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Fecondazione artificiale
"Ootide": per non dire zigote Stampa E-mail
Chi è l'embrione?
      Scritto da Claudia Navarini*
25/09/04

zigote.jpg* Docente presso la Facoltà di Bioetica dell’Ateneo Pontificio Regina Apostolorum
da Zenit.org del 25 settembre 2004



Nel corso della conferenza stampa del 16 settembre 2005, al termine della riunione plenaria, il Comitato Nazionale per la Bioetica ha presentato la ricca agenda di questioni su cui interverrà nei prossimi mesi – fra le altre, quella dell'adozione prenatale di embrioni soprannumerari, su cui verrà presto pubblicato un documento – e ha presentato l'interessante parere emanato il 15 luglio scorso. Si tratta di sedici dense pagine su un tema ancora a molti oscuro: Considerazioni bioetiche in merito al c.d. "ootide" (cfr. l'Allegato a pag. 130).

Il problema era emerso a tratti nel dibattito referendario: stabilire se l'essere umano esista (e quindi vada tutelato) fin dal momento della fecondazione, oppure se vi sia un lasso di tempo (quello del fantomatico "ootide") dopo la fecondazione in cui non si avrebbe ancora vita umana e dunque si potrebbero compiere lecitamente sperimentazioni distruttive sul "prodotto del concepimento". La conclusione del documento, raggiunta da una maggioranza di 26 membri contro 12, è stata chiara: "l'evento di incontro-penetrazione dello spermatozoo nell'interno del citoplasma dell'ovocita è l'evento che va ritenuto fondamentale" (n. 3.1).

È l'evento della fecondazione, intesa come penetrazione dello spermatozoo nel citoplasma dell'ovulo, "che nello spazio e nel tempo congiunge e letteralmente 'fonde' due cellule gametiche dotate ciascuna di un patrimonio genetico aploide e ne fa una 'unità' biologica non presente anteriormente" (ibidem). La vera novità, dunque, nel processo riproduttivo non è la riorganizzazione del patrimonio genetico dopo 16 ore o la prima divisione cellulare dopo un giorno o l'avvicinamento dei pronuclei dopo sei ore.
La novità è lo zigote, prima cellula del nuovo individuo, che è subito tale quando, in conseguenza della penetrazione spermatica del­l'ovocita, si produce la caratteristica attivazione segnalata chi­mi­ca­mente dalla cosiddetta onda calcio, ovvero la "aumentata per­me­a­bi­lità e oscillazione della concentrazione intracitoplasmatica dello ione Calcio" (n. 2).

Le teorie che posticipano l'inizio della vita umana o della vita personale ad un momento successivo alla fecondazione, cioè alla fusione dei gameti, sono numerose. È innegabile che alcune di queste teorie sono state formulate in passato con perfetta buona fede, a partire da insufficienti conoscenze di biologia e di genetica; storicamente gli esempi di congetture - smentite dalle scoperte successive - sugli avvenimenti che, nel segreto del ventre materno, portano dal concepimento alla nascita non si contano. Altre teorie hanno avuto tuttavia un intento ideologico, quello cioè di trovare una giustificazione scientifica alla volontà di sopprimere e manipolare la vita prenatale.

Sono sorte così le proposte di chi considera umano l'embrione solo al quattordicesimo giorno, o alla fine dell'ottava settimana quando ha un aspetto umano riconoscibile, o quando può condurre vita "autonoma" fuori dall'utero materno, o quando con l'impianto al quinto-sesto giorno di vita prende posto nell'endometrio, o addirittura – come dicevano gli antichi – quando se ne percepiscono i movimenti (tra le diciotto e le ventidue settimane). Per definirlo "vero" essere umano, poi, sarebbe necessario per alcuni individuare la "nascita cerebrale" (attorno alle diciotto-venti settimane), cioè l'attività elettrica rilevabile con l'elettroencefalogramma; per altri bisogna verificare che il feto provi piacere e dolore, o che abbia regolari ritmi sonno-veglia; per altri ancora, bisogna attendere che eserciti la razionalità e l'autocoscienza, dunque bisogna aspettare diverso tempo dopo la nascita, e qualche volta tutta la vita (cfr. M. Palmaro, Ma questo è un uomo, San Paolo, Cinisello Balsamo 2004).

L'ootide rappresenta, in questo senso, l'ultimo escamotage biotecnologico per poter manipolare la vita umana. Ootide (in inglese ootid) è un termine recuperato dai manuali di biologia. Fra le definizioni offerte dai dizionari medici, una è particolarmente "ghiotta" per i nemici dell'embrione: "l'ovulo maturo dopo la fertilizzazione ma prima della formazione dello zigote" (WordReference.com English Dictionary, adapted from WordNet 2.0 – Princeton University 2003; CancerWEB's On-line Medical Dictionary). Ginecologi, studiosi di bioetica e politici si sono conseguentemente appropriati di questo termine, proponendo la sperimentazione sugli ootidi e la loro crioconservazione, per evitare "problemi morali".
Ma, se la fecondazione è avvenuta con successo, ed è in atto – da quaranta ore o da sedici poco importa – un processo che senza soluzione di continuità condurrà il medesimo organismo lungo tutto lo sviluppo embrionale, fetale, neonatale e oltre, come si può sostenere che non è ancora accaduto "niente"?

È proprio la biologia a risolvere il dilemma, non appena si vada ad approfondire un poco la questione. Il processo di maturazione dei ga­meti femminili nei Mammiferi Placentali, e anche nella specie u­ma­na, cioè l'oogenesi, ha diverse fasi. La prima è la formazione, in e­poca prenatale, degli oogoni all'interno delle ovaie del feto femmina, che proliferano notevolmente durante l'accrescimento fetale. Durante lo sviluppo fetale umano, gli oogoni maturano e si riducono numericamente, fino a costituire nel periodo perinatale una riserva di circa 2 milioni di oociti primari (oppure oociti I o ancora oociti di primo ordine), con corredo cromosomico completo (sono cioè diploidi, di 46 cromosomi), i quali permangono "bloccati" in tale stato nei follicoli ovarici fino alla pubertà.
Molti degli oociti primari degenerano, ma un certo numero (circa 300.000) continua il suo processo di maturazione: a partire dalla pubertà, infatti, uno o più oociti primari per ogni ciclo evolve e va incontro alla prima divisione meiotica, che genera un oocita secondario (o oocita II o oocita di II ordine, da alcuni manuali già chiamato ootide) e il primo globulo polare, entrambi con corredo cromosomico dimezzato (aploidi, di 23 cromosomi). È tale ovocita secondario che fuoriesce dall'ovaio (ovulazione) e può essere fecondato, mentre si prepara alla seconda divisione meiotica.
Ed è la fecondazione che, negli esseri umani come nella maggior parte dei mammiferi superiori, attiva nuovamente l'oocita facendo in modo che tale seconda divisione meiotica si completi, generando nel citoplasma di origine materna un nuovo nucleo aploide (che diventerà in breve il pronucleo femminile) e il II globulo polare, successivamente espulso. Tale nucleo aploide sarebbe appunto l'ootide in senso stretto, ovvero l'esito del cammino di maturazione del gamete femminile dallo stadio di oogone alla sua fine naturale. Tuttavia nell'uomo (ma anche in altre specie di mammiferi) questo passaggio dell'ovulo maturo allo stadio finale di ootide non avviene perché – appunto – è preceduto dalla fecondazione, che trasforma radical-men­te oocita e spermatozoo.

Ogni attività del nuovo insieme "ovulo-spermatozoo" (anche il com­pletamento della seconda divisione meiotica, che in altre specie avviene prima della fecondazione dando origine ad un ootide, ovvero ad un ovulo maturo e fecondabile) è in realtà l'attività di una nuova entità in sé coordinata e chiusa, di un organismo unicellulare chiamato zigote. Come spiega il documento del Comitato Nazionale di Bioetica: "una volta avvenuta la penetrazione spermatica dell'ovocita si sviluppa un continuum di eventi che prosegue senza necessità di ulteriori impulsi genetici esterni all'unità stessa" (n. 3.1).
È chiarissima in questo senso la definizione di ootide del Dizionario Enciclopedico di scienze mediche e biologiche e di biotecnologie della Zanichelli (Bologna, 1996): "Ciascuna delle quattro cellule germinali mature prodotte della meiosi durante oogenesi. Nella nostra specie, come avviene di regola nei Mammiferi Placentali, tale stadio non viene mai raggiunto poiché è l'oocita II ad essere fecondato, passando dunque immediatamente alla condizione di zigote. Anche in assenza di fecondazione non si raggiunge mai la condizione dell'ootide poiché l'oocita II degenera" (pp. 1078-1079).
L'ootide, pertanto, nell'uomo non esiste come cellula distinta dallo zigote e ad esso "precedente", a meno che non si voglia identificarlo con l'oocita secondario tout court, cioè con il semplice ovulo maturo prima della fecondazione; ma non è questa l'intenzione dei suoi sostenitori.

L'indagine microbiologica mostra chiaramente che quella prima nuova cellula fin da subito "incomincia ad operare come un sistema unico, cioè come una unità, un essere vivente ontologicamente unitario" (A. Serra e R. Colombo, Identità e statuto dell'embrione umano: il contributo della biologia, in Pontificia Accademia Pro Vita, Identità e statuto dell'embrione umano, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 1998, p. 133).
In termini meramente pratici, c'è anche da aspettarsi che le possibilità di manipolazione dello zigote (con le sue varianti linguistiche di pre-zigote, ovocita a due pronuclei, ovocita 2n, ecc.) siano scarse, e che quindi il suo eventuale utilizzo nella fecondazione artificiale e nella ricerca scientifica non si traduca in reali vantaggi nemmeno in un'ottica utilitaristica. Lo scopo di questi tentativi di "allargamento", allora, non è – né potrebbe essere – una spassionata e spregiudicata ricerca della verità delle cose per meglio comprendere i compiti dell'agire umano, ma l'accanimento nell'infrangere tutte le "barriere etiche" che possano frapporsi tra il desiderio di dominio e l'inamovibilità del reale.



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