Caravaggio, Conversione di Saulo (particolare)
Antony Flew con Roy Abraham Varghese
Dio esiste. Come l'ateo più famoso del mondo ha cambiato idea
ed. Alfa & Omega, Caltanissetta 2010
Nel dicembre del 2004 un lancio d’agenzia dell’Associated Press semina il panico nella comunità scientifica e filosofica atea: il suo più prestigioso pensatore passa nel campo avverso. Roy Abraham Varghese riepiloga, nella prefazione, l’isterica reazione di scienziati e filosofi alla notizia che Antony Flew crede in Dio. Ricorda la caccia alle streghe, degna della miglior Inquisizione, messa in atto su Internet “…apparentemente gli zeloti religiosi non hanno il monopolio del dogmatismo, dell’inciviltà, del fanatismo e della paranoia”.
Passa poi ad inquadrare la figura di Flew in ambito filosofico, ricordandoci che è colui il quale dà sistematicità al pensiero ateo i cui campioni erano fino alla sua comparsa David Hume, Arthur Schpenhauer, Ludwig Feuerbach e Friedrich Nietzsche. Mentre Bertrand Russel è da classificare tra gli agnostici, in personaggi come Alfred Ayer, Jean-Paul Sartre, Albert Camus e Martin Heidegger, l’ateismo è nient’altro che un prodotto di scarto del loro sistema di pensiero. L’apporto originale di Flew sembra mettere il chiodo finale nella bara che il positivismo logico aveva preparato per il teismo. Il positivismo logico, introdotto dal Circolo di Vienna, sosteneva che “le sole asserzioni significative erano quelle capaci di essere verificate attraverso l’esperienza dei sensi” cioè solo scienza, logica e matematica avevano diritto di cittadinanza, mentre metafisica, religione, estetica ed etica erano insignificanti, perché non verificabili empiricamente. Ma il positivismo logico aveva chiaramente inconsistenze intrinseche che non potevano assolutamente portare alla sconfitta del teismo. Flew offrirà però nuove e ben più consistenti cartucce al pensiero ateo.
Ma, mentre lui cambia idea, i media sono impegnati ad incensare il cosiddetto “nuovo ateismo” che emerge sin dall’inizio del 2000. Autori quali Daniel Dennet e Richard Dawkins diventano popolari, anche se il livello dei loro argomenti è, come dice Varghese, “modesto”. Il loro obiettivo sono le religioni organizzate, anche se “paradossalmente, i loro stessi libri possono essere letti come un sermone fondamentalista”. Il punto è che questi autori non offrono nulla di nuovo alla discussione filosofica sull’esistenza o meno di Dio. Nessun apporto razionale, solo evasioni per non affrontare questioni quali la consapevolezza e il pensiero concettuale. Sull’origine della vita vanno da un “iniziale colpo di fortuna” (Dawkins) al “quindi un miracolo accadde” (Dennett). “Sarebbe giusto dire che il ‘nuovo ateismo’ non è niente più che una regressione alla filosofia del positivismo logico a cui hanno rinunciato persino i suoi più ardenti proponenti”.
Significativi gli attacchi a Flew. Dawkins, non solo insinua il dubbio che il suo cambio di idea sia dovuto alla senilità, ma lo accusa di apostasia. Varghese sottolinea il fatto che Dawkins “come molti di quelli il cui credo è basato sulla fede cieca, non può tollerare dissenso o defezione” e aggiunge che a differenza di Dawkins “filosofi, grandi o sconosciuti, giovani o vecchi, cambiano idea sulla base delle evidenze”. Dawkins tenta anche di portare Einstein dalla sua parte, arruolandolo tra gli atei, quando lo stesso Einstein ha sempre, e specificamente, negato non solo di essere ateo o panteista, ma nemmeno positivista “Non sono positivista. Il positivismo dichiara che quello che non può essere osservato non esiste. Questa concezione è scientificamente indifendibile, perché è impossibile fare affermazioni valide su cosa la gente ‘può’’ o ‘non può’’ osservare. Uno dovrebbe dire ‘solo quello che noi osserviamo esiste’, il che è assolutamente falso” (citato da Varghese). Dawkins può essere accostato a scrittori della scienza popolare come Carl Sagan e Isaac Asimov che si consideravano sacerdoti della loro religione. Si sentono nel giusto perché concentrano i loro attacchi sugli abusi storici delle principali religioni mondiali “ma gli eccessi e le atrocità delle religioni organizzate non hanno nessun rapporto con l’esistenza di Dio, così come la minaccia di proliferazione nucleare non ha nessun rapporto con il problema se E=mc2”.
Flew introduce il libro dicendo di aver cambiato idea anche su altre cose come per esempio sul libero mercato, visto che per un certo periodo è stato marxista. Quando entra alla Kingswood è un comunista professo, poi deluso dalla sottomissione dei comunisti inglesi a Mosca, diventa socialista. Alla fine degli anni ’50 esce dal partito laburista. Ad un certo punto nel libro, per evitare equivoci, scrive “Non rivendico di aver avuto un’esperienza personale di Dio o qualsiasi esperienza che possa essere chiamata soprannaturale o miracolosa. In breve, la mia scoperta del Divino è stato un pellegrinaggio della ragione non della fede”.
Figlio di un predicatore metodista, studia all Kingswood School, viaggia con la famiglia visitando Francia e Germania. Resta impressionato quando vede i cartelli che proibiscono l’accesso agli ebrei nei locali pubblici tedeschi, le parate delle camice brune e delle SS. L’antisemitismo e il totalitarismo lo convincono, quando ha appena 15 anni, che un Dio buono e onnipotente non esiste. Si laurea a Oxford nel 1947 dove, dopo aver vinto il premio John Locke in filosofia mentale, inizia ad insegnare. Viene influenzato dagli scritti di Wittgenstein e partecipa all’attività del club Socratico di Oxford, un forum di dibattito tra atei e cristiani, presieduto dal celebre apologeta cristiano C. S. Lewis e il cui motto era il socratico “segui il ragionamento dovunque conduca”. Il solo saggio presentato da Flew al forum sarà “Teologia e Falsificazione”, uno dei saggi filosofici più influenti e più ristampati del secolo scorso. Con questo saggio Flew pensa di aver chiuso i conti con i teisti. Insegna alla Christ Church, si sposa, quindi va in Scozia dove insegna alla University of Aberdeen, poi si sposta in Canada e USA. Pubblica 35 libri sui più svariati temi filosofici. Sostiene con forza che spetta ai credenti l’onere della prova dell’esistenza di Dio. Da filosofo non-dogmatico cambia spesso opinione su argomenti in discussione quali la conoscenza oggettiva, il libero arbitrio e la libera scelta.
Ricorda quattro celebri dibattiti pubblici a cui ha partecipato negli USA, tra il 1976 e il 1998. Dibattiti in grado di attirare migliaia di persone (a Denton, Texas tra 5 e 7 mila persone) e in cui Flew ribadisce le proprie posizioni atee. Il più memorabile, quello tenuto alla New York University nel 2004, dove annuncia che, dopo aver valutato le più recenti scoperte scientifiche, in particolar modo il DNA, accetta ora l’esistenza di Dio.
Quindi rievoca quello che lui chiama “il teorema della scimmia” di Gerry Schroeder. Il fisico e biologo del MIT, per dimostrare quanto infondata sia la possibilità che la vita sul pianeta derivi dal caso, usa l’analogia di un gruppo di scimmie che battendo la tastiera di un computer finiscano per scrivere un sonetto shakespiriano. In effetti un esperimento è stato compiuto dal British National Council of Arts. Uun computer viene posto in una gabbia contenente sei scimmie e dopo un mese d’uso, le scimmie sono riuscite a produrre ben 50 pagine scritte ma senza una sola parola. Schroeder nota che la parola più corta in inglese ha una sola lettera, a o I. A è una parola solo se c’è uno spazio prima e uno dopo. Le scimmie non sono riuscite neppure a produrre una parola di una lettera! Se questo non ha funzionato con un sonetto shakespiriano “è semplicemente assurdo sostenere che un atto molto più elaborato come l’origine della vita possa essere raggiunto per caso”, conclude Schroeder. Flew sostiene che la selezione naturale non produce positivamente nulla, elimina o tende ad eliminare solo ciò che è competitivo e attacca come mistificazione il “Gene Egoista” di Dawkins.
Alla domanda su cosa lo abbia spinto a cambiare idea risponde che sono le moderne scoperte scientifiche ad averlo convinto:“La scienza evidenzia tre dimensioni della natura che puntano a Dio. La prima è il fatto che la natura obbedisce a certe leggi. La seconda è la dimensione della vita, intelligentemente organizzata ed esseri motivati da un fine, che deriva dalla materia. La terza è la stessa esistenza della natura”. Prevede obiezioni al fatto che lui non sia uno scienziato e chiarisce quindi la differenza tra scienza e filosofia, “Quando studiamo l’interazione tra due corpi fisici, per esempio due particelle subatomiche, ci stiamo occupando di scienza. Quando ci chiediamo come mai queste particelle subatomiche – o qualsiasi cosa fisica – possano esistere e perché, ci stiamo occupando di filosofia. Quando tiriamo conclusioni filosofiche da dati scientifici, stiamo pensando come filosofi”. In altre parole uno scienziato non può pretendere che tutti si adeguino ad una interpretazione univoca delle sue scoperte. Se gli scienziati si impegnano in analisi filosofiche la loro autorità scientifica non ha nessuna rilevanza. Non a caso Einstein diceva “Un uomo di scienza è un povero filosofo”. Ciò non toglie che negli ultimi decenni influenti scienziati abbiano costruito un visione filosoficamente convincente di un universo razionale che guida verso una Mente superiore.
Per Flew sono tre le questioni rilevanti della ricerca scientifica. La prima è “Come sono nate le leggi della natura?”, la seconda “Come un fenomeno come la vita è nata dalla non-vita?” e la terza “Come l’universo, per cui consideriamo che tutto sia fisico, è nato?” Le leggi naturali sono una regolarità o simmetria della natura. Per esempio la legge della conservazione dell’energia dice che l’ammontare totale dell’energia in un sistema isolato rimane costante. Ma l’aspetto veramente importante è che queste regolarità sono matematicamente precise, universali e correlate. Einstein parla di “ragione incarnata”. “La domanda che dovremmo porci è come la natura sia stata confezionata in questo modo. Questa è certamente una domanda che scienziati da Newton ad Einstein ad Heisenberg si sono posti e a cui hanno dato una risposta. La loro risposta è stata: la Mente di Dio”. Einstein disse “Voglio conoscere come Dio ha creato questo mondo… Voglio conoscere i Suoi pensieri, il resto sono dettagli.” Flew ricorda i disonesti tentativi degli atei di tirare dalla loro parte Einstein nonostante le sue ripetute affermazioni contrarie. Sulla stessa linea di Einstein, nella connessione tra le leggi della natura e la mente divina, troviamo anche i padri della fisica quantistica, Max Planck, Werner Heisenberger, Erwin Schrödinger e Paul Dirac. “Se accettiamo il fatto che ci sono leggi, allora qualcosa deve aver imposto questa regolarità all’universo”. Dice Paul Davies “Gli atei sostengono che le leggi [di natura] esistono senza ragione e che l’universo è definitivamente assurdo. Come scienziato, trovo questo difficile da accettare. Ci dev’essere una base razionale inalterabile a cui la logica ordinata della natura dell’universo è radicata”.
Un altro argomento che Flew considera importante è il principio antropico, secondo cui l’universo sarebbe stato messo a punto per l’emergere della vita, una leggerissima variazione della velocità della luce o della massa di un elettrone e la vita non sarebbe stata possibile. Praticamente nessuno scienziato sostiene oggi che la messa a punto dell’universo sia dovuta al caso. I multiversi in opposizione a un universo è un’altra ipotesi, altamente speculativa, degli atei che non spiega però le origini delle leggi della natura. È un’alternativa disperata, “se l’esistenza di un universo richiede una spiegazione, multipli universi richiedono una spiegazione ancora maggiore”. Non c’è, a detta di Flew, una soddisfacente spiegazione naturalistica all’emergere della vita. “Come può un universo fatto d’insensata materia produrre esseri con fini intrinseci, capacità di auto-riproduzione e ‘chimica codificata’? Qui non è una questione di biologia, ma di una categoria di problema completamente differente”. E l’origine delle informazioni in codice del DNA e del RNA? Siamo qui in presenza di un codice che per definizione esige un codificatore. Dice il fisiologo, premio Nobel, George Wald “Noi scegliamo di credere all’impossibile: che la vita sia sorta spontaneamente a caso”. Un’altra brutta gatta da pelare per gli atei è la teoria del Big-Bang. Cioè che l’universo da loro considerato eterno, senza inizio e senza fine, abbia avuto un’inizio. E se ha avuto un inizio chi ha prodotto questo? Anche in questo caso le speculazioni si sprecano, auto-contenimento, fluttuazione quantica e il nulla che danno miracolosamente origine al cosmo.
Flew conclude il testo con una frase che sintetizza l'approccio mentale della sua ricerca "Un giorno potrei sentire una Voce che chiede 'Mi senti ora?'"
Nell’appendice A al libro, Varghese riepiloga le principali lacune degli atei militanti, elencandole in 5 fenomeni che gli atei non sono in grado di spiegare:
- La razionalità
- La vita
- La consapevolezza
- Il pensiero concettuale
- L’ego
Varghese, usa l’esempio di un tavolo di marmo e sostiene che se anche gli dessimo 3 miliardi di anni di tempo o l’infinito, questo non diventerebbe improvvisamente o gradualmente conscio della propria identità o del proprio intorno, “non diverrebbe mai ‘consapevole’, mai ‘penserebbe’, mai direbbe ‘Io’. Ma la posizione degli atei è che, a un certo punto nella storia dell’universo, l’impossibile e l’inconcepibile ci sia stato”. Nonostante negli ultimi 3 secoli la scienza abbia fatto passi da gigante nella comprensione del mondo fisico, non è in grado di dire nulla sulla natura o l’origine dei fenomeni di cui sopra. A qualche scienziato che ha tentato di spiegarli come manifestazione della materia, come una semplice transazione neurale, Varghese replica che sarebbe come dire che “l’idea di giustizia non è nient’altro che un serie di macchie d’inchiostro su un pezzo di carta”.
Sulla razionalità gli atei tagliano corto sostenendo che l’universo è sempre esistito e sempre esisterà, ma questo non spiega da dove questa eternità venga fuori. Spiegano anche che l’universo potrebbe avere una logica che noi non riusciamo a comprendere e quindi non c’è ragione di credere che esista un Essere supremo. Un altro punto contraddittorio è il concetto del “nulla” considerato come “qualcosa”. L’universo viene dal nulla, quindi niente leggi, niente campi, niente energia, niente simmetria. Nessuna proprietà, nessuna potenzialità. Questo non spiega però come dal “nulla” venga fuori “qualcosa”. Nonostante alcuni scienziati atei ritengano che tutte le questioni relative all’evoluzione siano scientificamente risolte, in realtà l’origine della vita in sé stessa, dalla prima cellula fino agli esseri viventi più complessi, è compresa pochissimo. Il ricorso (Dawkins) alla magia dei grandi numeri coinvolti è al limite della superstizione. Il fatto che siamo un cumulo di neuroni non spiega granché. Loro, i neuroni, non hanno qualcosa che assomiglia alla nostra consapevolezza e non c’è nulla che provi che siano in grado di produrre la consapevolezza. Sistemi di neuroni sono presenti nel cervello e nella stessa regione si forma la consapevolezza ma non c’è nessuna prova che “la materia possa improvvisamente ‘creare’ una nuova realtà che non ha nessuna rassomiglianza con la materia”. Come dire che tra un granello di sabbia e il cervello di Einstein non ci sarebbe nessuna differenza. Daniel Bennet sostiene che siamo delle macchine e che le macchine possono essere consapevoli. Un computer, la più sviluppata delle macchine, fa ma non sa cosa sta facendo, non pensa, non ha un ego. Dennet sostiene che la base della sua filosofia è l’assolutismo della terza persona, cioè sarebbe come dire che Dennet può tranquillamente affermare che “Io non credo in “Me’”. Il filosofo fisicalista John Searle a questo proposito ironizza “Se sei tentato dal funzionalismo, credo che abbia bisogno non di essere smentito, ma di essere aiutato”.
Il potere di pensare, capire e significare è qualcosa che trascende la materia. Cose come l’idea di libertà non hanno nulla a che vedere con la materia. Se c’è qualcuno che ha da obiettare coerenza vorrebbe che smettesse di parlare e di pensare. Non è il cervello che capisce ma noi. Il cervello rende possibile la comprensione. L’emissione di dati del computer è comprensibile a noi non al computer. La linea elettrica trasporta la corrente ma non medita sul libero arbitrio. “Io”, “me”, “mio” sono il più stimolante mistero di tutto. Io non sono in una particolare cellula del cervello o in una particolare parte del corpo. Le cellule e il corpo cambiano ma io resto lo stesso. Hume, che non riesce a trovare sé stesso, dimentica di chiedersi “Chi sta ponendo la domanda?” “Noi ci rendiamo conto che l’Io non può essere descritto, lasciato come sola spiegazione, in termini fisici o chimici: la scienza non scopre l’Io, l’Io scopre la scienza”.
L’appendice B è una conversazione tra Flew e il vescovo N.T. Wright su Gesù Cristo.