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Religione e societą - Cattolici e politica
"A tutti gli uomini liberi e forti..." Stampa E-mail
La straordinaria attualitą dell'appello di Luigi Sturzo, a cento anni dalla sua diffusione
      Scritto da Commissione provvisoria del Partito Popolare Italiano
18/01/09
Ultimo Aggiornamento: 17/06/19

appello_liberieforti.jpgTra fine Ottocento e inizio Novecento, finché fu in vigore il non expedit di Pio IX, i cattolici italiani non potevano partecipare attivamente alla vita pubblica. Il panorama politico era dominato dalle élites liberali (della destra e sinistra storica) che detenevano le leve del potere economico. Il malcontento popolare era in larga parte incanalato dal nuovo Partito Socialista, che aveva ancora una matrice rivoluzionaria. I cattolici erano fortemente presenti nella realtà sociale, con numerose iniziative di educazione, formazione professionale, casse rurali, società di mutuo soccorso e cooperative, in larga parte coordinate dall'Opera dei Congressi.

Con l'enciclica Rerum Novarum, inoltre, Leone XIII aveva fondato la dottrina sociale della Chiesa, elaborando quel filone di pensiero capace di cogliere i nuovi sviluppi sociali molto meglio del liberalismo e del socialismo, tanto da conservare attualità (anche grazie allo sviluppo dei successivi pontefici) sino ad oggi.

Il mondo cattolico, insomma, era quello più vitale nel tessuto socioeconomico, e dotato delle idee più innovative. Ma non aveva proiezione politica: era considerato un semplice serbatoio di voti. 
A partire dal 1904 furono concesse alcune eccezioni al non expedit. Nel 1913 fu stipulato il "patto Gentiloni", con il quale i cattolici votarono candidati liberali che si impegnavano a non sostenere misure anticlericali. Ma solo con il 1919  Benedetto XV abrogò definitivamente il non expedit: i cattolici potevano ora assumersi le loro responsabilità pubbliche, distinte da quella della Chiesa, direttamente e sulla base di un programma coerente.

La sfida fu raccolta da una classe dirigente ormai pronta, coordinata da un sacerdote siciliano intraprendente (aveva sostenuto molte iniziative economiche e sociali), colto, coraggioso, intellettualmente libero, seppur devoto alla sua Chiesa: don Luigi Sturzo. Questi uomini fondarono il Partito Popolare Italiano, un partito fondato sui valori di ispirazione cristiana, ma aconfessionale, cioè indipendente dalla gerarchia ecclesiastica nelle decisioni politiche. Un partito che privilegiò la strada dei contenuti a quella delle alleanze di potere (di qui la scelta centrista), e che alle prime elezioni ebbe un inaspettato e travolgente successo di consensi.

Riproponiamo di seguito l'appello che il Comitato Provvisorio del PPI lanciò il 18 gennaio 1919 agli Italiani, agli "uomini liberi e forti", in particolare "moralmente liberi e socialmente evoluti", "senza pregiudizi né preconcetti".
Un appello che, una volta entrati nello stile espositivo dell'epoca, colpisce per la straordinaria attualità, in un'epoca - come quella che viviamo - in cui ai cattolici sembrano essere offerti solo nuovi "patti Gentiloni" con la destra e la sinistra.

L'appello enuncia l'esigenza di uno "Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali - la famiglia, le classi, i Comuni - che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell'Istituto Parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale (...) l'autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali".
L'appello enuncia altresì l'esigenza che le riforme avvengano non sulla base di contrattazioni estenuanti tra gruppi di potere, ma sulla base di una vera cultura politica di valori: "Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principii del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell'Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte (...) a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell'organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici".

Ecco il testo integrale dell'appello.


A tutti gli uomini liberi e forti, che in questa grave ora sentono alto il dovere di cooperare ai fini superiori della Patria, senza pregiudizi né preconcetti, facciamo appello perché uniti insieme propugnano nella loro interezza gli ideali di giustizia e libertà. E mentre i rappresentanti delle Nazioni vincitrici si riuniscono per preparare le basi di una pace giusta e durevole, i partiti politici di ogni paese debbono contribuire a rafforzare quelle tendenze e quei principi che varranno ad allontanare ogni pericolo di nuove guerre, a dare un assetto stabile alle Nazioni, ad attuare gli ideali di giustizia sociale e migliorare le condizioni generali, del lavoro, a sviluppare le energie spirituali e materiali di tutti i paesi uniti nel vincolo solenne della "Società delle Nazioni".

E come non è giusto compromettere i vantaggi della vittoria conquistata con immensi sacrifici fatti per la difesa dei diritti dei popoli e per le più elevate idealità civili, così è imprescindibile dovere di sane democrazie e di governi popolari trovare il reale equilibrio dei diritti nazionali con i supremi interessi internazionali e le perenni ragioni del pacifico progresso della società.

Perciò sosteniamo il programma politico-morale patrimonio delle genti cristiane, ricordato prima da parola angusta e oggi propugnato da Wilson come elemento fondamentale del futuro assetto mondiale, e rigettiamo gli imperialismi che creano i popoli dominatori e maturano le violente riscosse: perciò domandiamo che la Società delle Nazioni riconosca le giuste aspirazioni nazionali, affretti l'avvento del disarmo universale, abolisca il segreto dei trattati, attui la libertà dei mari, propugni nei rapporti internazionali la legislazione sociale, la uguaglianza del lavoro, le libertà religiose contro ogni oppressione di setta, abbia la forza della sanzione e i mezzi per la tutela dei diritti dei popoli deboli contro le tendenze sopraffattrici dei forti.

Al migliore avvenire della nostra Italia - sicura nei suoi confini e nei mari che la circondano - che per virtù dei suoi figli, nei sacrifici della guerra ha con la vittoria compiuta la sua unità e rinsaldata la coscienza nazionale, dedichiamo ogni nostra attività con fervore d'entusiasmi e con fermezza di illuminati propositi.

Ad uno Stato accentratore tendente a limitare e regolare ogni potere organico e ogni attività civica e individuale, vogliamo sul terreno costituzionale sostituire uno Stato veramente popolare, che riconosca i limiti della sua attività, che rispetti i nuclei e gli organismi naturali - la famiglia, le classi, i Comuni - che rispetti la personalità individuale e incoraggi le iniziative private. E perché lo Stato sia la più sincera espressione del volere popolare, domandiamo la riforma dell'Istituto Parlamentare sulla base della rappresentanza proporzionale, non escluso il voto delle donne, e il Senato elettivo, come rappresentanza direttiva degli organismi nazionali, accademici, amministrativi e sindacali: vogliamo la riforma della burocrazia e degli ordinamenti giudiziari e la semplificazione della legislazione, invochiamo il riconoscimento giuridico delle classi, l'autonomia comunale, la riforma degli Enti Provinciali e il più largo decentramento nelle unità regionali.

Ma sarebbero queste vane riforme senza il contenuto se non reclamassimo, come anima della nuova Società, il vero senso di libertà, rispondente alla maturità civile del nostro popolo e al più alto sviluppo delle sue energie: libertà religiosa, non solo agl'individui ma anche alla Chiesa, per la esplicazione della sua missione spirituale nel mondo; libertà di insegnamento, senza monopoli statali; libertà alle organizzazioni di classe, senza preferenze e privilegi di parte; libertà comunale e locale secondo le gloriose tradizioni italiche.

Questo ideale di libertà non tende a disorganizzare lo Stato ma è essenzialmente organico nel rinnovamento delle energie e delle attività, che debbono trovare al centro la coordinazione, la valorizzazione, la difesa e lo sviluppo progressivo. Energie, che debbono comporsi a nuclei vitali che potranno fermare o modificare le correnti disgregatrici, le agitazioni promosse in nome di una sistematica lotta di classe e della rivoluzione anarchica e attingere dall'anima popolare gli elementi di conservazione e di progresso, dando valore all'autorità come forza ed esponente insieme della sovranità popolare e della collaborazione sociale.

Le necessarie e urgenti riforme nel campo della previdenza e della assistenza sociale, nella legislazione del lavoro, nella formazione e tutela della piccola proprietà devono tendere alla elevazione delle classi lavoratrici, mentre l'incremento delle forze economiche del Paese, l'aumento della produzione, la salda ed equa sistemazione dei regimi doganali, la riforma tributaria, lo sviluppo della marina mercantile, la soluzione del problema del Mezzogiorno, la colonizzazione interna del latifondo, la riorganizzazione scolastica e la lotta contro l'analfabetismo varranno a far superare la crisi del dopo-guerra e a tesoreggiare i frutti legittimi e auspicati della vittoria.

Ci presentiamo nella vita politica con la nostra bandiera morale e sociale, inspirandoci ai saldi principii del Cristianesimo che consacrò la grande missione civilizzatrice dell'Italia; missione che anche oggi, nel nuovo assetto dei popoli, deve rifulgere di fronte ai tentativi di nuovi imperialismi di fronte a sconvolgimenti anarchici di grandi Imperi caduti, di fronte a democrazie socialiste che tentano la materializzazione di ogni identità, di fronte a vecchi liberalismi settari, che nella forza dell'organismo statale centralizzato resistono alle nuove correnti affrancatrici.

A tutti gli uomini moralmente liberi e socialmente evoluti, a quanti nell'amore alla patria sanno congiungere il giusto senso dei diritti e degl'interessi nazionali con un sano internazionalismo, a quanti apprezzano e rispettano le virtù morali del nostro popolo, a nome del Partito Popolare Italiano facciamo appello e domandiamo l'adesione al nostro Programma.

Roma, lì 18 gennaio 1919

LA COMMISSIONE PROVVISORIA
On. Avv. Giovanni Bertini - Avv. Giovanni Bertone - Stefano Gavazzoni - Rag. Achille Grandi - Conte Giovanni Grosoli - On. Dr. Giovanni Longinotti - On. Avv. Prof. Angelo Mauri - Avv. Umberto Merlin - On. Avv. Giulio Rodinò - Conte Avv. Carlo Santucci - Prof. D. Luigi Sturzo, Segretario Politico.



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