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Politica - Notizie e Commenti
Storia di due Scalfari che si odiano: qual è quello vero? Stampa E-mail
La "coerenza" del guru della sinistra vista da... sinistra
      Scritto da Piero Sansonetti
13/07/07

scalfari_eugenio.jpgPubblichiamo un estratto del fondo del direttore di Liberazione - quotidiano di Rifondazione Comunista - del 13 luglio 2007


Domenica scorsa Eugenio Scalfari ha scritto un editoriale su Repubblica, intitolato “Quando il sindacato si accordò con Maroni”. In questo editoriale Scalfari ha svolto una polemica feroce contro il sindacato e Rifondazione comunista – spingendosi fino a chiedere le dimissioni di Fausto Bertinotti dalla presidenza della Camera – colpevoli di non accettare oggi quello scalone (cioè l’innalzamento improvviso dell’età pensionabile) che tre anni fa avevano concordato con il ministro del Lavoro Roberto Maroni. Nessun dubbio sul senso dell’articolo di Scalfari.

(...) La seconda tesi esposta nell’articolo di ieri (con cui Scalfari replicava alle critiche mossegli per l'editoriale della domenica precedente, ndr) è che non esiste uno Scalfari giovane e uno Scalfari vecchio, cioè non esiste una differenza di pensiero tra le varie fasi dello scalfarismo, come Franco Giordano e Liberazione avevano ipotizzato. Scalfari – dice Scalfari - è uno solo e il suo pensiero e le sue opinioni sono lineari e coerenti. Su questa seconda affermazione ci permettiamo di dissentire, con qualche argomento.

Abbiamo raccolto un paio di articoli che Scalfari scrisse quattro anni fa. Il primo è del 13 luglio del 2003 (oggi cade appena il quarto anniversario di quell’articolo) il secondo del 19 luglio. Ebbene, tutti gli argomenti usati in quei due articoli sono gli stessi, identici – probabilmente meglio sviluppati, cioè spiegati in modo più convincente – che oggi usiamo noi di Liberazione e che hanno usato i dirigenti di Rifondazione comunista. Se non ci credete, andateveli a leggere a pagina 2: li ripubblichiamo integralmente, perché sono molto interessanti, meritano.

Qui voglio trascrivere solo due o tre frasi, le più eclatanti, quelle contro le quali Scalfari stesso (ma lo Scalfari 2) ha polemizzato in modo così sprezzante nei suoi articoli di domenica e di ieri. Leggete questa, per esempio: «Siamo di fronte a una massiccia disoccupazione giovanile che si stenta a far diminuire. Come si concilia questo fenomeno e la politica che tende combatterlo con la permanenza più lunga al lavoro dei già occupati? Non si danneggiano in questo caso i giovani?» E poi leggete quest'altra frase, sempre scalfariana: «Cominciamo innanzitutto da una falsità sulla quale è stata costruita la leggenda metropolitana delle pensioni "rovinatutto": l'insostenibile disavanzo dell'Inps». Perché, forse non esiste un insostenibile disavanzo dell'Inps? - si chiede il lettore. «No», risponde Scalari, già dal titolo dell'articolo, che è di per sé, chiarissimo: «I conti truccati sull'allarme pensioni». Cioé, dice Scalfari, questo allarme pensioni è costruito ad arte e con argomenti falsi, da chi vuole tagliarle. Un po' la tesi di Giorgio Cremaschi…

Ora, che ci volete fare, ognuno ha diritto a cambiare idea tutte le volte che vuole, nella vita. Però sarebbe gentile se avvertisse i suoi lettori, specie quando le idee, anziché modificarle, le rovescia, e specie quando fornisce informazioni del tutto diverse da quelle fornite in precedenza, e su queste informazioni fonda le sue opinioni. E' troppo antipatico credere che le oscillazioni di Scalfari siano in qualche modo legate alle oscillazioni di quel pezzo di borghesia italiana alla quale ha fatto sempre riferimento? Può darsi che sia antipatico, ma probabilmente non è infondato. Ed è esattamente questo - l'oscillazione dei grandi interessi che provoca oscillazioni delle grandi opinioni - quello che rende difficilissimo il dibattito politico in Italia. Ieri Scalfari suggeriva a Franco Giordano di chiedergli scusa, non si sa bene perché. Noi non suggeriamo a Scafari di chiedere scusa a nessuno, però se avesse voglia di rileggersi un paio di volte i suoi articoli del 2003, non per "punizione", così, per conoscenza…


P.S.  Siamo d’accordo con Sansonetti nel sottolineare che è lecito “modificare” le idee, ma non “rovesciarle”; o, se accade, bisogna ammetterlo e spiegare perché ciò sia avvenuto. Altrimenti è legittimo il sospetto che i cambiamenti di posizione siano frutto non di una mutata consapevolezza, ma di una spregiudicata difesa di interessi (e Scalfari non è nuovo a tali cambiamenti...). L’incoerenza diventa allora grave, perché si traduce in una mancanza di credibilità.

Su un paio di cose, però, non possiamo essere d’accordo col direttore di Liberazione.

“L'oscillazione dei grandi interessi” di “quel pezzo di borghesia italiana alla quale ha fatto sempre riferimento” Scalfari non è un’oscillazione di interessi economici (quale logica avrebbe?), ma di interessi politici: la riforma delle pensioni non andava bene se a proporla era il Governo Berlusconi, va bene ora se difenderla significa difendere il Governo di centrosinistra. Scalfari e Sansonetti litigano solo su come condizionare l’attuale Governo.

La seconda annotazione da fare è che – al contrario di quanto sostiene Sansonetti – ha ragione il nuovo Scalfari, lo “Scalfari 2”, e torto il vecchio Scalfari.

L’innalzamento dell’età pensionabile è sacrosanto, significa superare un’anomalia tutta italiana, come abbiamo spiegato analiticamente nel nostro articolo sulla riforma delle pensioni approvata nel 2004. Qui ci limitiamo a contraddire un’affermazione dello Scalfari del 2003 ripresa (condividendola) da Sansonetti, laddove si sostiene che la permanenza più lunga al lavoro dei già occupati danneggerebbe i giovani disoccupati, perché non libererebbe “posti di lavoro”. Ebbene, si tratta di una grande fesseria, che gli economisti chiamano "errore del lavoro in blocco", cioè l’idea che vi sia una quantità fissa di reddito producibile e, quindi, di lavoro da distribuire. E' la stessa idea che ha timore della meccanizzazione (perché decurterebbe quella quantità di lavoro fissa), o che predica "lavorare meno, lavorare tutti".

In realtà, il reddito non è fisso, ma aumenta ogni anno; ed aumenta anche grazie alla creazione di nuovi e diversi posti di lavoro. Se i posti di lavoro fossero fissi, negli ultimi trent'anni non avremmo avuto l'ingresso sul mercato del lavoro di dieci milioni di nuovi occupati, di cui otto milioni di donne! E questo nonostante un aumento dell'età pensionabile che in parte c'è già stato; nonostante la grande informatizzazione e meccanizzazione dei processi produttivi, che hanno eliminato vecchie tipologie di lavoro (per combattere la disoccupazione bisognava mantenere in vita la figura del "fabbricante di ghette"?). Si noti altresì che Paesi come Stati Uniti e Giappone, che hanno orarî di lavoro molto più elevati di quelli dell’Europa continentale, hanno tassi di disoccupazione molto più bassi...

Queste cose lo Scalfari nel 2003 certamente le sapeva, anche se fingeva di non saperle perché così gli faceva comodo. Sansonetti, invece, temiamo non le sappia. Cosa sia peggio, giudicate voi.



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