Gentile direttore,
le esternazioni del Capo del governo italiano in merito alla scuola, riportate da organi di stampa, meritano, credo, alcune precisazioni, togliendo alla questione la carica di propaganda elettorale che spesso la caratterizza.
In estrema sintesi, noi individuiamo nella scuola pubblica il compito principale nell’esercizio dell’istruzione, intesa come l’insieme delle azioni tese all’insegnamento, divulgazione ed approfondimento delle conoscenze della cultura umana.
Alla famiglia, invece, spetta il compito dell’educazione, intesa come il complesso delle azioni tese ad inserire l’istruzione ricevuta all’interno di un determinato quadro di valori.
Il tentativo di dare alla scuola pubblica una valenza valoriale è continuo; esso è preminente in tutti i sistemi politici prettamente dittatoriali, talvolta è presente anche nei modelli comunemente definiti come democratici da parte delle organizzazioni, in quel momento, esercitanti il potere.
Esiste anche nella nostra società un’opinione corrente che vorrebbe assegnare alla scuola pubblica anche il compito di veicolare valori. Ma rimangono irrisolte alcune questioni, come ad esempio quali valori proporre. In concreto questa impostazione si risolve nell’esercizio di uno Stato etico (l’idea di uno Stato che pone se stesso come fonte dell’etica) o nella prevaricazione di una lobby educativa che altrimenti, nella società, non riesce ad affermarsi.
La difesa del momento educativo dalle ingerenze pubbliche diventa, quindi, la difesa delle libertà individuali contro la possibile dittatura della maggioranza.
Quando l’esercizio del momento istruttivo pubblico si accompagna alla divulgazione di valori e messaggi contrarî a quelli di chi esercita il momento educativo - i genitori -, evidentemente si creano delle frizioni.
Non esiste un concetto di subalternità del momento istruttivo a quello educativo (o viceversa); vi è solo distinzione di esercizio e di finalità. Quindi, sarebbe opportuno che i due ambiti si conciliassero con dovute cautele e sempre tenendo presente i reciproci limiti.
Fissato uno standard minimo di contenuti che la società ritiene debbano essere trasmessi con l’istruzione a tutti i giovani, tuttavia, non vi è ragione di limitare la libertà di costruire percorsi istruttivi complementari, integrativi o sostitutivi di quelli effettuati nelle scuole statali.
Possiamo parlare, quindi, non di scuole pubbliche e private, ma di scuole pubbliche statali e non statali, nella misura in cui entrambi i tipi di struttura rispettano lo standard minimo dell’istruzione “pubblica”.
Del resto, la legge sulla parità scolastica (L.62/2000, approvata da una maggioranza di centro-sinistra) prevede in Italia un “servizio pubblico integrato” di scuole statali e scuole non statali (dette “paritarie”).
Rimane nel dibattito - e in verità sembra essere la vera questione - il problema delle risorse e la loro ragionevole ripartizione tra gli interessati (insegnanti, studenti, personale non docente, istituti, etc.).
Su questo non devono esserci equivoci: una volta assegnato all’istruzione pubblica – quale che sia il tipo di istituto che la impartisce - il compito di realizzare un determinato iter formativo, è fondamentale che siano forniti tutti i supporti economici necessari al conseguimento dell’obbiettivo, in termini di adeguata remunerazione del personale, adeguatezza delle strutture e disponibilità di fondi per la ricerca.
Fatta questa premessa, è ragionevole trovare uno o più parametri per la ripartizione degli stanziamenti pubblici: in base al numero degli utenti, in base al numero degli utenti che concludono il ciclo di studi, in base a meccanismi di deduzione degli imponibili fiscali delle famiglie degli utenti o di detrazione dalle imposte delle stesse famiglie.
Sono sicuro che, così impostata, la questione della scuola possa far sedere tutti intorno ad un tavolo per intraprendere le iniziative atte a modernizzare questo settore fondamentale per il nostro sviluppo. Sempre che non si voglia continuare in strumentalizzazioni ideologiche che servono solo a compromettere negativamente il futuro nostro e delle prossime generazioni.
Luigi Milanesi
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