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Politica - Notizie e Commenti
Veltroni specchio di Berlusconi? Stampa E-mail
Gli scenari aperti dalla "discesa in campo" del sindaco di Roma
      Scritto da Francesco Cassani
28/06/07
Ultimo Aggiornamento: 25/06/10
veltroni_deniro.jpg
Veltroni l' "amerikano", tra la bandiera a stelle e strisce e Robert De Niro
Le accuse che rivolgiamo agli altri, spesso, sono lo specchio dei nostri difetti. Così sembra che la sinistra, ossessionata dalla critica al “berlusconismo”, abbia scelto di puntare sul suo migliore uomo-immagine, su quello che i sondaggi danno favorito, su colui che sembra capace di unire tutti perché sta ben attento a non dire nulla di concreto che possa scontentare qualcuno.
Stiamo parlando, naturalmente, di Silvio... - pardon! - di Walter Veltroni, l’uomo che gli apparati dei DS e della Margherita candidano alla guida del Partito Democratico.

Certo, le parole d'ordine evocate da Veltroni sono diverse da quelle di Berlusconi.
Quelle del Cavaliere sono il merito, la libertà, l’arricchimento.
Il sindaco di Roma, invece, ha inventato il “buonismo”, cioè quella melassa che parla di solidarietà senza spiegare come debba essere finanziata; che proclama il dialogo, sorvolando sul fatto che poi, alla fine, decide lui (e con pugno di ferro, come ben sa chi lo conosce a fondo); che invoca il rispetto, salvo accusare puntualmente l’avversario politico di tale mancanza. Il discorso di ieri a Torino non ha aggiunto granché ad un canovaccio che ormai Veltroni recita a memoria, anche se - in ossequio ad un'attenzione all'immagine sempre più ossessiva - questa volta ha preferito leggerlo da due "gobbi" laser.
Parole d'ordine diverse quelle di Berlusconi e Veltroni, dunque; ma che, in entrambi i casi, restano suggestioni. Quali siano le scelte concrete per realizzarle, appare secondario.

L’attenzione ai media e alla comunicazione, poi, è ugualmente intensa.
La pubblicità e la televisione sono gli strumenti preferiti da Silvio; il mondo del cinema e dello spettacolo, nonché la carta stampata, sono i territori coltivati da Walter. Per veicolare quali contenuti?

E veniamo all’immagine.
Se Berlusconi è attento all’aspetto fisico (lifting, trapianti di capelli), Veltroni cura quello simbolico, arrivando addirittura a cambiare il proprio nome di battesimo. Quello che gli era stato imposto da mamma e papà era Valter; ma qualche anno fa il nostro ha voluto sostituire la V iniziale (che gli sembrava un po’ provinciale) con una bella W ‘americana’.
Anche lo stile, gli atteggiamenti, sono ostentati. Guascone ed esuberante l’uomo di Arcore; sorridente e sempre legato ad un forzato understatement il politico romano.

La coerenza? A volte è un optional.
Berlusconi litiga con Bossi e poi lo riabbraccia, fa battute ad effetto e poi le smentisce, assicura che risolverà il conflitto d’interessi e poi sostiene che non esiste.
Veltroni annuncia che dopo l’esperienza di sindaco si ritirerà dalla politica (riguardatevi le sue dichiarazioni in un'intervista a Fazio...), che andrà a fare il volontario in Africa... ed eccolo qua! Il dovere (il potere?) lo chiama. Veltroni è anche l'uomo capace, con incredibile candore, di sostenere che si iscrisse al Partito Comunista... perché era anticomunista!!!
Veltroni è però più abile nel suo 'ecumenismo' che somma furbescamente tutto e il contrario di tutto: targhe commemorative per i militanti dell'ultradestra; spazi e finanziamenti a go-go per oltre cento "centri sociali" dell'ultrasinistra a Roma.

Vogliamo concludere che Berlusconi e Veltroni - il centrodestra e il centrosinistra - sono uguali?
No. Il problema, ci sembra, è che in entrambi gli schieramenti si cerca nell’immagine la scorciatoia per non affrontare le proprie contraddizioni interne.

Berlusconi non è solo immagine: ha dato rappresentanza ad una generale voglia di liberazione dai vincoli statalistici. Ma non ha saputo (voluto?) andare fino in fondo su questa strada. Non ha voluto fare un’analisi seria della sconfitta del 2006, rifugiandosi nella contabilità spicciola dei ventimila voti in più o in meno. Dimenticando che chi ha governato bene, di solito, viene premiato dagli elettori con un margine molto più ampio. La scusa che “gli alleati non mi hanno permesso di fare di più” (senza spiegare che cosa) appare un po’ puerile.
Ora il Cavaliere afferma che la sua esperienza di Governo è stata migliore (o meno peggio?) di quella di Prodi; e ha ragione da vendere. Ma basta questo per ricandidarsi per la quinta volta consecutiva (con due sconfitte alle spalle) alla guida del Paese? Gli Italiani non hanno diritto di sapere qual è il progetto concreto del centrodestra?

Quanto alla sinistra, per tornare al potere ha messo insieme un’armata Brancaleone piena di contraddizioni, cercando di annegarle in un megaprogramma di 281 pagine e – poi - nel Governo con più poltrone della storia repubblicana. Ma le contraddizioni impediscono di governare, e quindi esplodono.
Anziché avere il coraggio di sciogliere queste contraddizioni, anziché ammettere che con l’estrema sinistra non si può governare (come hanno ammesso le sinistre riformiste di tutta Europa), si cerca l’uomo della Provvidenza capace di conciliare l’inconciliabile. Scaricato ormai Prodi, si dà l’investitura – con un’operazione di vertice – a Veltroni, confidando nelle sue doti di “immagine”.
E’ vero che c’è stata gente capace di votare per la Gruber. Ma altra cosa è cercare i consensi della maggioranza degli Italiani. 
E' vero anche che la politica veltroniana a Roma, sin qui, ha pagato in termini di consensi. Ma ha pagato perché amministrare una città -  avendo a disposizione 6 miliardi di euro e una stampa locale amica - è più facile che governare un Paese. L’Italia non può procedere per inerzia, come il traffico romano, condendo l’immobilismo con un po’ di spettacoli: o si fanno le riforme, o si perdono le sfide internazionali.

(Veltroni, forse, a livello di immagine si è rivelato più bravo di Berlusconi, se è vero che è riuscito a far parlare di "modello Roma" mentre creava una voragine di debito - ovviamente tenuta nascosta - di 12,4 miliardi di euro...)

Insomma, ci aspetta una deprimente sfida di suggestioni e ammiccamenti? Non è detto.

La sinistra riformista e settentrionale potrebbe mettere in campo Bersani, esprimendo quella voglia di concretezza che sembra estranea alla candidatura Veltroni.
I cattolici democratici potrebbero mettere in campo Enrico Letta, non rassegnandosi quindi alla propria estinzione, che sarebbe inevitabile (come denunciato da Pezzotta) con lo scenario attuale: niente partito autonomo, niente leader (Prodi silurato), e per di più rappresentati da un vice-Veltroni – Franceschini – che è il più a sinistra di tutti.
Lo stesso Veltroni, infine, potrebbe riservare qualche sorpresa coraggiosa, perché è persona molto intelligente (i lati negativi che abbiamo evidenziato non ce lo devono far dimenticare).

E il centrodestra? Deve prendere atto che lo scenario è cambiato.

Veltroni, anche se non prendesse iniziative politiche coraggiose, ha in ogni caso risorse comunicative e capacità aggregatrici da non sottovalutare.
Il centrodestra non può restare paralizzato nella disputa Berlusconi sì – Berlusconi no. La forza dei moderati è nei contenuti. Berlusconi dovrà avere l’umiltà di affrontare questo nodo, di allargare la coalizione guardando al centro (dove si vincono le elezioni), di allestire una squadra di valore condividendo la ribalta con altri personaggi di spessore nel suo partito, nella coalizione, nella società civile: Formigoni, Moratti, Casini, Fini, Montezemolo, Monti, Pezzotta.
Se invece si cullerà sugli allori delle difficoltà di Prodi, sulla presunzione che la propria immagine sia sempre vincente (sottovalutando quella di Veltroni), sulla pretesa di imporre personaggi molto attivi e comunicativi, ma di scarso spessore politico, come la Brambilla; se avrà paura di essere mollato dalla Lega (come Prodi ha paura di Rifondazione); allora rischia di lasciare alla sinistra la bandiera - più o meno autentica - del rinnovamento.



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