consigliere d’amministrazione del Sanpaolo IMI, unica banca italiana quotata a Wall Street, e della Cassa Depositi e Prestiti, la banca del governo italiano, professore all’Università Cattolica di Milano (oggi è stato nominato presidente dello IOR, l'istituto finanziario del Vaticano, ndr).

Gotti Tedeschi nega che esista una “economia cattolica”. Gli basta operare in economia da cattolico, e non lo vela. Cita ammirato José Maria Escrivà de Balaguer, il santo fondatore dell’Opus Dei, e don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione. Gli studiosi con cui si dice più in sintonia sono i cattolici liberisti Michael Novak, Robert Sirico, Dario Antiseri e Flavio Felice, più Friedrich Hayek (1899-1992), maestro della scuola economica austriaca, e Samuel Huntington, autore di “The Clash of Civilizations”. Rivendica senza esitazioni “la superiorità di un’economia ispirata alla morale cristiana”.

La sua diagnosi sullo stato attuale del mondo – in sintonia con quella del cardinale Ruini – è che “il progresso scientifico e tecnologico come risolutore di tutto è la superstizione di questa epoca, quasi una nuova idolatria”; che “questa nuova civiltà pretende di gestire quantità e qualità degli uomini tramite la biorivoluzione”; e che le Chiese, in quanto si oppongono a tale pretesa, sono divenute “il potere alternativo da abbattere”.

È una diagnosi che riguarda anche l’economia mondiale: da Keynes in poi – sostiene Gotti Tedeschi – “alla morale cattolica fu definitivamente chiesto di non occuparsi più di cose economiche, lasciando agli scienziati questo compito”. È prevalso un “machiavellismo economico” che sacrifica l’uomo al potere e al profitto.

Eppure questo esito – dice Gotti Tedeschi – non sta scritto nel destino dell’economia di mercato. “Il capitalismo nasce in casa cattolica ad esaltazione della dignità dell’uomo”; nasce nell’Italia del XIII secolo teorizzato da teologi francescani, “quando il protestantesimo, cui la nota tesi di Max Weber attribuisce la nascita dello ‘spirito del capitalismo’, era ancora di là da venire”. È il protestantesimo, semmai, il responsabile dei suoi successivi difetti: affarismo, decisionismo, laissez-faire, legge del più forte. Nell’Inghilterra dove decolla la rivoluzione industriale moderna con i suoi corollari di sfruttamento, la Chiesa cattolica non c’è più. E questo spiega perché il mondo cattolico sia progressivamente diventato diffidente e ostile nei confronti della libera economia di mercato. C’è voluto Giovanni Paolo II con la sua enciclica “Centesimus Annus” del 1991 per richiamare i cattolici ad aver fiducia nella bontà del capitalismo e del profitto. “Avrebbero dovuto proporre papa Karol Wojtyla per il Nobel in economia, e non per altri suoi scontati contributi”.

Su povertà e ricchezza, Gotti Tedeschi rompe gli schemi cattolici consueti. Dice no al pauperismo: “la povertà, in senso evangelico, bisogna volerla e non subirla”. Dice un sì condizionato alla ricchezza terrena, che è giusto, anzi, doveroso produrre “come mezzo per fare il bene”. Il vero ricco secondo il Vangelo “è chi possiede il Regno dei Cieli”. Che è altro da un cospicuo conto in banca, “anche se le due cose non sono in contrapposizione”.

Circa gli sviluppi del mercato globale, Gotti Tedeschi vede in atto un processo secondo cui “la morale debole caccia quella forte”. L’etica cattolica, “la più rigida nella valutazione di ciò che è bene e male”, è la prima a essere espulsa. “Si cerca di giungere alla globalizzazione delle religioni evidenziandone solo gli elementi comuni”. Dialogo e solidarismo diventano le maschere di questa omologazione che punta a cancellare, specie in Europa, le identità culturali forti e in definitiva il primato della persona umana.

Gotti Tedeschi tiene fermissimo che la morale cattolica applicata all’economia è in via di principio la migliore sul campo, più di tutte le altre morali religiose e laiche. Tuttavia – riconosce – perché possa essere oggi applicata con successo “occorrerebbe che tutti gli individui condividano una visione soprannaturale che ponga l’uomo al centro di tutto nella sua sacralità: una condizione da santi nel Paradiso”.

La conclusione del libro è conseguente: “La morale cattolica in economia può essere vissuta e praticata individualmente, non come regola collettiva. Ma questo non deve sorprendere: la ricerca della salvezza è individuale, così come l’acquisizione dei meriti. Il bene dobbiamo volerlo, cercarlo e trovarlo con sforzo, sacrificio e grazia. Ogni uomo, giocandosi appieno nell’ambito pubblico dell’economia, è chiamato a rispondere individualmente alla chiamata della santità”.


Pubblicato su http://chiesa.espresso.repubblica.it.
Il libro, inizialmente edito da Piemme nel 2004, è uscito nel 2010 - per i tipi di Lindau - in una nuova edizione ampiamente rinnovata alla luce
della Caritas in Veritate



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