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Religione e società - Notizie e Commenti
“Mondanità spirituale, catastrofe per la Chiesa” Stampa E-mail
Un concetto molto caro a Papa Francesco
      Scritto da Massimo Introvigne
01/05/13
francescoI_discorso.jpgPubblichiamo alcuni estratti di un articolo apparso su La Nuova Bussola Quotidiana (le evidenziazioni in grassetto sono nostre).


Ascoltando il Magistero di Papa Francesco abbiamo sentito più volte queste parole - da ultimo nell'omelia a Santa Marta il 30 aprile -, nuove nell’insegnamento dei Pontefici: «mondanità spirituale». Si tratta, secondo il Pontefice, del rischio più grave che corre la Chiesa: come ha scritto ai vescovi argentini il 25 marzo, se la Chiesa si chiude nell’«autoreferenzialità» e nel «narcisismo» allora l’esito, catastrofico, è la mondanità spirituale.

Ma che cos’è la mondanità spirituale? E da dove viene questa idea? Leggiamo in questi giorni che si tratta di una categoria che origina da un teologo confratello gesuita di Papa Francesco, il cardinale Henri de Lubac (1896-1991). E in effetti de Lubac nel suo libro «Meditazioni sulla Chiesa», del 1953, definisce la mondanità spirituale come «il pericolo più grande per la Chiesa – per noi, che siamo Chiesa – la tentazione più perfida, quella che sempre rinasce, insidiosamente, allorché tutte le altre sono vinte, alimentata anzi da queste vittorie». (…)

Tuttavia in questo brano il futuro cardinale francese non presenta la categoria della mondanità spirituale come sua. Riferisce i commenti a «quella che dom Vonier chiamava ‘mondanità spirituale’». E gran parte della pagina, divenuta famosa, di de Lubac, consiste di citazioni debitamente virgolettate del benedettino tedesco, naturalizzato inglese, dom Anscar Vonier O.S.B. (1875-1938). (…)

Seguiamo la sua spiegazione del concetto nel libro «Lo Spirito e la Sposa» (The Spirit and the Bride), del 1935, che è più ampia delle citazioni riportate da de Lubac nel 1953.

Vonier – i cui libri sono ancora oggi ristampati in inglese, e si leggono con grande piacere e profitto – è molto attento all’influenza degli angeli, buoni e cattivi, sulla nostra anima. Il contesto è un capitolo sui doni dello Spirito Santo e su come il peccato contro lo Spirito Santo consista nell’«estinguere lo Spirito», nel sottrarsi consapevolmente alla sua influenza. Questo è stato il peccato di Lucifero. In quanto angeli, spiega Vonier, Lucifero e i suoi seguaci «non potevano peccare a causa delle passioni, il loro unico rischio era quello che si compiacessero di se stessi, dei loro stessi doni, perfino dei loro poteri soprannaturali, senza più affidarsi alla volontà che era al di sopra della loro, al movimento dello Spirito». I poteri soprannaturali di tutti gli angeli, compresi quelli di Lucifero, erano una cosa buona. Quello che non era buono era amarli per se stessi, usarli per se stessi, «rifiutarsi di andare dove lo Spirito conduce».

Questo rischio lo corre anche la Chiesa. Essa nella storia consegue tanti «risultati umani», si conquista anche tanta «gloria temporale». Costruisce – dom Vonier ne aveva fatta diretta esperienza – splendide chiese, aiuta i poveri, soccorre gli ammalati. Qualche volte il mondo perseguita: ma altre volte applaude queste «eccellenze» della Chiesa. E qui sorge il pericolo della «mondanità»: che non è riferito, spiega don Vonier, a «quanto normalmente s’intende con questa espressione». Spesso intendiamo per mondanità della Chiesa «l’amore della ricchezza e del lusso di certi suoi dignitari»: questo è male, certo, «ma non è il male principale». La Chiesa ha sempre trovato forze per superare abbastanza rapidamente le crisi di mondanità materiale. Ha avuto molte più difficoltà con la mondanità spirituale.

Non senza l’intervento del Demonio, la mondanità spirituale parte da un rifiuto ostentato – talora, peraltro, anche sincero – della mondanità materiale. L’uomo di Chiesa che è vittima della mondanità spirituale non si compiace di lussi e di ricchezze. Può anche vivere in estrema povertà, e convincersi di stare dando l’esempio di una morale particolarmente elevata. In realtà, sta preparando qualcosa che dom Vonier definisce «disastroso» per la Chiesa. Può darsi che la moralità del mondano spirituale sia davvero elevata. Ma i suoi «standard morali sono fondati non sulla gloria di Dio ma sul profitto dell’uomo: uno sguardo completamente antropocentrico sarebbe esattamente quello che intendiamo per mondanità. Anche se gli uomini fossero pieni di ogni perfezione spirituale, ma queste perfezioni non fossero riferite a Dio (supponendo che questa ipotesi sia possibile), si tratterebbe di una mondanità incapace di redenzione». Si tratta, ancora, di mondanità «spirituale» e non solo morale, perché alla fine la stessa spiritualità si corrompe, trasformata dalla «mondanità della mente» in una spiritualità dell’uomo e non più di Dio.

Dom Vonier è molto severo. «Se il Cristianesimo – scrive – dovesse mai abbassarsi al livello di una perfetta società etica il cui solo scopo fosse la promozione della prosperità umana, o perfino la promozione della moralità umana, la Chiesa sarebbe così completamente apostata come lo è Lucifero stesso: avrebbe negato lo Spirito, avrebbe rifiutato di seguirlo dove vuole condurla, avrebbe preferito piacere agli uomini piuttosto che a Cristo e avrebbe fatto dell’applauso umano la sua suprema ricompensa».

La mondanità spirituale è dunque insieme il più grande peccato e la più grande «catastrofe» per la Chiesa. Lo illustra dom Vonier, che è alle origini del concetto e che varrebbe la pena di conoscere meglio, lo ripete de Lubac citando ampi brani di dom Vonier. E oggi lo insegna il Papa. Cediamo alla mondanità spirituale tutte le volte che facciamo il bene, compiamo scelte che ci sembrano morali – e talora lo sono davvero, almeno in parte – , rifiutiamo la ricchezza, il lusso e la mondanità materiale ma lo facciamo per umanitarismo, per moralismo, per una religione dell’uomo che sembra avere accenti nobili, ma che non è la religione di Dio e di Gesù Cristo. La Chiesa così, ha detto Papa Francesco, diventa «una ONG [organizzazione non governativa] pietosa». Dietro di cui, come insegna dom Vonier, si nasconde il diavolo. Lo ha spiegato il Papa nella sua prima omelia, il 14 marzo, partendo da una citazione del romanziere francese Léon Bloy (1846-1917) per denunciare subito la mondanità spirituale: «“Chi non prega il Signore, prega il diavolo” Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo, la mondanità del demonio».


(Il link all'articolo integrale)


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