Tex Willer
Quando si parla, e si scrive, a proposito di fumetti, il tono è spesso sarcastico, ironico, nonché velato da una malcelata consapevolezza: il fumetto è una forma d’arte, nonché di comunicazione, minore. Minore sia per la forma utilizzata, il disegno, sia per gli argomenti trattati, considerati senz’altro infantili e adatti ad un pubblico di età medio-bassa o comunque di scarse capacità culturali. È evidente che si tratta di stereotipi in larghissima parte infondati e che denotano una notevole ignoranza, la quale va intesa nel senso etimologico del termine, e cioè come non conoscenza di qualcosa.
Negli ultimi ottant’anni, infatti, il fenomeno fumetto ha conosciuto un’evoluzione grafico-contenutistica vertiginosa e inarrestabile. Solo di recente i media sembrano essersene accorti, ed iniziano timidamente a tributare al fumetto il rispetto e l’attenzione che merita.
In molti pensano che la realizzazione di un fumetto sia banale e semplice: errore madornale. Basti pensare che per scrivere trama e dialoghi ad uno sceneggiatore serve almeno un mese, così come ad un disegnatore riesce molto difficile disegnare più di una tavola al giorno! Per non parlare poi del delicatissimo ruolo degli inchiostratori, che possono esaltare le caratteristiche di un’opera e migliorarla, riuscendo nello stesso tempo a non coprire eccessivamente i disegni; e dei coloristi, divenuti ormai veri e propri esperti di computergrafica. Tutto questo lavoro serve, beninteso, a produrre un solo albo.
Le tematiche trattate, inoltre, sono sempre più spesso adulte e iperrealistiche, con un ventaglio di argomenti praticamente infinito; argomenti trattati con sensibilità, maturità e, spesso, vera e propria genialità.
Utilizzo volutamente questo termine, e non mi curo affatto di eventuali reazioni scandalizzate di qualche benpensante: se è lecito definire geniali poeti, scrittori, registi e musicisti, perché non dovrebbe essere così anche per i creatori di comics? Il Devilman del giapponese Go Nagai, ad esempio, è stato paragonato addirittura alla Divina Commedia per impatto narrativo ed immaginazione visionaria, ma l’elenco è, naturalmente, molto più lungo: il Batman di Frank Miller, Spirit di Eisner, Watchmen di Alan Moore, Spider-man di Stan Lee e Steve Ditko (e poi John Romita sr.), Titans di Wolfman-Perez, gli X- Men di Claremont e Jim Lee; in Italia l’immortale Tex, il bellissimo Dylan Dog di Sclavi,e poi ancora Hugo Pratt, Bonvicini… tanti, troppi per citarli tutti.
La complessità delle storie e dei personaggi, il respiro da “capolavoro” che si avverte leggendo alcune opere, danno al fumetto dignità d’arte compiuta e, soprattutto, emozionano generazioni di lettori, che spesso diventano collezionisti incalliti, discutono su internet dei loro personaggi con altri appassionati e pensano ad alcuni eroi come Superman sentendoli parte della loro vita, vere e proprie icone che il cinema ha reso più reali e, forse, immortali.