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Politica - Notizie e Commenti
"Bunga-bunga" e il deserto della politica Stampa E-mail
Scandali sessuali: le responsabilitą di Berlusconi, le ipocrisie e timidezze dei suoi oppositori
      Scritto da Giovanni Martino
01/11/10
Ultimo Aggiornamento: 25/09/11
Vignetta di Vincino, da Il Foglio
Vignetta di Vincino, da Il Foglio
Tralasciando il riassunto delle puntate precedenti (Noemi Letizia, D’Addario, ecc.), si affacciano alla cronaca i nuovi protagonisti del gossip politico-sessuale che coinvolge il Presidente del Consiglio, in uno stillicidio senza fine: la minorenne marocchina pseudo-nipote di Mubarak, la trafficante di droga assistente di un parlamentare, il “giro” di ragazze di Lele Mora...

Lo scenario non è quello di Villa Certosa, in Sardegna, con il vulcano artificiale, le piante tropicali, i paparazzi con i teleobiettivi in agguato. E nemmeno quello di Palazzo Grazioli, a Roma, con il “lettone di Putin”.
Il nuovo scenario è quello della dimora di Arcore, dove si svolgono le solite feste in cui accedono “solo persone perbene”, con una sala riservata per il dopo-festa: la sala del “bunga-bunga”...

Si tratta di vicende “private” inopinatamente portate alla luce e amplificate a causa di un accanimento politico contro il Cavaliere?


Le responsabilità di Berlusconi

Che accanimento politico-giudiziario contro Berlusconi vi sia e vi sia stato non v’è dubbio. Anche coloro che lo negano in pubblico lo ammettono in privato, sussurrando: “È l’unico modo per liberarsi di un personaggio troppo ricco e potente, quindi troppo pericoloso per la democrazia”.

Chi denuncia l’accanimento sottolinea che a Berlusconi non vengono perdonati comportamenti che in altri casi passano sotto silenzio.

Difendere Berlusconi solo con la denuncia di un “accanimento”, però, sottintende un’ammissione: non si tratta di accuse false, ma della contestazione di comportamenti veri e ripetuti – per così dire – su larga scala.
Insomma, il Cavaliere, come ha riconosciuto lo stesso direttore responsabile de il Giornale, Sallusti, “offre il fianco”...

Le questioni dell'uso politico della giustizia e dell'uso spropositato delle intercettazioni sono reali. Ciò riconosciuto, dobbiamo ribadire quanto affermato ai tempi della diffusione delle intercettazioni di Fassino e D'Alema: non si può far finta di ignorare fatti reali e di importante rilievo politico, una volta divenuti di pubblico dominio. La tutela dei metodi corretti di acquisizione delle informazioni è questione importantissima, ma separata.

Peraltro, ci sembra che alcuni atteggiamenti disinvolti di Berlusconi abbiano avuto un’accelerazione negli ultimi anni, in cui è cresciuta l’insofferenza verso gli alleati (l’esclusione dell’Udc dall’alleanza), verso i collaboratori di Governo troppo critici (con un Esecutivo privo di grandi personalità), verso le convenzioni morali-sessuali (una volta che si è concluso il suo secondo matrimonio).
Insomma, uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo sembra essersi stancato di ogni compromesso, anche ragionevole...

Il nostro giudizio sui comportamenti del Cavaliere, sulla loro natura più o meno “privata”, sulla sfera di riservatezza dei politici (e degli uomini pubblici), lo abbiamo già espresso in un altro articolo. In cui scrivevamo, tra l’altro, che un giudizio morale – legittimo e necessario anche in politica – deve poter essere formulato dai cittadini.
Aggiungevamo che un giudizio morale complessivo – prescindendo dai singoli episodî – ci sentiamo di darlo anche noi: gli atteggiamenti spregiudicati degli uomini pubblici danneggiano il tessuto morale di una nazione. E la vita pubblica (come anche l’economia) ha bisogno di solide radici morali.
Non stiamo invocando improbabili figure di uomini politici moralmente ineccepibili (pure ne sono esistiti); ci accontenteremmo che molti politici - Berlusconi è in buona compagnia - evitassero quella sorta di autocompiacimento nel potersi permettere ciò che ad altri non è permesso.

Quando Berlusconi afferma di “amare la vita e le donne”, ripropone un concetto di amore deformato e snaturato. “Amare” qualcuno significa volere il suo bene; amare una donna significa ritenerla qualcosa di prezioso e unico. Usare schiere di donne come oggetto di piacere non ha nulla a che vedere con il concetto di “amore”, anche se si tratta di un comportamento penalmente non rilevante (se c’è consenso tra le parti).
A dire il vero, questa deformazione del concetto di amore, l’atteggiamento verso il sesso visto solo come oggetto di consumo, non è prerogativa di Berlusconi, ma è largamente diffuso tra uomini e donne. Però un uomo pubblico che abbraccia apertamente un tale atteggiamento finisce con l’amplificarlo e legittimarlo.


Le ipocrisie della sinistra

Gli scandali  - serî o gonfiati, fate voi – di Berlusconi si impongono al dibattito pubblico, in cui meriterebbero attenzione ben altri problemi. Ma questi scandali non distolgono dalla politica, perché la politica italiana della Seconda Repubblica è diventata un deserto.

Il Parlamento dei nominati, in questa legislatura, approva sempre meno leggi, spesso conversioni di decreti. Il Governo rinvia la realizzazione del suo programma, perché “c’è la crisi e non ci sono soldi per le riforme”. Le opposizioni – soprattutto quelle di sinistra - non esprimono proposte concrete; anzi, gli “scandali” di Berlusconi le cavano dall’impaccio di elaborare un progetto politico serio, che vada oltre l’architettura delle alleanze antiberlusconiane (Pd a vocazione maggioritaria o nuovo Ulivo?  Apertura a sinistra o al centro?).

A ben vedere, la sinistra è ambigua anche nella denuncia degli scandali sessuali. Nessuna accusa precisa, ma solo battute, ammiccamenti, generiche deplorazioni per il “disdoro della carica”.
Del resto, il libertinismo sessuale come potrebbe diventare un capo d’accusa da parte delle forze politiche e culturali che lo hanno sempre propagandato, senza mancare di praticarlo (probabilmente con maggiore cautela di Berlusconi)?

Ricordiamo il caso Marrazzo: nessuno denunciò come negativo uno “stile di vita” che si era protratto con continuità per molti anni (nessuno nell’ambiente sapeva niente?); si denunciò semplicemente la sua “ingenuità” nell’adottare un comportamento che lo “esponeva a ricatti”...

Le accuse più precise a Berlusconi sono sul versante dell’abuso della carica pubblica, con particolare riferimento al suo l’intervento presso la questura di Milano per far rilasciare la giovane marocchina.
Ma, anche qui, il vigore della denuncia si rivela sproporzionato rispetto al comportamento denunciato. Vogliamo riaffermare che un uomo pubblico debba sempre e in ogni caso astenersi da utilizzare la sua influenza per sottrarre persone a lui care da fastidî giudiziarî, anche di poco conto? Benissimo, giustissimo. Ma questo rigore dovrebbe valere anche per i politici di sinistra e i magistrati che negli anni si sono sovente adoperati – ad esempio - per difendere i loro pargoli impelagati nelle contestazioni studentesche e coinvolti in “occupazioni”, aggressioni, scontri con le forze dell’ordine (con tutto il corollario di imputazioni penali)...

Insomma, le accuse più roventi a Berlusconi vengono da un’opposizione di sinistra priva di ogni credibilità morale, che si distingue per l’insopportabile moralismo, e che utilizza senza scrupoli il linciaggio mediatico-giudiziario per togliere legittimità all’avversario politico. Oggi è Berlusconi, che pure “offre il fianco”. Ma si tratta di un’arma che è stata spesso utilizzata in maniera indiscriminata, e che rischia di perpetuare un’anomalia della vita politica italiana.

Tra i cittadini che disapprovano gli atteggiamenti di Berlusconi molti continuano a considerarlo il “meno peggio”. È il ragionamento che fa Vittorio Feltri nel suo fondo del 2 novembre, nel quale si premura peraltro di suggerire al Cavaliere di darsi una calmata, perché “in politica bisogna adattarsi al sentimento comune, anche se non lo si condivide”.

Quello del “meno peggio”, in fondo, è lo stesso ragionamento della sinistra, che chiede indulgenza verso i proprî limiti perché si propone come il male minore rispetto al berlusconismo. Berlusconi e sinistra post-comunista si sorreggono a vicenda (anche grazie al patto scellerato Berlusconi-Veltroni del 2008), utilizzando il bipolarismo rigido per alimentare la cultura del nemico e giustificare così ogni nefandezza.


Le 'timidezze' del centro

Quanti non cedono alla logica del male minore si rifugiano sempre più spesso nella protesta dell’antipolitica.

Anche perché l’opposizione di centro (Udc, Api) non riesce ancora a intercettare tutti gli scontenti.

Forse perché gli elettori non amano disperdere il voto, e l’attuale legge elettorale incentiva il bipolarismo.
O forse perché i leader di centro non prendono su questi temi una posizione convincente. Denunciano i rischi di un imbarbarimento del confronto politico, di un uso moralistico delle vicende personali (e quindi, implicitamente, le ipocrisie della sinistra). Ma il timore di sembrare moralisti sconfina nella rinuncia ad ogni discorso morale (magari nei leader del centro fa capolino la paura di divenire a loro volta bersaglio di campagne moralistiche, qualora si espongano su questo versante).


A destra: ridestati, ignavi e adulatori

Anche tra i sostenitori di Berlusconi, chi non vuole fare il gioco degli oppositori ipocriti non dovrebbe – a nostro avviso – accontentarsi di dipingerlo come il male minore. O – peggio ancora – rifugiarsi in una difesa estrema e insostenibile.
Dovrebbero levarsi voci, nello schieramento moderato, nella destra, che si sforzino di richiamare il leader alla ragione, che gli ricordino che anche uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo non può ergersi al di sopra di ogni regola o compromesso.
Anche perché una caduta rovinosa di Berlusconi rischia di danneggiare per molti anni anche la cultura politica di cui si è fatto paladino, anche nei suoi aspetti positivi.

Qualcuno dello schieramento di destra, sui giornali del 2 novembre, sembra ridestarsi da un lungo sonno.
Vittorio Feltri (che pure è stato ed è uno dei più agguerriti sostenitori di Berlusconi), come visto, inizia a dare qualche ‘suggerimento’.
Marcello Veneziani, sempre su il Giornale, manifesta il suo “disagio di scrivere e vivere tra un premier mandrillo, che non argina gli eccessi della sua sfera privata, e una mandria di sciacalli che vogliono sfruttare le sue debolezze private per occupare un potere a cui né gli italiani né le loro capacità li hanno chiamati”.
Filippo Facci su Libero è il più duro: “Non si può campare pensando sempre che gli altri sono peggio, che i giudici sono comunisti e che Fini è un traditore: anche se ci fosse del vero in tutto quanto. Non si può passar la vita a difendere il privato di Berlusconi se poi Berlusconi non fa niente per difendere dal suo privato noi, cittadini o giornalisti che perdiamo intere stagioni a discutere delle sue mutande solo perché lui ha sottovalutato dei rischi o perché deve affermare qualche principio. Berlusconi sarà anche un genio, ma i suoi casini impediscono di dimostrarlo e fanno perdere un sacco di tempo al Paese: e parlo di casini autoprocurati, non di complotti dei poteri forti. Se di notte il Premier non telefona a Obama ma a Nicole Minetti, e se la liberazione di una cubista marocchina è divenuta la missione più rilevante della nostra politica estera, la colpa non è mia. Se il Lodo Alfano serve a guadagnare tempo e a non farlo perdere al Paese, e però per farlo ci vogliono tre anni, la colpa non è mia. Se dietro Berlusconi non c’è un partito ma c’è solo lui, oltre a una serie di soldatini imbarazzanti, la colpa forse è addirittura sua. Non ho capito se alle famiglie italiane arriverà davvero un opuscolo su quanto realizzato dal governo negli ultimi due anni, ma credo che i prossimi due anni alle famiglie italiane interessino addirittura di più. Ci facciano, anzi, ci faccia sapere”.

Prese di coscienza coraggiose o antenne sensibili al vento che cambia?

In ogni caso, vediamo ancora troppi ignavi e troppi adulatori, probabilmente pronti a pugnalare con ferocia il capo solo quando sarà caduto da cavallo.


Esistono vie d’uscita?

Se il problema non è solo Berlusconi, ma un generale degrado della classe dirigente, allora individuare una via d’uscita non è facile.

Sorvolando sulla capacità di resipiscenza degli attuali protagonisti, bisogna tornare a esigere requisiti di moralità stringenti e oggettivi, non suscettibili di essere strumentalizzati per interesse di parte; bisogna rimettere al centro i contenuti della politica, ed in particolare una cultura dei valori che quei contenuti sappia elaborare; bisogna superare il bipolarismo rigido, anche con una riforma elettorale ormai indifferibile.



Giudizio Utente: / 4

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