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Lettere - Lavoro, casa, crisi economica
Cambiamo mentalità prima ancora che il lavoro Stampa E-mail
04/02/09

Il periodo di recessione che stiamo vivendo probabilmente è il peggiore che la storia ricorderà, perché si è passati da un tenore di vita agiato a uno molto precario, senza spiragli di miglioramento.

Si possono affrontare le situazioni più difficili, a patto che poi ci sia una fine e si ritorni a una vita normale e gratificata dai frutti del proprio lavoro.

Se facessimo il nostro dovere senza invidiare quel parassita del collega super-raccomandato; se ci mettessimo degli obbiettivi per arrivare a dei traguardi che possiamo davvero raggiungere; se ubbidissimo, senza contestare, quegli incapaci dei nostri capo servizio, messi a organizzare il nostro lavoro senza un briciolo di cognizione di causa; se i nostri politici facessero politica non come un lavoro, ma come una vera missione per il bene di tutti; se tutti fossimo un po’ più umili e ci comportassimo come il vero padre di famiglia citato nel codice civile...
Se facessimo tutto ciò, oggi non staremmo a piangerci addosso. Avete mai provato ad amare persone al di fuori dei parenti stretti? Avete mai provato a chiedere scusa anche quando eravate sicurissimi di aver ragione? Avete mai pensato che questa vita è velocissima e molte volte... è troppo tardi?

Avete mai pregato nostro Signore senza chiedere vita agiata, ricchezza e tutto quello che non si ha?

Quello che scriverò sarà molto impopolare, ma è la soluzione a tutti i nostri problemi: vogliamoci bene è avremo più soddisfazioni di quante non ne dia qualsiasi lavoro. Non dimenticatevi mai di Gesù, che è morto sulla Croce per il nostro bene.

Non sono un prete, ma ogni tanto prego e le mie preghiere finiscono quasi sempre con: "O Signore, stai sempre  vicino a me, alla mia famiglia e a tutti quelli che Ti vogliono bene". Sono sicuro che è vicino anche a quelli che non gli vogliono bene.

Chi leggerà queste poche righe crederà che sono pazzo. Cerco di convincermi che il problema è il lavoro, ma non è così: il vero problema sono io, siamo noi.

Grazie dell’attenzione.

Luciano


 
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