È un risultato elettorale, quello del 2004 negli Stati Uniti, che ha non poche ricadute nel dibattito politico italiano.
Lo scontro repubblicano-democratico, questa volta, ha assunto per l’Italia un significato diverso che in passato. I motivi sono tutti politici, ed affondano le radici in questa legislatura. L’Italia, storico alleato degli USA dopo la Liberazione, ha vissuto cinquant’anni di alti e bassi nei rapporti diplomatici con Washington, mantenendosi però sempre un punto di riferimento importante per gli Stati Uniti all’interno del continente europeo.
L’attuale governo guidato da Berlusconi, come noto, ha fatto di più: ha deciso di rinsaldare - senza se e senza ma - l’antico rapporto di amicizia con gli USA, legando indissolubilmente la sua leadership con quella del presidente americano uscente, G. W. Bush, facendo così dell’Italia un irriducibile alleato politico e militare degli States, come mai era avvenuto prima.
Quella del governo italiano è stata senza dubbio una decisione coraggiosa, che ha reso il nostro Paese protagonista, agli occhi di critici ed estimatori, della politica internazionale.
Questa scelta di campo aveva però il rovescio della medaglia. Da un lato l’Italia, con il suo atteggiamento decisionista, ha mostrato un carattere tutto nuovo e per molti versi apprezzabile (abbiamo sempre avuto la fama di nazione pavida, indecisa e opportunista); dall’altro il Paese si è trovato in una posizione delicatissima, sacrificando certi rapporti con l’Ue e con alcuni partners europei, Francia e Germania su tutti, in favore di una politica spiccatamente atlantista.
Quindi le conseguenze del voto americano si preannunciavano più che mai interessanti. Ebbene: ha vinto Bush, il cambio al vertice della Casa Bianca non c’è stato, è sfumato il rischio di un forte scossone per la politica estera Italiana.
Se avesse vinto Kerry la tratta Roma – Washington avrebbe potuto diventare molto meno trafficata di quanto lo è oggi. Senza contare che gli equilibri all’interno dell’Ue potevano cambiare in negativo, sancendo la vittoria politica dell’asse franco-tedesco.
Viceversa, la conferma di Bush potrebbe influire sulle elezioni nostrane, rafforzando la posizione di Berlusconi e rendendogli meno insidioso il percorso verso la riconferma a Palazzo Chigi.
Se l’America è stata indecisa fino all’ultimo, in Italia era più diffuso un tifo contro Bush (un po' perché associato alla guerra, un po' perché i mass media tifavano in prevalenza per Kerry). Ma questo è un altro discorso: l’emotività di quella parte degli Italiani non ha inciso troppo nelle scelte di politica estera di questo governo e del suo leader, il quale ha più volte palesato il sostegno incondizionato al leader repubblicano. I fatti gli daranno ragione?
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