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Italia terra da miele Stampa E-mail
Pregi e caratteristiche delle varietą di miele prodotte nel nostro Paese
      Scritto da Damiano Lucia
10/01/07

mieli.jpgItalia terra da artisti, terra da poeti, terra da vini...e terra da miele. Proprio così: terra da miele! Nel panorama davvero ricco dei prodotti tipici caratteristici della nostra penisola il miele occupa un posto di primissimo piano. Le peculiarità geografiche dell'Italia la rendono infatti estremamente ricca di fioriture spontanee e coltivate molto adatte per la produzione di questo prezioso alimento di cui l'uomo di ciba da almeno 9.000 anni. Già, perché a tale data risale la prima testimonianza preistorica di utilizzo del miele: un graffito del mesolitico ritrovato alla Cueva de araña (in Spagna) raffigurante una scena di raccoglitori di miele dell'età della pietra.

La figura riportata sulla roccia mostra chiaramente un uomo che, munito di un recipiente, ha raggiunto un anfratto di roccia che ospita l'alveare. Le api gli ronzano attorno in gran numero, mentre un secondo individuo, in piedi, osserva dal basso tutta l'operazione.
Da allora, gli apicoltori di strada ne hanno fatta molta. In particolare quelli italiani che, tra gli allevatori di api, sono giustamente considerati dei maestri. Anche perché - lo sottolineano con particolare orgoglio - le api allevate nel mondo sono nella maggioranza di razza rigorosamente italica.

Il nostro miele, poi, è giustamente considerato tra i più pregiati in assoluto. "Attualmente se ne producono almeno trenta tipi differenti", ci spiega Raffaele Cirone, presidente della Federazione Italiana Apicoltori (F.A.I.), la più importante delle associazioni apistiche che opera in Italia. "E questo è davvero un primato che tutto il mondo ci invidia. Il fatto di operare su un territorio estremamente differenziato ci permette infatti di avere a disposizione un gran numero di fioriture scalari di essenze ad alto valore mellifero".

Gli apicoltori sfruttano tale caratteristica spostando più volte gli alveari durante l'anno in modo che le api visitino esclusivamente i fiori di una determinata coltura. Ottengono così i cosiddetti "mieli monoflora". Tra i più famosi vanno senz'altro citati quelli di acacia, castagno, asfodelo, cardo, rosmarino, nespolo, rododendro, tarassaco, corbezzolo, eucalipto, sulla, lupinella, abete.

"Quello che pochi consumatori sanno - continua Cirone - è che alcuni di questi mieli sono vere e proprie rarità alimentari che giustificano l'alto prezzo di vendita non solo in relazione alla piccola quantità raccolta dall'apicoltore, ma anche in funzione delle difficoltà che questo ha dovuto affrontare. Per raggiungere determinate fioriture - il rododendro, ad esempio - capita infatti che gli apicoltori siano costretti al trasporto a spalla di pesantissimi alveari in impervie vallate alpine".

Insomma, fare buon miele costa parecchia fatica, e non solo all'apicoltore. Basti ricordare che per produrne un chilo le api devono visitare milioni di fiori percorrendo ognuna distanze nell'ordine delle centinaia di chilometri al giorno.

Ma non sempre chi molto lavora vede apprezzata nel giusto modo la sua fatica. Alle api capita così! "Strano a dirsi, ma in Italia il miele è ancor oggi un prodotto poco conosciuto - sottolinea Cirone - e lo dimostrano i dati dei consumi procapite che raggiungono a malapena i 400 grammi annui. Ben al di sotto dei valori di altri paesi europei come l'Austria e la Grecia (1.600 g/procapite) o la Germania (oltre 1.200 g/procapite)".

Il fatto è che il consumatore italiano è ancora legato all'idea che il miele sia soprattutto un toccasana per la tosse o una curiosità alimentare. Non è così! Chi classifica il miele come un semplice dolcificante dal gusto raffinato non tiene conto della presenza di altri componenti di elevato valore biologico quali sali minerali (calcio, ferro, fosforo), vitamine ed enzimi: tutte sostanze estremamente utili all'organismo. Inoltre gli zuccheri (glucosio e fruttosio) sono presenti in forma semplice e direttamente assimilabile. Insomma, il miele è il tipico alimento semidigerito, leggerissimo, ed è perciò molto adatto a giovani, anziani e, naturalmente, agli sportivi.
Inoltre, il sapiente abbinamento tra le diverse varietà di miele e di formaggi costituisce uno dei piaceri della buona tavola.

Certo, bisogna anche saperlo scegliere. E su questo punto alla F.A.I. sono molto agguerriti. "Il consumatore è spesso attirato dal prodotto più economico. Ma una logica del genere col miele rischia di far prendere grosse cantonate. In Italia, ad esempio, arrivano ogni anno ingenti quantità di prodotto extracomunitario importato a prezzi irrisori, che invade il mercato confondendosi col miele nazionale. Senza voler generalizzare, occorre dire chiaramente che a volte questi mieli di importazione sono di scarsa qualità, anche dal punto di vista igienico, e vengono spesso sottoposti a particolari trattamenti termici che prolungano la conservazione".
Per orientare i consumatori ed aiutarli a scegliere un prodotto di alta qualità, dieci anni fa alla F.A.I. hanno deciso di dar vita a un marchio di qualità: il sigillo "Miele Italiano". Applicato su ogni singolo vasetto, ne garantisce la sicura origine nazionale e l'alta qualità in termini di genuinità, di freschezza e di gusto. Chi lo utilizza si impegna a sottostare a un disciplinare di qualità più rigoroso di quanto l'attuale legge italiana sul miele prescrive. Inoltre, il prodotto è sottoposto a controlli sia da parte della F.A.I. sia dell'Unione Consumatori: due organismi che hanno la facoltà di acquisire confezioni contrassegnate con questo marchio e di contestare eventuali contravvenzioni a quanto previsto dal disciplinare.


Sette mieli da provare

MIELE MILLEFIORI DEI MONTI IBLEI

Prodotto in un'area molto ristretta della Sicilia, il miele ibleo è uno dei millefiori italiani meglio caratterizzati e che gode di più antica fama.

Prende il nome dai monti Iblei: una catena della Sicilia Sud-Orientale compresa tra il fiume di Caltagirone, il Dirillo, la piana di Catania e il mare. Si tratta di rilievi relativamente bassi (non toccano i 1.000 m s.l.m.), di chiara origine vulcanica, in cui l'azione combinata di diversi fattori (caratteristiche del terreno, altitudine, latitudine, vicinanza del mare) ha determinato una particolare ricchezza di specie vegetali. Da segnalare, in particolare, la ricchezza di fioriture di timo (Thymus ssp.), una pianta cespugliosa con fiori bianchi e rosati, molto ricca di nettare. Ad essa si deve buona parte delle ottime qualità di questo miele, conosciuto e apprezzato fin dall'antichità. A parlarne è perfino Virgilio (I secolo a.C.), che nelle Bucoliche, oltre a tessere le lodi delle api iblee (I, 54), accenna molto chiaramente alla bontà del timo ibleo quando parla di Galatea, ninfa amata da Polifemo, che Virgilio dice essere più dolce del timo di questi monti (VII, 37).

La composizione di questo miele poliflora non si differenzia particolarmente dai valori medi che si ritrovano in tutti i millefiori italiani. Quello che lo caratterizza non è infatti la composizione chimica, ma le qualità organolettiche legate alla presenza di una flora locale particolarmente ricca e differenziata.  Il colore è tipicamente ambrato (color ruggine); il sapore è leggermente acidulo e possiede un vago, ma gradevole, aroma di aceto.

Si tratta di un tipico miele da tavola, apprezzato per il caratteristico sapore che - fatto abbastanza raro tra i poliflora - si conserva costante nelle diverse annate di produzione. Poco usato come dolcificante - il forte aroma coprirebbe eccessivamente il gusto delle bevande a cui viene aggiunto - è consumato accompagnato da burro o da ricotta, soprattutto nella prima colazione.

Come avrete sicuramente capito si tratta di una produzione estremamente localizzata a cui si dedicano poche centinaia di produttori. La produzione annua stimata è di 1.500 q.li. Per trovarlo è quasi indispensabile recarsi sul luogo, anche se i migliori negozi di Catania e Palermo ne sono generalmente forniti.


MIELE DI ACACIA

Il miele di acacia è uno dei pochi che si mantiene liquido nel tempo, senza bisogno di processi di pastorizzazione. Anche per questo è particolarmente apprezzato dai consumatori, che infatti ne hanno fatto in assoluto il tipo di miele più richiesto sul mercato.

Viene prodotto in gran parte da apicoltori nomadisti lombardi, che portano nella stagione di raccolta le proprie api a pascolare nei boschi di acacie della zona prealpina. Altre aree di raccolta sono soprattutto il Piemonte e, in misura notevolmente minore, il Veneto, la Liguria e l'Emilia Romagna. La produzione annua si aggira sui 25.000 quintali, di cui circa la metà da attribuire alla sola Lombardia.

Di color bianco acqua, in qualche caso appena leggermente ambrato, possiede un aroma leggero, delicato, non persistente e simile a quello del fiore. Il sapore è delicato e ricorda il dolce della frutta matura. La cristallizzazione è assente o molto ritardata, con cristalli grossi, ma facilmente solubili. Tra le sue caratteristiche peculiari c’è quella di possedere un'alta percentuale di fruttosio, cosa che ne rende possibile un moderato uso anche da parte dei diabetici.

Come per tanti prodotti agricoli (patata, mais, pomodoro) anche la storia di questo miele è collegata con la scoperta delle Americhe. La pianta dell'acacia è infatti originaria del Nord-America (Pennsylvania, Carolina, Georgia, Indiana, Oklahoma). A introdurla in Europa fu Jean Robin (1550-1629), capogiardiniere reale di Enrico IV e Luigi XIII a Parigi. Dopo la sua introduzione, inizialmente limitata ai giardini botanici, l'acacia ha incominciato ad espandersi vigorosamente in molte aree e - per quanto riguarda l'Italia - soprattutto nelle zone pedemontane della Lombardia, dove questo miele era già sicuramente prodotto agli inizi del 1800. La sua produzione come monoflora ha comunque avuto un grosso impulso negli anni '60 del secolo scorso, con il diffondersi del nomadismo collegato al trasporto su strada.
Secondo la farmacopea popolare il miele di acacia ha proprietà corroboranti, disintossicanti del fegato, antinfiammatorie della gola e leggermente lassative. Più che come miele da tavola è usato come dolcificante (nel latte, caffè, ecc.), in quanto non altera il gusto della bevanda e non intorbidisce le tisane.

Vista la grande richiesta, è facile da trovare praticamente ovunque.


MIELE DI AGRUMI

Se andate in Sicilia, non provate a chiamarlo miele di agrumi. Nell'isola è chiamato solo ed esclusivamente miele di zagara: il nome dei fiori dell'arancio.

Liquido o dalla consistenza cremosa, ha un colore da bianco acqua a bianco. L'aroma, lieve ma tipico, è quello dei fiori di arancio e di limone. Il sapore è caratteristico e gradevole. La cristallizzazione è molto lenta, con cristalli fini, trasparenti, poco solubili.

Assieme all'acacia è tra i più richiesti e apprezzati dal mercato. La sua storia è collegata alla diffusione dell'arancio nella nostra penisola, avvenuta in concomitanza all'epoca delle crociate. In Sicilia - senz'altro la regione climaticamente più adatta per la coltura di questa specie - questa frutto non ebbe però una grande diffusione e rimase a lungo soprattutto una curiosità botanica.

Per parlare di mieli monoflora di agrumi occorre infatti aspettare la prima metà del secolo scorso, quando la superficie ad agrumeti in Italia iniziò ad assumere una sua consistenza (circa 7.000 ettari), peraltro molto ridotta se paragonata alla attuale (oltre 180.000 ettari nel 1992).
Fino agli inizi del secolo scorso gli agrumi furono infatti piuttosto una coltura tipica, anche se rara, della Riviera Ligure, dove queste piante erano coltivate  per la produzione dei canditi. Lo riferisce il Conte Giorgio Gallesio, possidente di Finale Ligure e autore del Traité du Citrus  (Parigi 1811), ove si parla anche di un certo marchese Airoldi il quale, nell'anno 1793, si sarebbe recato a Finale per studiare le tecniche colturali dei coltivatori della Riviera e riportare in Sicilia metodologie di coltura, ceppi varietali e persino una famiglia di giardinieri che trasferissero nell'isola la coltura dell'arancio.

E' uno di migliori mieli da tavola ed è il più adatto per dolcificare il tè al limone. Entra inoltre come ingrediente fondamentale in molti dolci tipici siciliani (ad esempio la pasta reale).

La sua zona di produzione tipica è la Sicilia, anche se una certa quantità di miele di agrumi si ottiene anche in Calabria, in Campania e persino nel Lazio (zona di Fondi). L'area di maggiore produzione è comunque la provincia di Catania. I produttori sono, a differenza di quanto avviene in altre regioni italiane, quasi tutti di dimensione molto grandi, con apiarî composti da centinaia di alveari.

Anche se prodotto esclusivamente nel Sud Italia, è facile trovarlo in vendita in tutta la penisola, anche grazie all’ingente produzione che se ne fa (oltre 30.000 quintali l'anno).


MIELE DI CORBEZZOLO

Miele sardo, miele di corbezzolo, miele amaro: le denominazioni di questo miele sono numerose. Ma non è certo possibile sbagliarsi nel riconoscerlo. Di colore bianco o ambrato, con tipiche sfumature grigio verdi, è fortemente caratterizzato dall' aroma pungente e dal sapore decisamente amaro, intenso e persistente. La cristallizzazione, se presente, è quasi sempre irregolare.

Anche se conosciuto e prodotto sin dall'antichità, solo negli ultimi anni il miele di corbezzolo è diventato un miele famoso, molto ricercato e pagato a un prezzo spesso di due / tre volte superiore agli altri mieli monoflora. Anticamente veniva invece considerato un miele decisamente scadente. Lo conferma Columella (I sec. d.C.), che nel suo trattato De Rustica (IX.4, 2-7) lo qualifica come il peggiore in assoluto assieme a quello che le api producono raccogliendo la melata di bosco. Cicerone non è da meno, almeno in una citazione a lui attribuita (ma francamente, lo scrivente - per quanto l’abbia cercata - non ne ha trovato traccia). Volendo denigrare il popolo sardo, "colpevole" di aver denunciato la gestione predatoria del governatore romano, non trova infatti di meglio che assimilare la gente sarda al suo miele che, altrove sinonimo di dolcezza, in queste terre diviene amaro ("Omne quod Sardinia fert, homines et res, mala est! Etiam mel quod ea insula abunda, amarum est").

Negli ultimi anni il miele di corbezzolo è stato invece tra i mieli più richiesti dal mercato; un successo, questo, dovuto alle virtù terapeutiche che gli sono attribuite ed anche al forte incremento di presenze turistiche in Sardegna, che ha contribuito non poco a far conoscere e apprezzare il miele amaro anche all'estero.

Pur essendo un buon miele da tavola, l'alto prezzo e la rarità di questo miele fanno sì che sia utilizzato soprattutto a scopo terapeutico per le sue proprietà antiasmatiche e diuretiche. Entra comunque nella ricette di alcuni dolci tipici sardi ed è usato per aromatizzare la grappa locale. 
E' prodotto in tutta la Sardegna, anche se la zona dove si concentrano il maggior numero di apicoltori specializzati nel miele amaro è la Gallura, in provincia di Sassari. La produzione, dato il calendario estremamente tardivo di raccolta di questo nettare (autunno inoltrato), varia molto di anno in anno a seconda dell'andamento meteorologico. Le condizioni migliori per una raccolta abbondante sono quelle di un autunno asciutto che segue un’estate particolarmente piovosa. Di media, comunque, la produzione annua si aggira sui 4-5.000 quintali.
Per ottenerlo ci si può rivolgere direttamente ai produttori sardi, peraltro molto attivi nel promuovere il loro miele (una delle prime proposte di vendita di miele via Internet è frutto dell'intraprendenza di un produttore sassarese!).


MIELE DI EUCALIPTO

Anche se non siete esperti di miele, quello di eucalipto lo riconoscerete ugualmente ad occhi chiusi. Presenta infatti un aroma caratteristico, forte e netto. Stranamente non ha alcuna analogia con quello balsamico tipico dell'Eucalipto: per alcuni ricorda quello dei funghi secchi, per altri quello delle caramelle "mou" alla liquirizia. Il sapore è anch'esso deciso e persistente. Cristallizza in maniera particolarmente fina e compatta e si mantiene inalterato a lungo. Il colore è variabile; generalmente va dall'ambra al grigio chiaro, con tonalità grigio verdastre.
Anche questo miele (analogamente a quanto è accaduto per quello di acacia) nasce in concomitanza con la diffusione in Italia della specie botanica da cui è ricavato. L'eucalipto è infatti giunto nella nostra penisola solo nel 1800, e la sua coltivazione su larga scala si è avuta solo tra l'inizio di questo secolo e il 1940, in concomitanza coi grandi lavori di bonifica. Un tempo si riteneva infatti che l'odore delle foglie di eucalipto potesse combattere la diffusione della malaria. A questo scopo, ma anche per la rapidissima crescita e la valida funzione di frangivento, la specie è stata fortemente diffusa in molte zone paludose soprattutto dell'Italia centrale. Tutti gli eucalipti sono originari dell'Australia e si sono adattati e diffusi senza particolari difficoltà ai nostri climi.  La specie più comune è l'eucalipto rostrato (Eucalyptus camaldulensis D.).

Oltre che per la tavola, il miele di eucalipto è utilizzato a scopo terapeutico per la cura delle affezioni bronchiali e delle malattie da raffreddamento. Un particolare utilizzo è in cucina, nella preparazione di salse all'agrodolce aromatizzate.

La sua produzione avviene oggi quasi esclusivamente utilizzando le arnie da nomadismo. Gli alveari, provenienti anche da aree molto distanti dalla zona di raccolta, vengono posizionati - previa autorizzazione delle autorità forestali - all'interno dei boschi demaniali; la raccolta del nettare avviene da maggio a settembre. Le quantità di miele raccolto sono spesso ingenti grazie al potenziale mellifero particolarmente elevato in questa pianta.

Il miele monoflora di eucalipto è, dopo agrumi e acacia, la terza produzione nazionale in ordine di importanza. La quantità annua prodotta è stimata in circa 20.000 quintali. Pur essendo prodotto anche in alcune zone della Sardegna, Sicilia e Toscana, l'area tipica e di gran lunga più importante per la sua produzione è l'Agro Pontino, in provincia di Latina, dove i produttori di una certa dimensione sono nell'ordine di qualche decina.


MIELE DI RODODENDRO

Questo miele gode di un primato. E' in assoluto il monoflora raccolto alle quote più alte della montagna.

Di colore bianco acqua o bianco, ha un aroma tenue che ricorda il profumo del fiore da cui ha origine. Il sapore è caratteristico, ma con un tono delicato, armonioso e pieno che lascia in bocca una persistente sensazione gradevole. La cristallizzazione è lenta, a granuli fini che danno al miele una consistenza pastosa.

La produzione e commercializzazione di questo miele, a parte alcune piccole partite che sicuramente venivano prodotte già prima, è molto recente (dal 1950 in poi) e trae origine dall'impegno profuso dagli apicoltori più esperti di differenziare le proprie produzioni con monoflora di grandissimo pregio, anche se difficili da produrre.

Produrre miele di rododendro non è infatti affatto facile. Questi fiori vivono infatti esclusivamente a quote molto alte, dove le api riescono a vivere e lavorare solo in estate. E' quindi necessariamente legato alla pratica del nomadismo. In luglio le api sono trasportate nelle zone più ricche di questa fioritura, dove rimangono fino alla metà di agosto. Il trasporto degli alveari è spesso molto difficoltoso per la mancanza di strade, e non mancano apicoltori che provvedono a trasportate "a spalla" gli alveari nelle zone più impervie e isolate e perciò ancor più ricche di fioritura. Il raccolto è scarso e spesso incerto. Bastano pochi giorni di brutto tempo o un abbassamento repentino della temperatura perché le api consumino tutto quanto avevano raccolto sino al quel momento, con grave danno per l'allevatore. Ciò spiega perché questo miele sia, assieme a quello di corbezzolo, tra i più costosi sul mercato.
E’ all'unanimità considerato uno dei migliori mieli da tavola, anche per il gusto particolarmente delicato e non stucchevole. Viene consumato da solo o in miscela con derivati del latte (yogurt, burro, ricotta).

La sua produzione è stimata annualmente sui 3.000 quintali; ma ci sono anni in cui è notevolmente inferiore. E' prodotto sporadicamente più o meno in tutto l'arco alpino. La zona dove si concentrano il maggior numero di produttori (i più importanti sono una decina) è comunque la Valtellina, in provincia di Sondrio.

Per rintracciarlo occorre obbligatoriamente recarsi in Valtellina o in Val Camonica, dove viene commercializzato sia dai negozianti del luogo sia in occasione delle numerose sagre locali.


MIELE DI CASTAGNO

Tra le particolarità di questo miele ve ne è una che interessa particolarmente i nutrizionisti: è il miele di nettare che contiene la percentuale più alta di sali minerali. Valori intorno allo 0,6% sono infatti la norma e spesso vengono superati, sebbene la legge sul miele (L. n. 753/82) preveda tale valore come il massimo consentito. Inoltre, a differenza di altri mieli, contiene moltissimo polline. Ciò ne fa un alimento particolarmente adatto ai giovani e agli sportivi. Com’è noto, le sostanze minerali sono infatti componenti di alto valore biologico. Ma per essere assimilate vanno assunte sotto forma di sali, come appunto avviene nel miele di castagno.

Riconoscerlo è molto facile. Ha un colore da ambra a ambra scuro, con tonalità rossastre. Ma ciò che lo caratterizza maggiormente è l'odore pungente e il sapore forte, persistente, più o meno amaro. La cristallizzazione è ritardata o assente.

A differenza di altri monoflora, il miele di castagno in Italia viene prodotto da sempre. Ciò che è cambiato nel tempo è l'apprezzamento da parte dei consumatori. Nell'antichità veniva considerato, come tutti i mieli scuri a retrogusto amaro, come un miele di bassa qualità. Da qualche anno è invece diventato di moda ed è ben richiesto dal mercato.

Oggi viene considerato un buon miele da tavola, anche se il suo gusto forte non è da tutti apprezzato. Per questo è consigliabile consumarlo assieme a burro, yogurt, ricotta o disciolto nel latte.

E' raccolto soprattutto da nomadisti che portano le api alle quote più alte a giugno, dopo aver completato il raccolto dell'acacia. Ma, data la diffusione della coltura del castagno, anche i piccoli produttori riescono facilmente a produrlo senza particolari problemi. La produzione annua varia sensibilmente ed è fortemente influenzata dal clima. Un mese di giugno piovoso è infatti in grado di compromettere la raccolta quasi completamente. In media, comunque, nelle annate buone se ne raccolgono oltre 20.000 quintali.

Una delle aree di maggiore produzione è la Calabria, ma buone partite di miele di castagno vengono raccolte un po' ovunque sull'Appennino ed anche sulle quote medie delle Alpi.

Non ci sono particolari difficoltà a reperirlo sul mercato ed è facile trovarlo rivolgendosi a negozi specializzati nella vendita del miele.



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