Burn After Reading - A prova di spia (Burn After Reading)
di Ethan e Joel Coen. Con Brad Pitt, George Clooney, Frances McDormand, John Malkovich
USA 2008
Declassato dal suo incarico di analista alla CIA, Osborne Cox (Malkovich) si licenzia e decide di scrivere le sue memorie. Sennonché il dischetto con queste memorie viene prima trafugato dalla moglie Katie (Tilda Swinton), che, saputo del licenziamento, decide di chiedere il divorzio per puntare a una nuova storia con il suo amante, l’agente federale Harry (Clooney). Il dischetto viene poi dimenticato e ritrovato da due dipendenti di una palestra, i quali decidono di ricattare l'ex agente: il bellimbusto Chad (Brad Pitt) e Linda (Frances Mc Dormand), che sogna di pagarsi gli agognati interventi di chirurgia estetica.
Alla fine del film gli agenti della CIA intervenuti per impedire le diffusione di pericolosi segreti si domandano: “che cosa abbiamo imparato da questa storia ?” “Niente”.
E’ proprio così? O per comprendere la storia del film bisogna imparare a leggere tra le righe?
Quanti hanno visto il film si dividono tra coloro che non lo hanno apprezzato, ritenendolo sciocco, e coloro che, invece, ne danno un giudizio positivo, evidenziando come si tratti di una critica alla società americana, ai modelli oggi imperanti o, ancora, ai servizi segreti americani.
In entrambi i casi mi sembra che nessuno abbia colto nel segno. Anche chi ha cercato di scavare in profondità, alla fine è rimasto in superficie.
La prima difficoltà di lettura è nel decifrare il meccanismo con il quale il film è costruito, il gioco di rimandi sempre sotteso. Ad esempio, se il film fosse stato semplicemente un film divertente, ma senza un senso profondo, privo di una morale, non ci sarebbe stato bisogno di dirlo. Al contrario, il fatto che questo aspetto venga sottolineato è una spia che i fratelli Coen inseriscono per metterci sul chi va là.
In effetti, per comprendere il linguaggio dei fratelli Coen, che è volutamente criptico, bisogna saper andare oltre l’apparenza delle cose. Bisogna entrare nella prospettiva di un discorso in forma di parabola.
L’intellettuale di turno o il semplice spettatore rimane in superficie, perché giudica dall’alto quei poveri sciocchi che sono i personaggi del film, ride di figure con le quali lui certamente non ha nulla a che spartire. Pensa che quella parodia riguardi solo la società americana o, comunque, quella parte di popolino alla quale non appartiene. Invece, bisogna capire che quei personaggi che ci appaiono tanto ridicoli non sono poi così distanti da noi.
Partendo da Linda. Qualcuno potrebbe obiettare: “che cosa c’entro io con una che si vuol rifare il seno o i glutei ?” Il punto è che i fratelli Coen volutamente esasperano i personaggi rappresentati (in questo caso una donna che, pur essendo abbastanza bella, vuole rifarsi da capo a piedi); ma, depurati dal paradosso, quei personaggi rappresentano il nostro modo di essere, il nostro modo di pensare, le nostre debolezze. Forse che anche noi non siamo ossessionati, in diverso modo, dal nostro apparire, dal giudizio degli altri?
Tutti si sono soffermati a sottolineare e censurare la smania estetica di Linda; ma nessuno ha evidenziato il buco affettivo che non riesce a colmare. La sua angoscia per il dato estetico è il segno di una malattia più profonda: un bisogno d’amore al quale non riesce a dare risposta o, meglio, al quale dà la risposta sbagliata. Non è una che vuole storielle, ma si rifugia nelle storielle intrecciate tramite Internet.
Incredibile, poi, che nessuno abbia sottolineato la figura del proprietario della palestra; il quale, in realtà, è forse la figura centrale. Infatti, era un prete ortodosso, cioè era uno che prima curava le anime, adesso si è ridotto a curare i corpi. È caduto in basso e ne è consapevole: “una volta non ero così”, afferma mentre parla a Linda. Non a caso è l’unico che si accorge della profonda tristezza di Linda, e prova a parlarle; e così facendo riscopre la sua vocazione.
Ecco un tema fondamentale che ricorre nella filmologia dei Coen. C’è un momento in cui un Dio ti parla, in cui hai la possibilità di aprire gli occhi, ma devi volerlo, devi prestare ascolto. “Shemà Israel (Ascolta, Israele)”.
Il proprietario dice a Linda che non ha bisogno degli interventi di chirurgia estetica: non è forse vero? Le dice che per cercare l’amore non deve andare lontano, basterebbe guardarsi attorno: non è forse vero ? Le spiega che non deve ricercare il “principe azzurro”, ma deve smettere di credere all’illusione e guardare la realtà: non è forse il problema di tante ragazze? Eppure, Linda non gli presterà ascolto, perché la verità non è riconosciuta e accettata dalle persone per il solo fatto di essere tale. Non a caso, la più lunga delle parabole nei vangeli è quella sul seminatore, che sottolinea l’importanza dell’ascolto.
Quanto al personaggio di Clooney, è un infantile, un immaturo (“è ora che cresci” gli viene gridato). Per lui il sesso è un gioco. In ciò, Harry non è assolutamente diverso dalla mentalità corrente che vede nel sesso un’attività fisica (lo alterna allo jogging) o un diversivo.
Ma il problema è solo lui? Chi sono la moglie e l’amante? Una scrittrice di libri per bambini e una pediatra (un particolare che ancora una volta i Coen ci fanno scoprire verso la fine); le quali, naturalmente, non hanno bambini. Cioè due persone a loro volta infantili, che cercano Harry proprio perché è così. Se ti piace un immaturo, forse è perché lo sei anche tu...
Che cos’è una visione immatura dell’amore? E’ la sessualità ridotta a ricerca dal piacere (la macchina per l’autoeccitazione creata da Harry) e non aperta alla vita (infatti, tutti i protagonisti non hanno figli). È la visione per cui, nel momento di difficoltà del marito, la moglie lo lascia; o nel momento in cui scopre che il marito ha l’amante, se ne fa un altro. Non è vero che uno si fa l’amante perché l’altro è diverso da come ce lo aspettavamo, o perché nel rapporto manca qualcosa: infatti, l’amante trovata non è diversa dalla moglie.
Infine, lo sfondo in cui i personaggi si muovono sono gli obelischi e i pantheon della città: i simboli massonici, cioè di un ideologia che sposta lo sguardo da Dio all’uomo.
La ‘favola’ insegna che il mondo e la realtà ci appaiono privi di senso perché abbiamo smesso di guardare il cielo (il film si apre e si chiude con uno sguardo dal cielo sul mondo). L’uomo diventa una caricatura di se stesso (tutti i personaggi) nel momento in cui smette di rivolgere il proprio sguardo al cielo, perché tradisce la sua vera vocazione (emblematica la figura di Ted).
Come diceva Chesterton (secondo l'attribuzione di Émile Cammaerts), “chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente, perché comincia a credere a tutto” (Clooney vede spie e complotti dappertutto).
La realtà ci appare indecifrabile come appare, nel finale, ai due agenti della CIA: proprio coloro che – per mestiere - dovrebbero svelare complotti e misteri. Similmente, il film appare indecifrabile ai critici supponenti che hanno smesso di guardare il cielo e hanno iniziato a contemplare se stessi.
P.S.: non svelate loro il senso del film, perché smetteranno di elogiare i fratelli Coen...