Viene definito il menestrello della canzone italiana, le sue ballate medievali e i suoi testi ricchi di poesia lo hanno reso celebre al pubblico italiano ed europeo.
In quasi trent’anni di carriera musicale è riuscito a trapiantare nella canzone italiana la sua passione per il fiabesco, che attinge al vastissimo repertorio di leggende popolari, soprattutto di derivazione francese, tedesca, inglese e irlandese, ma anche ebraica; da quest’ultima fonte il cantautore ha tratto il suo più grande successo: “Alla fiera dell’est”.
Lui dal canto suo, con la sobrietà e l’ironia che lo contraddistingue, preferisce definirsi un “discreto violinista prestato alla musica leggera”.
Ma Angelo Branduardi è molto di più. E’ un vulcano in piena pronto a scovare sempre nuove forme di commistione fra poesia e musica. Ha costruito negli anni, con originalità, un viaggio incantato attraverso le pagine sacre e profane del Medioevo e del primo Rinascimento, traducendo in musica gli scritti e gli episodi della vita di S. Francesco .
Il menestrello lombardo ha presentato al grande pubblico di oggi, non senza qualche rischio, le musiche che incantavano il pubblico di ieri, quello delle corti e delle piazze.
Oggi ritenta il successo, peraltro senza troppo cercarlo, con un album suggestivo, ricco di significati, alcuni di strettissima attualità.
Altro ed altrove è frutto di una raccolta di poesie di tutto il mondo che il cantautore ha cominciato a collezionare trent’anni fa. Antiche poesie popolari che hanno come tema centrale l’universale sentimento dell’amore, elemento comune a popoli e paesi diversi tra loro per culture e tradizioni.
Nel disco di Branduardi si va dal Nepal del primo singolo Laila Laila , alle atmosfere che suscita l’antica lirica irlandese, dalla sensualità della poesia araba al rigore della tradizione giapponese, dai versi degli indiani d’America a quelli liberamente ispirati a Catullo : “Ille mi pare esse deo…” . Dalla poesia persiana dell’anno mille ad una anonima canzone della tribù africana dei Kabili, dalla poesia libica alla spiritualità mistica di un poeta Pashtun che canta l’insensato amore di una falena per la fiamma di una candela.
Particolare curioso del nuovo disco è che, al contrario di quanto si potrebbe pensare, non è frutto di un lungo viaggio in giro per il mondo. Branduardi, infatti, ha sempre dimostrato di tenere più ad un viaggio mentale piuttosto che al raggiungimento materiale di un mèta.
D'altronde, come mostra il titolo del disco, la musica non è mai qui ed ora ma è sempre altro ed altrove.
Pertanto l’artista non ci fa rivivere la realtà fisica di luoghi sconosciuti, ma ci presenta un sogno fatto di immagini, suoni e curiosità di terre lontane nel tempo e nello spazio, colpendo il narcisismo dell’ “uomo occidentale” che non guarda al di là dei propri confini concettuali e che sottolinea ogni diversità: in fondo gli uomini, anche se sotto cieli diversi, ardono tutti delle stesse passioni.