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Religione e societą - Notizie e Commenti
La rivoluzione dei giovani Stampa E-mail
Un milione da tutto il mondo a Colonia con il Papa nella Giornata mondiale della Gioventł 2005
14/09/05

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Le Giornate mondiali della Gioventù (GMG) rappresentano da vent'anni il maggior momento di incontro, di conoscenza, di riflessione, di preghiera per i giovani di tutto il mondo. Molti ricorderanno ancora la grande veglia di Tor Vergata nel 2000, con i due milioni di ragazzi (li chiamarono i "papaboys") convenuti per il Giubileo all'incontro con Giovanni Paolo II. Un appuntamento che - testimonia chi ha partecipato alle edizioni precedenti - è imperdibile.

Papa Wojtyla aveva convocato la nuova giornata per la scorsa estate in Germania, a Colonia, nella cui cattedrale sono conservate le reliquie dei Magi (il tema dell'incontro era la frase dei Magi "Siamo venuti per adorarlo"). Non c'è stato Giovanni Paolo II, ma il suo successore, proprio un Papa tedesco, Benedetto XVI. L'intesa col nuovo Papa - col suo stile al tempo stesso mite e forte - è scoccata subito : "Tutti pazzi per Ratzi!" è uno degli slogan coniati dai giovani italiani, tra le nazionalità più presenti; B16 è la sigla del Pontefice per gli sms...

Molti giovani hanno raggiunto Colonia con grandi sacrifici (alleviati da una buona dose di entusiasmo). Alcuni hanno fatto parte del tragitto a piedi: buona parte del percorso (alternato a tratti in autostop) per José Maria, di Siviglia; gli ultimi 120 chilometri per Laura Wang, della Malesia. Un gruppo di amici è giunto dall'Ungheria in bicicletta. I giovani del Vietnam sono venuti in "incognito", fingendosi turisti, altrimenti non avrebbero avuto dal loro Governo il visto per l'espatrio. Tante altre storie sarebbero da raccontare... sul sito www.gmg2005.it è possibile trovare la cronaca delle giornate, i commenti di chi ha partecipato (con una serie di blog), i testi integrali dei discorsi del Papa.

Prossimo appuntamento: Sydney, gennaio 2008 (questo sì che sarà un bel viaggio!)

Benedetto XVI ha invitato i giovani a riconoscere, sull'esempio dei Magi, il vero volto di Dio; a essere protagonisti della vera rivoluzione che può cambiare il mondo; a scoprire che nella Chiesa, anche con i suoi difetti, c'è la certezza di incontrare Cristo; a capire che la vera religione, in grado di aiutare, non è quella creata con un comodo "fai da te"; a portare con sé, nella vita di tutti i giorni, l'esperienza di queste giornate, in cui hanno potuto vivere concretamente una fede fatta non solo di belle parole.

Riportiamo di seguito un estratto dei due principali discorsi del Papa ai giovani (discorso durante la Veglia e omelia durante la Messa):



20 agosto, Veglia nella Spianata di Marienfeld

Cari giovani!

Nel nostro pellegrinaggio con i misteriosi Magi dell’Oriente siamo giunti a quel momento che san Matteo nel suo Vangelo ci descrive così: "Entrati nella casa (sulla quale la stella si era fermata), videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono" (Mt 2,11). Il cammino esteriore di quegli uomini era finito. Erano giunti alla meta. Ma a questo punto per loro comincia un nuovo cammino, un pellegrinaggio interiore che cambia tutta la loro vita. Poiché sicuramente avevano immaginato questo Re neonato in modo diverso. Si erano appunto fermati a Gerusalemme per raccogliere presso il Re locale notizie sul promesso Re che era nato. (...) Anche se gli altri uomini, quelli rimasti a casa, li ritenevano forse utopisti e sognatori - essi invece erano persone con i piedi sulla terra, e sapevano che per cambiare il mondo bisogna disporre del potere. Per questo non potevano cercare il bambino della promessa se non nel palazzo del Re. Ora però s’inchinano davanti a un bimbo di povera gente, e ben presto vengono a sapere che Erode - quel Re dal quale si erano recati - con il suo potere intendeva insidiarlo, così che alla famiglia non sarebbe restata che la fuga e l’esilio. Il nuovo Re, davanti al quale si erano prostrati in adorazione, si differenziava molto dalla loro attesa. Così dovevano imparare che Dio è diverso da come noi di solito Lo immaginiamo. (...)

Dio in questo mondo non entra in concorrenza con le forme terrene del potere. Non contrappone le Sue divisioni ad altre divisioni. A Gesù, nell’Orto degli ulivi, Dio non manda dodici legioni di angeli per aiutarlo (cfr Mt 26,53). Egli contrappone al potere rumoroso e prepotente di questo mondo il potere inerme dell’amore, che sulla Croce - e poi sempre di nuovo nel corso della storia - soccombe, e tuttavia costituisce la cosa nuova, divina che poi si oppone all’ingiustizia e instaura il Regno di Dio. Dio è diverso - è questo che ora riconoscono. E ciò significa che ora essi stessi devono diventare diversi, devono imparare lo stile di Dio.

Erano venuti per mettersi a servizio di questo Re, per modellare la loro regalità sulla Sua. Era questo il significato del loro gesto di ossequio, della loro adorazione. (...) Ora imparano che devono donare se stessi - un dono minore di questo non basta per questo Re. Ora imparano che la loro vita deve conformarsi a questo modo divino di esercitare il potere, a questo modo d’essere di Dio stesso. Devono diventare uomini della verità, del diritto, della bontà, del perdono, della misericordia. Non domanderanno più: Questo a che cosa mi serve? Dovranno invece domandare: Con che cosa servo io la presenza di Dio nel mondo? Devono imparare a perdere se stessi e proprio così a trovare se stessi. Andando via da Gerusalemme, devono rimanere sulle orme del vero Re, al seguito di Gesù.

Cari amici, ci domandiamo che cosa tutto questo significhi per noi. Poiché quello che abbiamo appena detto sulla natura diversa di Dio, che deve orientare la nostra vita, suona bello, ma resta piuttosto sfumato e vago. Per questo Dio ci ha donato degli esempi. I Magi provenienti dall’Oriente sono soltanto i primi di una lunga processione di uomini e donne che nella loro vita hanno costantemente cercato con lo sguardo la stella di Dio, che hanno cercato quel Dio che a noi, esseri umani, è vicino e ci indica la strada. È la grande schiera dei santi - noti o sconosciuti - mediante i quali il Signore, lungo la storia, ha aperto davanti a noi il Vangelo e ne ha sfogliato le pagine; questo, Egli sta facendo tuttora. Nelle loro vite, come in un grande libro illustrato, si svela la ricchezza del Vangelo. Essi sono la scia luminosa di Dio che Egli stesso lungo la storia ha tracciato e traccia ancora. Il mio venerato predecessore Papa Giovanni Paolo II ha beatificato e canonizzato una grande schiera di persone di epoche lontane e vicine. In queste figure ha voluto dimostrarci come si fa ad essere cristiani; come si fa a svolgere la propria vita in modo giusto - a vivere secondo il modo di Dio.

(...)  Solo dai santi, solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo. Nel secolo appena passato abbiamo vissuto le rivoluzioni, il cui programma comune era di non attendere più l’intervento di Dio, ma di prendere totalmente nelle proprie mani il destino del mondo. E abbiamo visto che, con ciò, sempre un punto di vista umano e parziale veniva preso come misura assoluta d’orientamento. L’assolutizzazione di ciò che non è assoluto ma relativo si chiama totalitarismo. Non libera l’uomo, ma gli toglie la sua dignità e lo schiavizza. Non sono le ideologie che salvano il mondo, ma soltanto il volgersi al Dio vivente,  che è il nostro creatore, il garante della nostra libertà, il garante di ciò che è veramente buono e vero. La rivoluzione vera consiste unicamente nel volgersi senza riserve a Dio che è la misura di ciò che è giusto e allo stesso tempo è l’amore eterno. E che cosa mai potrebbe salvarci se non l’amore?

Cari amici! Permettetemi di aggiungere soltanto due brevi pensieri. Sono molti coloro che parlano di Dio; nel nome di Dio si predica anche l’odio e si esercita la violenza. Perciò è importante scoprire il vero volto di Dio. I Magi dell’Oriente l’hanno trovato, quando si sono prostrati davanti al bambino di Betlemme. "Chi ha visto me ha visto il Padre", diceva Gesù a Filippo (Gv 14,9). In Gesù Cristo, che per noi ha permesso che si trafiggesse il Suo cuore, in Lui è comparso il vero volto di Dio. Lo seguiremo insieme con la grande schiera di coloro che ci hanno preceduto. Allora cammineremo sulla via giusta.

Questo significa che non ci costruiamo un Dio privato, un Gesù privato, ma che crediamo e ci prostriamo davanti a quel Gesù che ci viene mostrato dalle Sacre Scritture e che nella grande processione dei fedeli chiamata Chiesa si rivela vivente, sempre con noi e al tempo stesso sempre davanti a noi. Si può criticare molto la Chiesa. Noi lo sappiamo, e il Signore stesso ce l’ha detto: essa è una rete con dei pesci buoni e dei pesci cattivi, un campo con il grano e la zizzania. Papa Giovanni Paolo II, che nei tanti beati e santi ci ha mostrato il volto vero della Chiesa, ha anche chiesto perdono per ciò che nel corso della storia, a motivo dell’agire e del parlare di uomini di Chiesa, è avvenuto di male. In tal modo fa vedere anche a noi la nostra vera immagine e ci esorta ad entrare con tutti i nostri difetti e debolezze nella processione dei santi, che con i Magi dell’Oriente ha preso il suo inizio. In fondo, è consolante il fatto che esista la zizzania nella Chiesa. Così, con tutti i nostri difetti possiamo tuttavia sperare di trovarci ancora nella sequela di Gesù, che ha chiamato proprio i peccatori. La Chiesa è come una famiglia umana, ma è anche allo stesso tempo la grande famiglia di Dio, mediante la quale Egli forma uno spazio di comunione e di unità attraverso tutti i continenti, le culture e le nazioni. Perciò siamo lieti di appartenere a questa grande famiglia; siamo lieti di avere fratelli e amici in tutto il mondo. Lo sperimentiamo proprio qui a Colonia quanto sia bello appartenere ad una famiglia vasta come il mondo, che comprende il cielo e la terra, il passato, il presente e il futuro e tutte le parti della terra. In questa grande comitiva di pellegrini camminiamo insieme con Cristo, camminiamo con la stella che illumina la storia.

"Entrati nella casa, videro il bambino e Maria sua madre, e prostratisi Lo adorarono" (Mt 2,11). Cari amici, questa non è una storia lontana, avvenuta tanto tempo fa. Questa è presenza. Qui nell’Ostia sacra Egli è davanti a noi e in mezzo a noi. Come allora, si vela misteriosamente in un santo silenzio e, come allora, proprio così svela il vero volto di Dio. Egli per noi si è fatto chicco di grano che cade in terra e muore e porta frutto fino alla fine del mondo (cfr Gv 12,24). Egli è presente come allora in Betlemme. Ci invita a quel pellegrinaggio interiore che si chiama adorazione. Mettiamoci ora in cammino per questo pellegrinaggio e chiediamo a Lui di guidarci. Amen.



21 agosto, Omelia durante la Messa nella spianata di Marienfeld

Cari giovani!

Davanti all’Ostia sacra, nella quale Gesù per noi si è fatto pane che dall’interno sostiene e nutre la nostra vita (cfr Gv 6,35), abbiamo ieri sera cominciato il cammino interiore dell’adorazione. Nell’Eucaristia l’adorazione deve diventare unione. Con la Celebrazione eucaristica ci troviamo in quella “ora” di Gesù di cui parla il Vangelo di Giovanni. Mediante l’Eucaristia questa Sua “ora” diventa la nostra ora, presenza Sua in mezzo a noi. (...)

Facendo del pane il Suo Corpo e del vino il Suo Sangue, Egli anticipa la Sua morte, l’accetta nel Suo intimo e la trasforma in un’azione di amore. Quello che dall’esterno è violenza brutale, dall’interno diventa un atto di un amore che si dona totalmente. È questa la trasformazione sostanziale che si realizzò nel cenacolo e che era destinata a suscitare un processo di trasformazioni il cui termine ultimo è la trasformazione del mondo fino a quella condizione in cui Dio sarà tutto in tutti (cfr 1 Cor 15,28). Già da sempre tutti gli uomini in qualche modo aspettano nel loro cuore un cambiamento, una trasformazione del mondo. Ora questo è l’atto centrale di trasformazione che solo è in grado di rinnovare veramente il mondo: la violenza si trasforma in amore e quindi la morte in vita. Poiché questo atto tramuta la morte in amore, la morte come tale è già dal suo interno superata, è già presente in essa la risurrezione. (...)

A questo punto però la trasformazione non deve fermarsi, anzi è qui che deve cominciare appieno. Il Corpo e il Sangue di Cristo sono dati a noi affinché noi stessi veniamo trasformati a nostra volta. Noi stessi dobbiamo diventare Corpo di Cristo, consanguinei di Lui. Tutti mangiamo l’unico pane, ma questo significa che tra di noi diventiamo una cosa sola. L’adorazione, abbiamo detto, diventa unione. Dio non è più soltanto di fronte a noi, come il Totalmente Altro. È dentro di noi, e noi siamo in Lui. La Sua dinamica ci penetra e da noi vuole propagarsi agli altri e estendersi a tutto il mondo, perché il Suo amore diventi realmente la misura dominante del mondo. Io trovo un’allusione molto bella a questo nuovo passo che l’Ultima Cena ci ha donato nella differente accezione che la parola “adorazione” ha in greco e in latino. La parola greca suona proskżnesis. Essa significa il gesto della sottomissione, il riconoscimento di Dio come nostra vera misura, la cui norma accettiamo di seguire. Significa che libertà non vuol dire godersi la vita, ritenersi assolutamente autonomi, ma orientarsi secondo la misura della verità e del bene, per diventare in tal modo noi stessi veri e buoni. Questo gesto è necessario, anche se la nostra brama di libertà in un primo momento resiste a questa prospettiva. Il farla completamente nostra sarà possibile soltanto nel secondo passo che l’Ultima Cena ci dischiude. La parola latina per adorazione è ad-oratio – contatto bocca a bocca, bacio, abbraccio e quindi in fondo amore. La sottomissione diventa unione, perché Colui al quale ci sottomettiamo è Amore. Così sottomissione acquista un senso, perché non ci impone cose estranee, ma ci libera in funzione della più intima verità del nostro essere.

(...) Al mattino di Pasqua, prima le donne e poi i discepoli ebbero la grazia di vedere il Signore. D’allora in poi essi seppero che ormai il primo giorno della settimana, la domenica, sarebbe stato il giorno di Lui, di Cristo. Il giorno dell’inizio della creazione diventava il giorno del rinnovamento della creazione. Creazione e redenzione vanno insieme. Per questo è così importante la domenica. È bello che oggi, in molte culture, la domenica sia un giorno libero o, insieme col sabato, costituisca addirittura il cosiddetto “fine-settimana” libero. Questo tempo libero, tuttavia, rimane vuoto se in esso non c’è Dio. Cari amici! Qualche volta, in un primo momento, può risultare piuttosto scomodo dover programmare nella domenica anche la Messa. Ma se vi ponete impegno, constaterete poi che è proprio questo che dà il giusto centro al tempo libero. Non lasciatevi dissuadere dal partecipare all’Eucaristia domenicale ed aiutate anche gli altri a scoprirla. Certo, perché da essa si sprigioni la gioia di cui abbiamo bisogno, dobbiamo imparare a comprenderla sempre di più nelle sue profondità, dobbiamo imparare ad amarla. Impegniamoci in questo senso – ne vale la pena! Scopriamo l’intima ricchezza della liturgia della Chiesa e la sua vera grandezza: non siamo noi a far festa per noi, ma è invece lo stesso Dio vivente a preparare per noi una festa. Con l’amore per l’Eucaristia riscoprirete anche il sacramento della Riconciliazione, nel quale la bontà misericordiosa di Dio consente sempre un nuovo inizio alla nostra vita.

Chi ha scoperto Cristo deve portare altri verso di Lui. Una grande gioia non si può tenere per sé. Bisogna trasmetterla. In vaste parti del mondo esiste oggi una strana dimenticanza di Dio. Sembra che tutto vada ugualmente anche senza di Lui. Ma al tempo stesso esiste anche un sentimento di frustrazione, di insoddisfazione di tutto e di tutti. Vien fatto di esclamare: Non è possibile che questa sia la vita! Davvero no. E così insieme con la dimenticanza di Dio esiste come un boom del religioso. Non voglio screditare tutto ciò che c’è in questo contesto. Può esserci anche la gioia sincera della scoperta. Ma, per dire il vero, non di rado la religione diventa quasi un prodotto di consumo. Si sceglie quello che piace, e certuni sanno anche trarne un profitto. Ma la religione cercata alla maniera del “fai da te” alla fin fine non ci aiuta. È comoda, ma nell’ora della crisi ci abbandona a noi stessi. Aiutate gli uomini a scoprire la vera stella che ci indica la strada: Gesù Cristo! Cerchiamo noi stessi di conoscerlo sempre meglio per poter in modo convincente guidare anche gli altri verso di Lui. Per questo è così importante l’amore per la Sacra Scrittura e, di conseguenza, importante conoscere la fede della Chiesa che ci dischiude il senso della Scrittura. È lo Spirito Santo che guida la Chiesa nella sua fede crescente e l’ha fatta e la fa penetrare sempre di più nelle profondità della Verità (cfr Gv 16,13). Papa Giovanni Paolo II ci ha donato un’opera meravigliosa, nella quale la fede dei secoli è spiegata in modo sintetico: il Catechismo della Chiesa Cattolica. Io stesso recentemente ho potuto presentare il Compendio di tale Catechismo, che è stato elaborato a richiesta del defunto Papa. Sono due libri fondamentali che vorrei raccomandare a tutti voi.

Ovviamente, i libri da soli non bastano. Formate delle comunità sulla base della fede! Negli ultimi decenni sono nati movimenti e comunità in cui la forza del Vangelo si fa sentire con vivacità. Cercate la comunione nella fede come compagni di cammino che insieme continuano a seguire la strada del grande pellegrinaggio che i Magi dell’Oriente ci hanno indicato per primi. La spontaneità delle nuove comunità è importante, ma è pure importante conservare la comunione col Papa e con i Vescovi. Sono essi a garantire che non si sta cercando dei sentieri privati, ma invece si sta vivendo in quella grande famiglia di Dio che il Signore ha fondato con i dodici Apostoli.

(...) Io so che voi come giovani aspirate alle cose grandi, che volete impegnarvi per un mondo migliore. Dimostratelo agli uomini, dimostratelo al mondo, che aspetta proprio questa testimonianza dai discepoli di Gesù Cristo e che, soprattutto mediante il vostro amore, potrà scoprire la stella che noi seguiamo.

Andiamo avanti con Cristo e viviamo la nostra vita da veri adoratori di Dio! Amen.



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