articolo di riferimento: Gli alleati della pedofilia che fanno i moralisti
Gentile Direttore,
riguardo al Suo articolo sulla pedofilia, non posso che essere d'accordo sulla stragrande maggioranza dei concetti da Lei espressi. Un solo punto desta in me dubbi e preoccupazioni: generalizzare su coloro che puntano il dito verso i sacerdoti colpevoli di abusi sessuali, potrebbe concedere il fianco a facili strumentalizzazioni.
Mi spiego meglio: negli ultimi interventi del Papa e dei vescovi è stata più volte ribadita la necessità di riflessione, penitenza ma soprattutto Giustizia. La giustizia terrena infatti come da Lei auspicato alla fine del Suo articolo, è indispensabile per impedire che tali aberrazioni si ripetano nel tempo. Non confondiamo però la Giustizia col facile giustizialismo, perché quest'ultimo può crescere con la sottovalutazione della Giustizia stessa. La comunità cristiana cattolica richiede espressamente Giustizia e se tale sentimento viene condiviso anche al di fuori della nostra comunità, ben venga.
I valori cattolici sono valori universali (cattolico = universale) per questo motivo spesso li ritroviamo presenti e difesi da gruppi che solitamente riteniamo (e loro stessi si ritengono) distanti anni luce dalla comunità cattolica. Sono questi i momenti in cui possiamo mostrare al Mondo la coerenza e la capacità di chiamarci popolo di Dio, superando la tentazione di ostentare nonostante tutto, superiorità e indifferenza a critiche spesso lecite.
Apriamoci e diamo un segno di umiltà (non vergogna o sottomissione) che ci consenta di mostrare il vero volto della Chiesa di Dio che altro non è che la Sua sposa che lavora e soffre per i Suoi figli siano essi vittime o colpevoli.
Distinti saluti
Riccardo Evangelista
Risponde Giovanni Martino
Gentile amico,
sono davvero rammaricato se il mio articolo suscita l’impressione di “generalizzare su coloro che puntano il dito verso i sacerdoti colpevoli di abusi sessuali”, e di “ostentare superiorità e indifferenza a critiche spesso lecite”. Ciò non era assolutamente nelle mie intenzioni.
Quando sottolineavo che i primi ad esser feriti da questi crimini odiosi sono i cattolici, non intendevo sostenere che solo dai cattolici può provenire una legittima critica al fenomeno pedofilia o una richiesta di giustizia.
Piuttosto, cercavo di mettere a fuoco contenuti e scopi di molte delle condanne espresse negli ultimi mesi.
Le critiche di quanti giudicano orribile il fenomeno, e chiedono alla Chiesa maggiore severità, sono benvenute da qualsiasi fonte provengano.
A quanti, tra questi critici, sono non credenti, nel mio articolo mi sono permesso di segnalare – è una valutazione socio-culturale che non vuole entrare nell’animo di nessuno – che la sensibilità collettiva verso il fenomeno non è scontata, ma si è sviluppata in duemila anni di cristianesimo.
Alle critiche sincere e fondate, però, se ne aggiungono altre che vanno fuori bersaglio, perché superficiali, ipocrite o tendenziose: sono quelle – come ho scritto – di “quanti cavalcano lo scandalo per denigrare la Chiesa”, e “cercano di far passare l’idea che ogni sacerdote cattolico celibe sia un potenziale pedofilo; o che le coperture offerte da alcuni membri della gerarchica ecclesiastica attestino l’indulgenza della Chiesa tutta verso un crimine tanto odioso (e, quindi, la sua inadeguatezza come autorità morale)”.
L’infondatezza di alcune critiche - quelle oggetto della mia polemica, e che peraltro provengono anche da ambienti cattolici - si può ricavare da molti elementi, che ho cercato di passare in rassegna in un articolo più analitico: “Attacco alla Chiesa?”
Nell’articolo cui Lei si riferisce prendevo di mira, più in particolare, l’ipocrisia sfacciata di chi critica la Chiesa sulla pedofilia proprio mentre propaganda una cultura che ‘sdogana’ tale perversione.
Concludendo.
La mia analisi non voleva essere una difesa d’ufficio della Chiesa.
La posizione ufficiale della Chiesa è quella del Papa, che ha combattuto con energia ogni reticenza in tema di pedofilia, ha accusato i nemici interni prima che quelli esterni, ha chiamato tutti i cristiani alla penitenza.
Il Papa, come Pastore, fa alla Chiesa un richiamo morale alto, non si rifugia in giustificazioni che possono avere il sapore dell’alibi.
I cattolici devono innanzitutto ascoltare il suo richiamo.
Chi però voglia entrare nel dibattito culturale e “politico”, credente o non, deve prendere in esame tutti gli aspetti di un problema.
Ed il laico cattolico può e deve correre quel rischio che il Papa non può correre, cioè di operare “distinguo” che possono sembrare una sottovalutazione del problema.
L’equilibrio non è mai facile, e può dare adito a spiacevoli fraintendimenti.
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