La band che ha preparato la strada all'alternative rock degli anni 90
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      Scritto da Elio Gabalo
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04/10/06
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Kurt Cobain diceva di loro: “Se non ci fossero stati i Pixies il grunge non sarebbe mai esistito. Da loro ho appreso l’arte di scatenare la tempesta dopo la quiete”. Strano destino quello del gruppo di Boston, che si sciolse poco dopo essere stato scelto dagli U2 per aprire i concerti dello Zoo Tour, cioè quando il successo sembrò essere finalmente a portata di mano. Non erano dei grandi musicisti, ma il loro stile non assomigliava a nient’altro. La loro inventiva, la capacità di rovesciare le convenzioni mescolando punk e chitarre indie rock, classic pop e surf rock, unite alla voce nevrotica del leader Black Francis, li rendono una pietra miliare del rock alternativo. Mentre i testi - che affrontano temi come lo spazio, il sesso, la religione, la mutilazione e la cultura pop - appaiono spesso bizzarri e impenetrabili, la loro musica sa essere estremamente diretta. Le continue tensioni tra il cantante e la bassista Kim Deal, che voleva inserire i suoi pezzi nel repertorio del gruppo, aggiunte alla riluttanza, sia di Mtv che delle radio nazionali, a trasmettere le loro canzoni, li porteranno a sciogliersi nel 1992 (l’anno di Nevermind dei Nirvana). Si rimane incantati a scoprire nei loro primi dischi tutte le suggestioni che, da lì a pochi anni, Cobain, ma anche certo Britpop, avrebbero sviluppato, rivoluzionando definitivamente l’estetica musicale imperante e traghettando bruscamente il rock fuori dagli anni 80. Doolittle, del 1989, è forse il loro album migliore, in equilibrio com’è tra melodia e distorsione, tra fughe anfetaminiche e bruschi rallentamenti. Ma la loro (troppo breve) discografia è comunque tutta a cinque stelle.
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