PRIMA PAGINA
faq
Mappa del sito
Temi caldi
Temi caldi
Notizie
Attualità
Politica
Economia
In Europa
Nel Mondo
Contrappunti
Intorno a noi
Città e Quartieri
La Regione
Religione
Notizie e commenti
Cattolici e politica
Documenti ecclesiali
Link utili
Cultura
Libri
Cinema
Musica
Fumetti e Cartoni
Teatro
Arte ed eventi
Storia
Scienze e natura
Rubriche
Focus TV
Sport
Mangiar bene
Salute
Amore e Psiche
Soldi
Diritti
Viaggi e motori
Tecnologia
Buonumore
Login Utente
Username

Password

Ricordami
Dimenticata la password?
Indicizzazione
Convenzioni


Politica - L'azione del Governo
Il Governo del Presidente Stampa E-mail
Un esecutivo saldamente in mano a Berlusconi. Senza cattolici ‘disobbedienti’
      Scritto da Giovanni Martino
19/05/08

La formazione del governo Berlusconi è stata la più veloce della storia repubblicana. Chiamato al Quirinale per il conferimento dell’incarico, il leader del Pdl si è presentato già con l’elenco dei ministri, accettando l’incarico senza riserva. Lo scopo di un Governo non è certo quello di battere i record; ma questa velocità sembra attestare la capacità di Berlusconi di guidare con forza la sua maggioranza. Ciò fa almeno sperare che altrettanta decisione sia dimostrata nella realizzazione del programma e nell’affrontare le emergenze che si presenteranno.


Un governo snello

Altro record positivo (non in assoluto, ma sicuramente negli ultimi anni) è quello della riduzione del numero di componenti del Governo: dodici ministri “con portafoglio” (capacità piena di spesa), nove “senza portafoglio”, e un numero di sottosegretarî che porta il totale dei componenti entro il limite dei 60 fissato dalla Finanziaria 2008. Ben al di sotto del record negativo del Governo Prodi, che era arrivato a 102! Ciò significa meno costi inutili.
Probabilmente si poteva fare di meglio: molti ministri senza portafoglio appaiono francamente inutili, il modo di accontentare alcuni politici (o alcuni partiti) dando l’etichetta  - e parte dei benefici - di “Ministro” per ruoli che potevano essere tranquillamente ricoperti da sottosegretarî. Ma il bilancio complessivo resta positivo (sempre che non si debba essere smentiti, nei prossimi mesi, da qualche "spacchettamento"...).


La composizione della “squadra”

Più complesso il giudizio da dare sulla qualità dei componenti del Governo.

La “competenza” specifica, soprattutto dei ministri (a parte alcuni nomi: Tremonti, Sacconi), non è certo uno dei tratti distintivi di questo esecutivo. Non sono stati inseriti “tecnici” illustri, né personaggi di alto profilo politico.

Non è stato nemmeno seguito il cosiddetto “metodo Sarkozy”, di apertura a personalità di diverso schieramento politico (pare sia stato fatto un solo tentativo, con Pietro Ichino).

Nell’assegnazione dei posti, poi, è stato seguito un rigido criterio di spartizione tra partiti, sulla base del cosiddetto “manuale Verdini” (il coordinatore di Forza Italia che ha predisposto una versione aggiornata del manuale Cencelli), con qualche concessione in più alla Lega. Adriana Poli Bortone, esponente di AN restata delusa nelle sue aspettative, ha dichiarato (con un pizzico di risentimento?): “è un Governo espressione dei partiti”.

L’età media, per contro, è la più bassa di sempre (conta più l’esperienza o la freschezza?).

Quale valutazione fare di queste scelte?

Quando avevamo formulato una prima impressione sul governo Prodi, avevamo manifestato la nostra delusione in merito alla scarsa competenza di molti componenti di quell’esecutivo. Aggiungevamo però: “Non vogliamo scadere nella retorica dei ‘tecnici’: per competenza intendiamo quella politica, la chiarezza di idee, la conoscenza di una materia, la capacità di fissare gli obiettivi per la crescita sociale.”. E aggiungevamo che, laddove fossero necessarî compromessi politici, “vorremmo che ci fosse risparmiata la tronfia retorica della ‘competenza’ e della ‘serietà’ ”.

In questo senso, ci sembra che il governo Berlusconi si distingua in meglio da quello che lo ha preceduto.
Innanzitutto, non era stata sbandierata la retorica della competenza; per cui non può essere rimproverata mancanza di coerenza.
Inoltre, mentre lo scarso profilo di alcuni componenti del suo Governo era, per Prodi, una necessaria e sofferta concessione alle numerose e litigiose anime della sua maggioranza, ora l’assenza di figure di eccellenza sembra una scelta precisa di Berlusconi, che vuole persone pronte ad assecondarlo nella sua azione.

È per questo che parliamo di “Governo del Presidente”: c’è la rinuncia a personalità eminenti, che potrebbero sì arricchire l’azione dell’esecutivo, ma anche manifestare divergenze che il Cavaliere non accetta, giudicandole segno di “inaffidabilità”. Insomma, Berlusconi si assume personalmente una responsabilità politica piena, rinunciando ad ogni alibi.

Il giudizio su questa scelta può essere ambivalente.
Chi considerasse prioritarî criterî come il rapporto diretto con l’elettorato, l’efficacia e la linearità dell’azione di Governo, formulerà senz’altro un giudizio prevalentemente positivo.
Chi rilevasse, invece, che la società (anche quella porzione che ha espresso questa maggioranza politica) non è un monolite, ma un insieme di esigenze e sensibilità diverse, che meriterebbero di trovare espressione; chi ritenesse che la concentrazione di potere in un solo uomo comporta pericoli, oltre che vantaggi: costoro formuleranno un giudizio prevalentemente negativo.


L’assenza di esponenti del cattolicesimo politico

Nel nuovo governo Berlusconi ci sono alcuni esponenti che si professano cattolici praticanti, che esprimono approvazione per molte prese di posizione del Papa e della Chiesa italiana. L’azione dell’esecutivo, al di là delle professioni di fede, si preannuncia senz’altro più vicina alle istanze del mondo cattolico di quanto si è visto con il governo Prodi, in cui c’era una certa presenza di “cattolici adulti”, subalterni culturalmente alla sinistra.

Emerge però un fatto nuovo: per la prima volta nella storia repubblicana non sono al governo, e non occupano le più alte cariche istituzionali, esponenti del cattolicesimo politico, cioè persone portatrici di una cultura politica cattolica, cresciute nel mondo cattolico e che si ispirano all’insegnamento sociale della Chiesa.

Questo “fatto nuovo” può essere considerato positivo, negativo, irrilevante (magari perché, come sostengono alcuni esponenti del Pdl, questa è una forza “naturaliter christiana”), inevitabile (perché i cattolici non hanno saputo muoversi adeguatamente); non è questa la sede per approfondire la questione. Ma si tratta di un fatto oggettivo, una scelta precisa, notata per primo da Giuliano Ferrara su Il Foglio, ed ora riconosciuta da tutti gli osservatori (anche da Michele Brambilla e Andrea Tornielli su una testata 'insospettabile' come Il Giornale).

I prodromi si erano avuti prima delle elezioni, con l’epurazione dell’UDC. La consacrazione di questa scelta si è avuta all’atto della formazione del Governo, lasciando fuori gli esponenti di Forza Italia di provenienza cattolica: La Loggia, Pisanu (cui Berlusconi non ha perdonato il rifiuto, quale Ministro degli Interni, di sospendere la proclamazione del risultato elettorale del 2006), e – soprattutto – Formigoni.

Roberto Formigoni è il politico di maggior spicco in Forza Italia dopo Berlusconi: Presidente della Regione più importante d’Italia; espressione del movimento cattolico che si è più speso per il centro-destra (Comunione e Liberazione); un politico con grande radicamento territoriale, rapporti stretti con poteri economici e culturali, legame saldo con la Chiesa, grande visibilità pubblica. Insomma, l‘unico personaggio che avrebbe lo spessore di raccogliere l’eredità di Berlusconi domani, e che ha la forza di dire qualche “no” oggi. Chissà se agli occhi del Cavaliere questi sono pregi o difetti...
Fatto sta che le ambizioni di Formigoni, dichiarate apertamente, sono state tarpate, e con lui quelle di tutta l’area CL (Maurizio Lupi, in predicato di fare il ministro al posto di Formigoni, è stato poi dirottato alla vicepresidenza della Camera). La conseguenza è una forte – e per niente nascosta (vedi Amicone su Tempi) - delusione degli ambienti ciellini.

Restano in sella alcuni personaggi vicini al mondo cattolico (anche se non ne sono diretta espressione) come Letta, Scajola e – con un incarico poco più che simbolico – Rotondi.

Gli ambienti ecclesiastici lasciano filtrare apprensione. Ufficialmente, il cardinal Bertone sposta il discorso dal Governo alla politica e alla società generale: “i cattolici sono tanti, nella società, nel parlamento, nelle professioni. L’importante è che si proiettino con quell’impegno che la dottrina sociale della Chiesa propone specialmente a chi è impegnato in politica”. Un modo di minimizzare, certo, per non mostrare debolezza; ma anche un'indiretta conferma dell'attuale preferenza della gerarchia ecclesiastica per un rapporto diretto con le istituzioni?
Osservatore Romano e Avvenire commentano con prudenza l’esordio del nuovo Governo, che attendono “alla prova dei fatti”. Famiglia Cristiana (anche in considerazione del suo orientamento più progressista) non fa velo della delusione per queste scelte.
Nel laicato cattolico le perplessità emergono più apertamente. Domenico Delle Foglie, portavoce di Scienza & Vita, ha esternato al Riformista quella che è ormai un’impressione diffusa: “A mio avviso, rispetto alla campagna elettorale in cui sembrava che Berlusconi avesse un pregiudizio su una presunta inaffidabilità dei cattolici (il caso UDC, ndr), oggi, vista l’esclusione di Formigoni da una poltrona ministeriale e quella di tanti cattolici papabili per altri posti, si deve parlare di un pregiudizio di presunta disobbedienza”.

Insomma, ricollegandoci a quanto già detto sull’importanza che Berlusconi assegna alla categoria dell’essere “affidabile”, sembra che il nuovo premier si sia formato un’idea di “inaffidabilità” e “disobbedienza” dei cattolici in quanto tali (e se fosse semplicemente libertà interiore e indipendenza di giudizio?).

A dire il vero, non pare una preoccupazione solo di Berlusconi. Anche Veltroni, nel predisporre le liste elettorali, aveva relegato i “teodem” alla Camera, considerandoli non “affidabili” al Senato, il ramo del Parlamento che sembrava più in bilico. Non è stato perdonato alla Binetti il mancato voto di fiducia al governo Prodi sulla legge di conversione del decreto “antiviolenza”, in cui era stata subdolamente inserita la famigerata norma “antiomofobia”...

L’assenza di cattolici con una cultura politica riconoscibile non pone un problema di “poltrone” (come vorrebbero far credere alcuni polemisti di mestiere), ma di linea politica. Le questioni poste dai cattolici non riguardano due-tre esigenze concrete della Chiesa da salvaguardare, due-tre valori da proclamare come bandierine. Si tratta piuttosto di una visione complessiva del bene comune, delle libertà, dei diritti; anche se questa visione complessiva sembra sempre meno percepita dall’elettorato.

Possiamo avere fiducia che il programma di Governo sarà perseguito con energia. Ma ogni programma è vago e incompleto rispetto ai numerosi problemi di un Paese. Per cui l’esecutivo Berlusconi andrà atteso... alla prova dei fatti.



Giudizio Utente: / 4

ScarsoOttimo 




Ricerca Avanzata
Aggiungi questo sito ai tuoi preferitiPreferiti
Imposta questa pagina come la tua home pageHomepage
Agorà
Lettere e Forum
Segnalazioni
Associazionismo
Comunicati
Formazione
Dagli Atenei
Orientamento
Lavoro
Concorsi
Orientamento
Impresa oggi
Link utili
Informazione
Associazionismo
Tempo libero
Utilità varie
Link consigliati
Zenit.org
La nuova Bussola
   Quotidiana
Storia libera
Scienza e fede
Il Timone
Google
Bing
YouTube
meteo
mappe e itinerari
Google Maps e
  Street View
TuttoCittà Street
  View



Questo sito utilizza Mambo, un software libero rilasciato su licenza Gnu/Gpl.
© Miro International Pty Ltd 2000 - 2005