Bertoldo nell'interpretazione di Ugo Tognazzi
Bertoldo - protagonista delle avventure narrate da Giulio Cesare Croce - è il contadino che incarna la furbizia per antonomasia.
Condannato a morte da re Alboino, accetta di buon grado la sua sorte, chiedendo però un’ultima grazia: quella di essere impiccato ad un albero di suo gradimento. Grazia concessa.
Ma, dopo anni di ricerche, in tutto il regno longobardo non era stato trovato l’albero adatto...
Questo aneddoto su Bertoldo sembra adattarsi perfettamente (lo ha ricordato di recente il ministro Sacconi, di formazione socialista) all’incapacità della sinistra italiana si porsi nei fatti – e non a parole – come sinistra “riformista”: i suoi dirigenti riconoscono la necessità delle riforme (delle pensioni, del mercato del lavoro, della giustizia, del sistema fiscale, ecc.), ma – ostaggi del massimalismo: comunista, vendoliano, giustizialista, dipietrista, girotondino, viola, grillino, sindacalista, radicale, ecc. - non trovano mai l’albero giusto a cui appenderle...
Oggi, in particolare, è di attualità la divisione interna al PD sulla riforma della legge elettorale da tutti invocata.
Alla paralisi riformista della sinistra ben si attaglia anche la celebre frase con cui Napoleone si faceva beffe degli Austriaci: "Ils sont toujours en retard: d'une journée, d'une armée, d'une idée (sono sempre in ritardo: di un giorno, di un'armata, di un'idea)". Così i vertici della sinistra italiana, che in genere sposano le grandi svolte storiche (Nato, Unione Europea, economia di mercato, ecc.) alcuni decenni dopo che sono avvenute.
Abbiamo già cercato di analizzare le radici di una crisi di identità che conduce a questa incapacità riformista. Di cui è corollario l’incapacità di offrire una credibile alternativa di governo, che vada oltre le “sante alleanze” antiberlusconiane.
Ma forse l’immagine di Bertoldo - e degli Austriaci - ci restituisce l’immediatezza di una crisi che rasenta la farsa.