scienziati... o alchimisti?
Nel dibattito attuale si perde sempre più spesso la differenza tra la scienza e la magia.
Tutti sappiamo che la rivoluzione scientifica ha avuto il grande merito di tagliare la testa alla magia. Il Cinquecento, infatti, è «il tempo dei maghi» (P. Rossi) per eccellenza. Il tempo in cui, accanto alla scienza nascente, risorgono fortissime, nell'ambito della riscoperta del mondo pagano, astrologia, alchimia, culti animisti ecc. Scienza e magia si trovano così a fronteggiarsi, negli stessi anni, e sullo stesso terreno: il dominio della natura. La magia infatti, con i suoi filtri di giovinezza, la sua idea di creare l'homunculus, la sua credenza nella pietra filosofale, si presenta appunto come una «tecnica», fatta di riti, invocazioni, formule, per ottenere un controllo su tutto, dagli astri alla lunghezza della vita. Anche la scienza, d'altra parte, cerca di controllare la natura. Ma allora - è giusto chiedersi - dov'è la differenza fondamentale, nello spirito, tra scienza e magia?
Cerchiamo di rispondere. Il mago si rende conto, almeno intuitivamente, della esistenza di leggi naturali che non si possono violare; vede i limiti presenti nella sua stessa natura e in quella delle cose: epperò decide di violarli, di imporsi, di andare contro È lui che vuole il potere, che desidera affermarsi al di là di ogni distinzione tra bene e male, giusto e ingiusto. I sentimenti che lo guidano sono la superbia e il delirio di onnipotenza.
La scienza, al contrario, è conoscenza della natura, attraverso l'interrogazione della stessa. Lo scienziato conosce costringendo la natura a rispondergli, a svelarsi quale essa è, quale è stata progettata dal Creatore. «Alla natura si comanda solo obbedendo ad essa»: «nella natura - chiosa il Rossi - c'è un ordine. Questo ordine va faticosamente appreso» e pone dei «limiti invalicabili».
Comandare alla natura obbedendole, significa che per volare non cerco di infrangere la legge di gravità con una scopa magica, ma che, studiando il volo degli uccelli, calcolando la gravità, le forze ecc. costruisco un aeroplano, che vola seguendo le leggi della natura stessa. Il vero atteggiamento dello scienziato, allora, è assai umile: «Se non diventerete simili ai fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli: la stessa disposizione, afferma Bacone, deve essere assunta per entrare nel regno della natura» (P. Rossi, cfr. riferimenti bibliografici).
Il mago, invece, non ha nessun rispetto, nessuna predisposizione fanciullesca, umile, di fronte al reale. Al contrario, è guidato da un desiderio, un sogno, di onnipotenza. Pensa di poter agire senza limiti, senza regole, contro natura.
Ecco, la situazione odierna è proprio questa: scienziati che ritornano maghi, che agiscono come maghi, dando vita ad una «scienza alchimistica», magica, che vuole trasformare il piombo in oro. La scienza, o meglio la tecnica, viene oggi sempre più spesso utilizzata con una mentalità magica. Gli esempi sono infiniti: dalla pillola contraccettiva, che blocca un processo naturale, non senza conseguenze fisiche negative sulla donna, alla pillola che servirebbe a mantenere più a lungo la fertilità, anche se chiaramente con effetti imprevedibili sulla eventuale salute di un bimbo concepito in tarda età esclusivamente grazie a preparati chimici.
Ma penso soprattutto alla creazione delle chimere, cioè alla produzione di embrioni umani, ibridati con materiale animale. Oppure alla produzione di pecore con gli organi al 15% "umani», di topi con l'1 % di cellule cerebrali umane... (cfr. Newton, luglio 2007). Penso ancora alla usanza di brevettare il Dna come fosse una proprietà privata, per scopo di lucro; oppure alle tecniche di fecondazione artificiale, tutte assolutamente sperimentali ed aleatorie, come ad esempio la Icsi, che permette sì ad un padre sterile, in alcuni casi, di avere un figlio, ma di averlo quasi sicuramente sterile come lui, e probabilmente con altre malattie che si possono solo lontanamente prevedere. Penso, infine, soprattutto, alla clonazione, che è il più evidente esempio di una scienza divenuta preda della mentalità magica, che si propone cioè di dare e controllare la vita umana. Non è un caso che a lanciare per primi la notizia, fasulla, di aver clonato una creatura umana siano stati i Raeliani, cioè una setta con evidenti venature magiche. Non è neppure un caso che costoro abbiano deciso di darle il nome Eva, come se si ritenessero effettivamente dei creatori al pari di Dio. La clonazione, essendo una modalità di riproduzione asessuata, che separa artificiosamente sesso e procreazione, che nega la dipendenza, la relazione, costitutiva di ogni esistenza, è appunto già per questo un'operazione tipicamente magica. Una operazione in cui colui che si fa clonare afferma il suo potere, parola essenziale quando si parla di magia, per riprodurre non tanto un altro, ma, almeno nei suoi fantasiosi desideri, un altro se stesso, geneticamente uguale, per farne un deposito di organi da depredare al bisogno, oppure un tentativo di sopravvivere, nell'aldiquà, anche dopo la morte. La clonazione è dunque una vera operazione magica, perché nasce da un sogno di immortalità terrena e di totale controllo eugenetico sulla vita e perché, per fare questo, decide della natura dell'uomo non oggettivamente, ma soggettivamente. Infatti, se lo scienziato riconoscesse ciò su cui opera, l'embrione umano, appunto come un essere umano, dovrebbe automaticamente porsi dei limiti.
Invece, per sfuggire il limite, oggettivo, si inventa in modo arbitrario la definizione di ciò su cui sta sperimentando. Alla domanda: «Ibridi, chimere, embrioni transgenici: dobbiamo rivedere la nozione di essere umano?», il celebre biologo Edoardo Boncinelli risponde: «Sì, anche a prescindere da questi esperimenti. Possiamo dire che c'è l'uomo all'atto della fecondazione [il che è scientificamente vero, ndr], alla fine della seconda settimana, alla prima reazione che l'embrione ha a un disturbo esterno, al primo segnale elettroencefalografico, quando nasce, quando è in grado di ricordare. A noi la scelta» (in Newton, luglio 2007). Evidentemente, ognuno capisce che «a noi la scelta» non è un modo di ragionare scientifico. Eppure così facendo, se decidiamo noi di volta in volta chi è uomo o meno, se cambiando definizione arbitrariamente acquisiamo un diritto assoluto su ciò che definiamo, ogni limite oggettivo cade e tutto diventa lecito. Si sosterrà che l'aborto è legale sino al terzo mese, come in Italia, oppure, come accade altrove, che lo è sino al settimo, o sino al nono, o dopo la nascita, come propongono famosi bioeticisti... L'importante, perché l'operazione magica avvenga, è appunto che il magoscienziato neghi all'embrione o al feto su cui esperimenta, con una semplice definizione cangiante, con una formula magica, la sua realtà e oggettiva consistenza.
Riferimenti bibliografici
Paolo Rossi
Il tempo dei maghi. Rinascimento e modernità
Raffaello Cortina, 2006.
pubblicato su Il Timone del dicembre 2007