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Lettere - Cattolici e dittature
Cattolici e dittature (2): qualche precisazione Stampa E-mail
17/10/08

Articolo di riferimento: Pio XII, ritratto di un Papa calunniato

Gentile direttore,

nel ringraziarLa della pubblicazione delle mie riflessioni, le Sue successive parole mi invitano ad una ulteriore declinazione del mio pensiero.

Per quanto riguarda in generale il mio articolo, mi premeva puntualizzare queste tre riflessioni:
- i cristiani devono prendere in mano i loro destini terreni e mobilitarsi con organizzazioni sociali, politiche ed economiche;
- la delega dei cristiani a personaggi e movimenti non cristiani non contribuisce a creare una società in cui i valori cristiani siano rispettati;
- dove i cristiani non si organizzano, si costruiscono società in cui insieme degenerano dignità umana e libertà civili.

Per quanto riguarda il sindaco di Roma, non è mia intenzione dare patenti di democraticità a nessuno. L’esempio che ho riportato serviva a mettere in relazione le azioni dei cristiani con il fatto che essi non possono poi non ritenersi responsabili (in tutto o in parte) degli eventi che tali azioni provocano.
Se è chiaro che il futuro non è conosciuto, è altrettanto chiaro che un’analisi delle probabilità del verificarsi degli effetti delle azioni fa parte del normale agire quotidiano.
Se concedo la mia fiducia a qualcuno, non posso poi non essere, almeno in parte, responsabile del suo operato; oltretutto se questo qualcuno ha una storia precisa, non rinnegata ed anzi (dal suo punto di vista) proponibile sia pure con qualche modifica.
Insomma, se voto un pescatore poi non posso dire che non sapevo che avrebbe pescato i pesci, o - quando i pesci vengono presi con le reti a strascico o con la dinamite - commentare: “poveri pesci! Come mi dispiace! Cari pesci, noi vi vogliamo bene, ma il cattivo è un altro”.
Con questo non voglio, ripeto, prendere posizione su qualche personaggio contemporaneo; più che di politica è una questione di logica che ha il medesimo valore nel tempo e nello spazio.
Nel particolare, però, devo rilevare come molti si sbraccino a dire che l’attuale sindaco non sia assimilabile ad una certa cultura; e più lui smentisce questa appartenenza (con dichiarazioni a dir poco singolari), più si ripetono queste posizioni.

Per quanto riguarda il ruolo della Chiesa cattolica nella gestione ed organizzazione dei ricercati nazisti, è qualcosa di più di una “leggenda nera”, ed i personaggi coinvolti sono un po’ più di quelli segnalati.
Ricerche pubblicate parlano di circa 5.000 uomini, delle SS e della Gestapo ed di altre organizzazioni non tedesche, tra cui un certo Mengele con passaporto diplomatico della Santa Sede.
Esiste una vasta documentazione compresa quella riguardante l’appoggio dato a questi personaggi una volta stabiliti in paesi sudamericani.

Per quanto riguarda i cattolici tedeschi, capire quale comportamento seguire nei confronti delle dittature è difficilissimo. Anche perché non si è coinvolti solo direttamente: le dittature tendono a fare terra bruciata intorno ai loro oppositori coinvolgendo, vigliaccamente, parenti e amici totalmente innocenti.
Le pongo, però, una riflessione: dopo la guerra, la Repubblica Federale Tedesca guidata da un partito di ispirazione cristiana non ha mai concesso l’estradizione dei nazisti colpevoli di vari massacri in tutta Europa.
I vari boia dei campi di concentramento hanno tranquillamente continuato a vivere senza nessun giudizio interno e protetti dalle richieste delle magistrature degli altri Paesi. Noi italiani ne sappiamo qualcosa.
E allora? Anche in questo caso i cattolici in Germania non sapevano?

I conti non tornano, qualcosa non ha funzionato nel rapporto cristianesimo-nazismo. Anche escludendo che vi sia stata complicità,  non è ammissibile né la rimozione culturale né il facile autoassolvimento per una opposizione più pensata che praticata.

Grazie

Luigi Milanesi

Risponde Giovanni Martino

Raccogliamo e riportiamo all’attenzione dei lettori le Sue puntualizzazioni.

Quanto al rapporto tra Chiesa e nazismo, Lei pone altri argomenti, che però non m sembrano sostanzialmente diversi da quelli cui penso di averle dato risposta. Mi spiego.

Possiamo ritenere “criminali di guerra” tutti gli affiliati alle organizzazioni naziste (o a quelle fasciste italiane, a quelle comuniste nei Paesi dell’Est, ecc.)? Evidentemente no.
Una società che ha espresso un totalitarismo o una dittatura di massa, e che si accorge della necessità di fare una svolta storica, di emendarsi da quella vergogna, può processare e condannare i principali artefici di quella dittatura e coloro che si siano macchiati di crimini specifici; può pretendere che gli esponenti di spicco del vecchio regime non ricoprano cariche nella nuova comunità politica (salvo che costoro non abbiano l’accortezza di riciclarsi come “anti”... ma questo è un altro discorso). Ma se un fenomeno è stato di massa, la società non può "epurare" totalmente se stessa. Anche perché le epurazioni, le purghe, non rispondono mai a esigenze di giustizia, ma sempre a vendette politiche, regolazioni di conti personali, pretesti per appropriarsi di beni altrui.

Quindi: la Germania ha subìto un processo a Norimberga (peraltro, le potenze alleate imposero che le corti giudicanti fossero esclusivamente una loro espressione, rifiutando l’ipotesi di corti con componenti neutrali), nel quale sono state pronunciate numerose e severe condanne. Di quali altri “criminali di guerra” la Germania democratica avrebbe dovuto garantire l’estradizione?

Ancora: i membri di SS, Gestapo, SA, NSDAP, ecc. che emigrarono all’estero dopo la guerra furono certo anche più di cinquemila. Ma erano tutti “criminali”?
C’erano certamente criminali. Ma quasi nessuno era identificabile come tale nella confusione del dopoguerra. I documenti venivano rilasciati sulla base di dichiarazioni verbali e testimonianze; falsi passaporti venivano facilmente fabbricati; veri passaporti venivano venduti – modificando la fotografia - da intestatarî che volevano (e magari avevano bisogno di) soldi.
C’erano poi tante persone che avevano militato nelle formazioni naziste per euforia giovanile, per accecamento ideologico, per malinteso senso dell’appartenenza nazionale. E che fuggivano non per trovare impunità ai proprî crimini, ma per fame, per disperazione, per paura di ritorsioni personali.
Oltre ai nazisti c’erano anche – ed erano la maggioranza - persone lontane dal regime, che fuggivano semplicemente alla distruzione delle loro terre.
I religiosi – così come i funzionarî della Croce Rossa e delle altre organizzazioni umanitarie - che aiutarono i profughi (nazisti e non) che cosa dovevano fare? Rifiutare a tutti l’aiuto per timore che qualcuno ne potesse approfittare? La Chiesa ha sempre soccorso chiunque senza chiedere tessere di partito o professioni di fede religiosa.

Altro sarebbe dimostrare che alcuni religiosi abbiano intenzionalmente favorito l’impunità di persone di cui ben conoscevano la gravità dei crimini. Ebbene, lo ribadisco, prove in tal senso – per quanto di mia conoscenza - si hanno solo per tre o quattro casi. Le “ricerche” da Lei menzionate non sono vere e approfondite ricerche storiche; ma indagini superficiali che si limitano a segnalare il fenomeno dell’emigrazione di nazisti, accostando maliziosamente persone e circostanze senza apportare le prove di reali complicità.

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