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Religione e società - Notizie e Commenti
Con Cristo "in articulo mortis" Stampa E-mail
Convertìti: i grandi uomini che hanno scoperto la Fede facendo un bilancio della loro vita
      Scritto da Gabriele Vecchione
09/02/09

Francois-Joseph Sandmann, Napoleone a Sant'Elena (particolare)“Tante colpe hanno gli uomini di Chiesa, tanti meriti ha la Chiesa”, amava ripetere Jean Guitton, il filosofo cattolico accademico di Francia. È innegabile, tra gli altri, il merito dell’apostolato presso i moribondi, che spesso, dopo una vita tribolata e sofferta (la realistica “valle di lacrime”), passano nella “stanza accanto” (C. Péguy) finalmente con speranza e sollievo.

Ed è così che molti, che hanno passato l’intera vita a combattere la religione e rinnegare Dio, si trovano poi, in articulo mortis, a fare i conti con realtà altre, misteriose ma quanto mai a portata di mano. Predicatori dell’ateismo, profeti di “religioni politiche”, seguaci del volterriano anti-cattolicesimo virulento si trovano a fare i conti con quel Dio che, finalmente, al capezzale, è avvertito vicino. Si trovano quasi faccia a faccia con quel Dio che – dicevano – nulla aveva a che fare con la loro vita quotidiana; e ad un passo dal burrone dell’eternità dove sanno di dover cadere. Infine, contro ogni rispetto umano, rimangono impigliati nella rete ben salda della misericordia divina, non dopo aver richiesto la presenza di qualcuno o qualcosa che era bollato come “superstizione”, “fanatismo popolare”, “roba da medioevo”: preti, suore, santini, acquasantiere, sacramenti…

Non parleremo di grandi convertiti la cui (ri)scoperta di Cristo produce un’autocombustione interiore: non parleremo del “fariseo figlio di farisei” (Paolo di Tarso) che portò il Cristianesimo alle genti, né di Blaise Pascal che, in una notte insonne ed inquieta, quella del 23 novembre del 1657, gridò:

“Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe, non dei filosofi o dei dotti. Dio di Gesù Cristo. Egli non si trova che per la via insegnata dal Vangelo. Io me ne ero separato. Che io non ne sia separato in eterno.
La vita eterna è questa: che conoscano te, solo vero Dio, e Colui che hai mandato, Gesù Cristo.
Gesù Cristo!
Gesù Cristo!
Io me n’ero separato; io l’ho fuggito, rinnegato, crocifisso.
Che io non ne sia più separato.”

Non di Andrè Frossard, editorialista comunista di Le Monde, che entra, per caso, in una chiesa e ne esce naturaliter catholicus; né di Gilbert Keith Chesterton che divenne un ortodosso cattolico dopo aver letto le favole e testato il miracolo del confessionale. Non dell’ebreo Alfonso Ratisbonne che, in una cappella laterale di Sant’Andrea delle Fratte, vide Maria di Nazareth; né di Bruno Cornacchiola che, apprestandosi a scrivere un articolo contro il culto di Maria, se la vide al suo fianco che gli diceva di smetterla. Non di Alexis Carrell, positivista ateo e Nobel della medicina, che si convertì a Lourdes per essersi visto guarire istantaneamente, tra le sue mani, una moribonda a cui non dava un giorno di vita; né di Edith Stein che avvertì un terremoto spirituale dopo aver letto la vita di Teresa d’Avila. E di tanti altri che, ben lontani da nevrosi o alienazioni, o peggio da cretineria, sono caduti da cavallo e hanno incrociato lo sguardo di Gesù.

In questa sede parleremo di quei convertiti che solo sul letto di morte ricapitolano la vita in Cristo. Solo sul capezzale affrontano veracemente la questione di Dio e solo quando ormai sono agli ultimi momenti di una vita travagliata tirano fuori dal baule la fame di santità che avevano sempre nascosto: per rispetto umano, per convenzioni, per idee. Con Moravia, pensavano: “L’Aldilà, ovviamente, non esiste”, salvo poi porre un punto interrogativo all’affermazione apodittica moraviana e salvo poi darsi una risposta evangelica: “Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna” (Gv, 6,68).

Così Leonardo Sciascia, anticattolico di matrice volterriana, volle nelle mani un crocifisso d’argento (e non fu iniziativa di qualche pia donna, come qualche laicone imbarazzato ha goffamente spiegato, ma sua precisa volontà), volle funerali in Chiesa, volle che sulla lapide fosse scritto: “ce ne ricorderemo di questo pianeta”, lasciando scritto di volere questa frase perché “partecipo alla scommessa di Pascal”, puntando, presumibilmente, tutto su Dio: non è epitaffio di chi ha puntato tutto sul nulla.

Sandro Pertini, socialista anticlericale per una vita, in visita ufficiale (!) da Giovanni Paolo II gli si inginocchiò davanti. Al suo capezzale, al Gemelli, Woityla ricambiò la visita per pregare con lui, ma la moglie gli chiuse la porta in faccia costringendolo a dire il rosario fuori dalla porta della camera del Presidente Emerito.

Pochi sanno che Niccolò Machiavelli, il virulento fustigatore dei preti, dei Papi e della religione (che il suo Principe avrebbe dovuto usare, senza scrupoli, come instrumentum regni), morì con regolare viatico sacramentale: lo racconta J.J. Chevallier ne Le grandi opere del pensiero politico.

Probabilmente – non ve ne è certezza perché molti sudano freddo al solo pensiero e dunque negano a spada tratta – anche Antonio Gramsci (fondatore del Partito Comunista Italiano) morì con i sacramenti e dopo aver baciato un’immagine di s. Teresa di Lisieux. Anche quell’Antonio Gramsci, quindi, che aveva detto, sulla scia di Marx, che i militanti del Partito non dovevano neanche porsi la questione dell’esistenza di Dio: vietato farsi domande, bisognava uccidere la coscienza morale. Forse, in limine mortis, preferì concentrarsi sulla comunione dei santi piuttosto che sul “sol dell’avvenire”.

Ma la Misericordia è una rete in cui molti rimangono impigliati.
I rossi: Renato Guttuso, il pittore del Pci che dipinse gli imponenti funerali di Togliatti, morì “scandalosamente” convertito; alla stessa maniera Clemenceau, il capo della sinistra radicale francese, giacente nel capezzale di morte, disse alla suora che lo accudiva: “Sorella, se prega per me non mi dispiace”; si vocifera anche che Enrico Berlinguer sia morto secondo la pratica cristiana; e Loris Fortuna, il “socialista radicale” firmatario della legge sul divorzio, è morto dopo aver chiesto i sacramenti e qualche immaginetta da baciare.
E i neri: non è notorio, ma è certo che Benito Mussolini, nella prigionia abruzzese, lesse l’eccelsa Vita di Gesù Cristo dell’abate Giuseppe Ricciotti e se ne commosse, e forse si pentì di quando, durante un comizio, aveva sfidato Dio a fulminarlo se fosse esistito. Comunque, volle confessarsi e volle ricevere il SS. Sacramento più volte, dicendo ad un padre cappuccino: “sono diventato religioso anche nell’intimo”.

Una vicenda che ricorda quella di Napoleone Bonaparte che, semper giacobino, mandò in esilio Pio VII e negli ultimi giorni di vita scrisse cose bellissime meditando la vita di Gesù: “Io conosco gli uomini e perciò vi dico che Gesù Cristo non è un semplice uomo… Cristo è unico. Chi è quel morto che può conquistare la terra con un esercito fedele e devoto alla sua memoria? Chi può contare su soldati senza paga, senza brame di gloria terrena, votati solo ad ogni rinuncia? E con la promessa del martirio!...  L’unico, infatti, che abbia osato affermare categoricamente: «Io sono Dio» (che è ben diverso dal dire: «Io sono un dio») è soltanto Gesù: la storia non ricorda nessun altro individuo che si sia attribuito questo titolo nel suo preciso significato… In che modo questo giudeo, questo figlio d’un falegname, ha potuto farsi credere Dio, l’Essere per eccellenza, il Creatore del cielo e della terra e pretendere d’essere adorato e riuscire ad edificare un tempio costruito non con le pietre, ma nel cuore degli uomini, con un prodigio che trascende tutti gli altri prodigi? Ciò si spiega soltanto perché Egli è Dio!”.

Vogliamo essere rispettosi della sua ultima volontà (“non fate pettegolezzi”), ma Cesare Pavese, prima di suicidarsi disperato per la sua solitudine, spesso sperimentava l’Ego te absolvo di Gesù pronunciato dalla bocca del sacerdote. Molti guardiani dell’ortodossia della sinistra hanno tentato di velare il lato “religioso” di Pavese che, sul comodino accanto al letto dove morì, lasciò un biglietto con su scritto: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono” inserito nel suo Dialoghi con Leucò che si conclude con un’invocazione a Dio: “Oh, Tu abbi pietà di me”. Si può discutere se la sua ricerca religiosa abbia avuto successo, eppure si legga cosa annotava nel suo diario: “Ci si umilia nel chiedere una grazia e si scopre l’intima dolcezza del regno di Dio. Quasi si dimentica ciò che si chiedeva: si vorrebbe soltanto goder sempre quello sgorgo di divinità. È questa senza dubbio la mia strada per giungere alla fede, il mio modo di essere fedele. Una rinuncia a tutto, una sommersione in un mare di amore, un mancamento al barlume di questa possibilità”. Ed ancora: “Lo sgorgo della divinità lo si sente quando il dolore ci ha fatto inginocchiare. Al punto che la prima avvisaglia del dolore ci dà un moto di gioia, di gratitudine, di aspettazione...”. Qualche pagina più avanti: “Perché quando riesci a scrivere di Dio, ti senti sorpreso e felice come chi giunge in paese nuovo?... Ecco perché il credente è sano, anche carnalmente - sa che qualcuno lo attende, il suo Dio”.

Ed infine, Sandro Curzi, il giornalista comunista della prima ora, morto nel novembre 2008. Appena due mesi prima, rilasciava un’intervista a Paulus, la rivista dei paolini, in cui affermava di non avere il dono della fede, ma riconosceva: “Non credo nelle soluzioni miracolistiche come sognava la mia generazione con la rivoluzione. Però, se riflettiamo e guardiamo alla storia dell’umanità, mi chiedo: se non avessimo avuto il Cristo, forse, non avremmo fatto una serie di ragionamenti sull’uguaglianza”; parlando dell’Apostolo delle genti, diceva che “Paolo è portatore del fatto. Cristo è un fatto, e ci dice che l’uomo dovrebbe avere più coraggio”; ed infine – sembra di leggere una battuta di Peppone Bottazzi dalla sceneggiatura di un Don Camillo – faceva la sua professio: “Questa figura (Gesù, ndr) mi ha sempre affascinato. A casa, nel mio studio, ho il crocifisso, perché il suo messaggio è straordinario e l’ho sempre sentito vicino”.

Possiamo ben dire che il cristianesimo, o meglio la Persona di Cristo, continua ad affascinare i cuori degli uomini.



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