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Libri - Recensioni e Profili
"Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione" Stampa E-mail
Le "incontestabili veritą" di Corrado Augias
      Scritto da Gabriele Vecchione
03/11/08

augias_inchiestacristianesimo_copertina.jpgCorrado Augias e Mauro Pesce
Inchiesta sul cristianesimo. Come si costruisce una religione
ed. Mondadori, Milano 2008

Sovente accade che i negatori dell’essere attribuiscano - sacrificando ragione e chestertoniano buon senso - veri e propri miracoli al nulla; che i sostenitori del materialismo attribuiscano connotati divini alla materia: “increata ed eterna”, secondo il marxismo; che gli scientisti, abbeverati alle fonti della palude illuministico-positivistica, si mettano a proclamare nuovi dogmi. E’ questo il caso di Corrado Augias e Remo Cacitti, autori di Inchiesta sul cristianesimo, i quali, facendo una lunghissima retromarcia, tornano a prima di Galileo e contrappongono scienza – pardon: Scienza - e fede; auspicano che si cominci a dire “io so” anziché il vetusto “io credo”. Oscurantismo purissimo: è dai tempi dei pastori e dei Re Magi che scienza e fede convivono e si conciliano!

Leggendo il volume, ci si accorge che l’affermazione di Augias: “la ricerca scientifica e la fede religiosa… si muovono su piani distinti”, voglia in realtà dire: “se solo si conoscessero le origini del Cristianesimo, così come la figura di Gesù, ci si accorgerebbe che è tutta un’impostura”. La Chiesa, naturalmente, sarebbe contraria ad applicare il metodo storico-critico alla propria storia, alla Parola Rivelata, all’esistenza storica di Gesù; al riguardo, ci permettiamo di rimandare Augias alla lettura dell’enciclica di Pio XII Divino Afflante Spiritu (1943) e alla costituzione del Concilio Vaticano II Dei Verbum (1965).

Il giallista Augias ci propone una nuova puntata delle sue “inchieste”: dopo quella “su Gesù” (scritta con Mauro Pesce), eccone una, altrettanto discutibile (collage di viete argomentazioni anticattoliche), “sul cristianesimo”. Nella premessa di questo volume, che lo studioso di scienze religiose Massimo Introvigne ha definito nientedimeno “una truffa intellettuale”, l’autore enumera dieci “incontestabili verità” (è scritto proprio così!).

Augias incalza subito il lettore: “Gesù non ha mai detto di voler fondare una religione, una Chiesa, che portassero il suo nome”. Sì, in effetti, Gesù non l’ha mai detto di voler fondare una Chiesa, perché l’ha direttamente fondata. Occorre ricordare il dialogo di Gesù con i suoi apostoli a Cesarea di Filippo (Mt, 16, 16-19). Il Maestro chiede ai discepoli: “chi dicono gli uomini che io sia?” I dodici rispondono alla rinfusa: alcuni dicono di aver sentito dire che sia Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia, comunque uno degli antichi profeti risorto. Ancora il Maestro: “voi, invece, chi dite che io sia?” Possiamo immaginare il silenzio degli apostoli “non dissimile da quello d’una fanciulla che sia chiesta in isposa dal giovane ch’ella nel suo cuore segretamente già amava” (Giuseppe Ricciotti, Vita di Gesù Cristo, Mondadori, Milano, 1941-1994), ma che viene interrotto dall’affermazione impetuosa di Pietro: “Tu sei il Cristo, il figlio di Dio vivente!”. “Beato sei tu, Simone figlio di Giona, poiché carne e sangue non rivelò ciò a te, bensì il Padre mio che è nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa”. Il Ricciotti commenta giustamente: “La replica di Gesù a Simon Pietro è di una chiarezza che si direbbe abbagliante; né minore è la sua sicurezza testuale, giacché tutti gli antichi documenti senza alcune eccezione concordano nel trasmetterci con precisione sillabica il nostro odierno testo”. Donde Augias abbia tratto questa assai contestabile verità è un mistero e, come per tutti i misteri, per crederci ci vuole un atto di fede.

Il Nostro continua: Gesù “mai ha detto di dover morire per sanare con il sangue il peccato di Adamo ed Eva, per ristabilire l’alleanza fra Dio e gli uomini”. Il profeta Geremia (31, 31 e seguenti) scrisse: “Ecco verranno giorni – dice il Signore – nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò una nuova alleanza… Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò sul loro cuore”. Luca (22, 20): “allo stesso modo, dopo aver cenato, prese il calice dicendo: «questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue, che viene versato per voi»”. Matteo (26, 28): “Bevetene tutti, perché questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati”. Dov’è la prova che Gesù non abbia mai detto di voler suggellare la nuova alleanza, il nuovo testamento? Augias adduce i soliti argomenti a silentio, che ben si sa quanto valgano: niente.

Il Gesù di Augias “non ha mai detto di essere nato da una vergine che lo aveva concepito per intervento di un dio”. Ma ben diversamente stanno le cose rispetto a Gesù di Nazareth. Perché Augias nega la realtà dell’Annunciazione non avendo né prove né indizi per negarla? Perché, invece, non prende sul serio la profezia di Isaia (7, 14): “la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele”? Perché non credere alle sobrie parole della stessa Maria: “non conosco uomo” (Lc, 1,34)? Perché non interpreta Giovanni, 1, 13, dove è scritto: “non da sangue , né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati [i figli di Dio]”? Perché non ritenere che la verginità di Maria sia una condizione essenziale della Sua totale dedizione al Verbo Incarnato (cfr. 1Cor, 6,17)? Con quale argomentum Augias smonta la tesi teologica di Gesù nuovo Adamo che inaugura la nuova umanità, e di Maria nuova Eva libera dal peccato originale e che quindi neanche conosce la corruzione del sepolcro? Nessuno, si limita a porre il suo (modesto) ipse dixit.

Il Gesù di Augias “mai ha detto di essere unica e indistinta sostanza con suo padre, Dio in persona, e con una vaga entità immateriale denominata Spirito”. Ma Gesù di Nazareth ha detto: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv, 10, 30) che è un’espressione dove ben si intende la uguale natura del Padre e del Figlio e l’unicità della Persona; Gesù di Nazareth ha detto: “Chi ha visto me ha visto anche il Padre mio” (Gv, 14, 9), “Tutto quello che possiede il Padre è mio” (Gv, 16, 15) ed anche: “Andate e battezzate tutte le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo” (Mt, 28, 19). Quanto allo Spirito, “Egli procede dal Padre” (Gv, 15, 26) e “prenderà del mio” (Gv, 16, 14).

Il Gesù di Augias “non ha mai dato al battesimo un particolare valore”, mentre il Gesù dei Vangeli “fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, uscendo dall’acqua, vide aprirsi i cieli e lo Spirito discendere su di lui come una colomba. E si sentì una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio prediletto, in te mi sono compiaciuto»” (Mc, 1, 9-11). Ora, che si aprano i cieli e si senta la voce del Padre non è un evento che accade tutti i giorni. Quanto alla “condizione di subalternità rispetto a quel profeta” da parte di Gesù, basterà quanto dice lo stesso profeta: “Dopo di me viene uno… al quale io non sono degno di chinarmi per sciogliere i legacci dei suoi sandali” (Mc, 1, 7).

Le affermazioni secondo cui Gesù “non ha istituito alcuna gerarchia ecclesiastica finché fu in vita”, “mai ha parlato di precetti, norme, cariche, vestimenti, ordini di successione, liturgie, formule”, “mai ha pensato di creare una sterminata falange di santi” denotano una lettura superficiale ed approssimativa dei Vangeli, o meglio viziata dal preconcetto secondo cui gli stessi Vangeli sarebbero delle manipolazioni operate da parrucconi ecclesiastici per rinsaldare il loro potere ed incutere paura alle anime di tutti i secoli: ma questa è una tesi improponibile (come ricostruire la figura di Gesù ignorando la fonte principale?), vecchia e - soprattutto - infondata.

All’affermazione un po’ polemica: “Gesù era ed è rimasto sempre un ebreo”, come se ci fosse, all’interno della Chiesa, qualcuno che lo neghi, sarebbe meglio rispondere con le parole di Pio XI: “Noi siamo spiritualmente dei semiti”.

Gesù, infine, non ha chiesto “che alcuni testi, i vangeli, riferissero i suoi discorsi e le sue azioni, né ha mai scritto personalmente alcunché, salvo poche parole vergate col dito nella polvere”. Beh, verrebbe da dire: meglio non scrivere niente che scrivere certi libri.



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