Articolo di riferimento: La Cassazione abbatte l'ultima diga ed Eluana morirà di sete
La scure dei boia del relativismo etico si è abbattuta su una ragazza di 37 anni, Eluana Englaro, in coma persistente (e non permanente, né irreversibile, come testimonia il caso di Salvatore Crisafulli) dal 1992. A breve, alla ragazza non saranno tolti medicinali, né sarà staccata alcuna spina: verranno invece tolti cibo e acqua. Eluana non morirà di malattia (lo stato vegetativo, una situazione così triste, è una disabilità compatibile con la vita), ma di fame e sete. Forse soffrendo, ma comunque patendo gli stenti. Chi staccherà il sondino che le passa l’alimentazione compirà un gesto infame e, considerato che questa morte avverrà attraverso una sentenza come negli States e in troppe parti del mondo, sarebbe meglio - si può dire provocatoriamente - praticarle un’iniezione totale.
E’ la prima volta, se si escludono i condannati a morte a seguito delle leggi cosiddette fascistissime del 1926, che lo Stato italiano condanna a morte un’inerme, un’innocente. E' la prima volta che il diritto – contrariamente a quanto avevano voluto i Padri costituenti – dà la morte: in nome di un inesistente “diritto a morire”; in nome di una volontà della malata stessa tanto presunta quanto incerta, desunta da dichiarazioni rese a terzi (e logicamente, quando si parla di eredità e testamenti patrimoniali, di queste dichiarazioni – verba volant – non se ne fa nulla), che potrebbero essere anche cambiate e che non legittimano comunque che un uomo ponga fine alla vita di un suo simile.
Quando, in periodi davvero più bui, in Germania si cominciarono ad uccidere i malati perché considerati un fastidio improduttivo, l’arcivescovo Clement August von Galen denunciò: “se i malati vengono trattati come bestie, guai a noi quando saremo vecchi e deboli...".
Eluana è accudita, solo per amore, dalle suore misericordine che ogni giorno la mettono su una carrozzella per farle fisioterapia. Eluana, che di recente ha battuto da sola una forte emorragia interna, apre gli occhi di giorno e li chiude di notte e “qualche volta se le parla suor Raffaella muove gli occhi”. Queste suore esemplari sono uscite dal guscio del loro lavorare silenzioso: “Vorremmo dire al signor Englaro, se davvero la considera morta, di lasciarla qui da noi. Per noi Eluana è una persona e viene trattata come tale. E’ parte della nostra famiglia”.
Che non manchino suffragi e preghiere per queste suore, per Beppino Englaro e soprattutto per la povera Eluana, sul cui corpo si avventano già troppi avvoltoi.
Gabriele Vecchione
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