Bioetica
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Ricerca scientifica: la parola ai malati
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Chi ammette ogni pratica "per cercare nuove cure" non parla a nome dei malati
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05/06/05
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La scienza deve cercare nuove cure per le malattie? Certo. Su questo siamo tutti d'accordo. Ma la strada della ricerca non deve avere rispetto per niente e nessuno? E' ammissibile - nella "procreazione assistita" - utilizzare embrioni umani come cavie, manipolarli, clonarli, sopprimerli se "difettosi"? E' lecito sottrarre fondi a ricerche che stanno dimostrando la loro validità (staminali adulte), per destinarli a ricerche che offrono meno speranze ai malati (staminali embrionali), solo perché queste ultime sono più remunerative per i ricercatori? Non si vede la differenza tra curare la malattia e sopprimere il malato (come in sostanza fa la diagnosi-selezione pre-impianto dell'embrione: "scegliamo il più bello, il più sano")? E soprattutto: non si capisce che il sogno dell'uomo perfetto, "sano" a tutti i costi, senza malattie gravi, ma anche senza colesterolo, senza miopia, senza obesità, si accompagna all'insofferenza per il malato che ci circonda? Siamo così sicuri che la vita di un "malato" non sia degna d'essere vissuta? Per una volta, sentiamo il parere dei diretti interessati. Loris Brunetta, talassemico e presidente di un'Associazione che ne difende i diritti: "I referendari hanno utilizzato la talassemia come esempio di malattia che rende necessaria la selezione preimpianto. Come se noi talassemici esistessimo soltanto come prova di non diritto alla vita, come esempio di spazzatura di cui liberarsi, qualcosa che disturba la perfezione della non sofferenza, e allora giù per lo scarico de water." "I biologi dicono che curano i bambini, e che lo fanno per i bambini di sostenere la selezione eugenetica, la diagnosi prenatale, la ricerca sulle staminali. A me non risulta che i biologi curino i bambini, sono i medici a curare i bambini, è diverso. E i nostri medici la pensano come noi, e pensano che la selezione degli embrioni sia una follia." "Bisognerebbe chiedere ai malati cosa pensano della sofferenza, invece dappertutto continua a pontificare chi non lo sa: questa cellula è sana però non è proprio come quella là, potrebbe nascere qualcosa che soffrirà, allora lo butto. Voi soffrite per altre cose, perché siete grassi o infelici o non abbastanza intelligenti, perché pensate di essere malati e magari non avete niente di niente. Non è molto diverso, e allora io, in mezzo a tutti i vostri meravigliosi diritti alla felicità, pretendo il mio diritto alla sofferenza in vita." "Dico soltanto che io sono qui, che noi siamo qui, non un'entità astratta, ma una vita che non vale meno della vostra: la vostra di certo è perfetta, bellissima, ma a noi invece è andata così, e ci piace abbastanza." Joni Eareckson Tada, americana, tetraplegica in seguito ad un incidente, autrice e conduttrice di programmi radiofonici: "E' disgustoso disporre della vita umana. Io sono una persona disabile, esposta e vulnerabile in quanto tetraplegica, e credo che le persone come me, gli anziani, i deboli, i nascituri siano in pericolo in una società che comincia a smantellare le difese intorno alla vita umana. Questa difesa cade se cominciamo a uccidere la vita e se non ci chiediamo se un embrione umano abbia o no un'anima. E io credo che quell'embrione un'anima ce l'abbia. Non è un embrione di capra, non è un topo, non è un embrione di pollo. E' umano." Elena Marchesi Paino, malata di sclerosi laterale amiotrofica, medico anestesista: "L'utilizzo della scusa dei 'poveri malati' privati di un'importante possibilità di cura [con le cellule staminali embrionali] nasconde interessi economici ingenti e nessun interesse per i malati, perché esistono altre ricerche su cellule staminali adulte, anche prelevate dallo stesso paziente, molto più promettenti e in tempi più brevi. La ricerca deve fermarsi quando per arrivare a uno scopo, anche buono, interviene manipolando l'uomo." "A Coscioni, malato come me, voglio dire che non è con l'omicidio (parola forte, ma di questo si tratta) che ci saranno benefici per noi".
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