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Musica - Recensioni e Profili
Rino Gaetano: un genio che ci manca Stampa E-mail
L’ironia e la genialità di un cantautore che ha saputo colpire ipocrisie e luoghi comuni
      Scritto da Domenico Martino
01/07/04
Ultimo Aggiornamento: 03/06/08

gaetano_rino.jpg

È sufficiente una fine tragica e beffarda a consegnare un artista alla storia della canzone italiana? Probabilmente no. Ma se questo artista aveva anche una grande carica di genialità, se era riuscito ad imporsi rapidamente con il suo stile ironico e scanzonato… soprattutto, se le canzoni che aveva scritto erano semplicemente belle…  allora sì, quest’artista poteva lasciare - come ha lasciato ‑ una traccia nella musica italiana. Allora la prematura scomparsa diventa occasione di rimpianto, per quello che l’artista avrebbe potuto ancora regalare al suo pubblico.

La notte del 2 giugno 1981, all’incrocio tra via Nomentana e viale XXI aprile (non lontano dal luogo in cui, sempre in un incidente stradale, aveva perso la vita Fred Buscaglione), la macchina di Rino Gaetano si scontra con un camion. Cinque ospedali rifiutano il ricovero del cantante per mancanza di posto. Gaetano muore a 30 anni, pochi giorni prima del suo matrimonio. Una fine tragica, dicevamo. E beffarda, perché in una delle sue prime canzoni narrava la storia di un giovane che, a seguito di un incidente automobilistico, non trovava un ospedale che riuscisse a ospitarlo... Una fine beffardamente in contrasto con una vita e una produzione artistica gioiose e vitali.

Salvatore Antonio Gaetano era nato a Crotone, e si era trasferito a Roma da ragazzo con la famiglia.

Gli anni ’70 sono stati, in Italia, il decennio dei cantautori. La maggior parte riteneva doveroso essere “impegnati”, lanciare un messaggio politico e sociale ben preciso. Altri esploravano la vena intimistica e sentimentale. Ma tutti avevano in comune il fatto che si prendevano tremendamente sul serio (forse il solo Renato Zero costituiva un’eccezione). D’altronde, erano gli “anni di piombo”.

Rino Gaetano si è distinto da tutti. I suoi testi esplorano sia la realtà sociale sia quella personale e sentimentale, ma in modo particolare: sono leggeri ma non superficiali, ironici (ed anche autoironici) ma non volgari. Se li uniamo ad una musica che varia dai ritmi spagnoleggianti a quelli della ballata trascinante o del blues… abbiamo quelle canzoni sempre moderne, che anche tra le nuove generazioni trovano un pubblico di affezionati che le riscoprono e le cantano (con una chitarra, intorno ad un falò, sulla spiaggia). Rino Gaetano, del resto, è uno dei pochi cantanti che ha ispirato cover band che si esibiscono con i pezzi del suo repertorio. Anche se, probabilmente, meriterebbe un’attenzione ancora più diffusa…

La sottile intelligenza di Gaetano ha per bersaglio preferito le ipocrisie, i luoghi comuni, la superficialità, l’arroganza. Non denuncia questi atteggiamenti con parole forti, retoriche; si limita a descriverli, riuscendo a far emergere il ridicolo che esprimono da sé. Il riso si fa amaro quando arriva la consapevolezza che le miserie morali sono diventate un’abitudine, che le sofferenze vere sono sepolte dall’indifferenza. Una canzone-manifesto, in questo senso, è  Il cielo è sempre più blu:

“Chi è assunto alla Zecca, chi ha fatto cilecca, / chi ha crisi interiori, chi scava nei cuori, / (…) / chi vive in Calabria, chi vive d’amore, / chi ha fatto la guerra, chi prende il 60, / chi arriva agli ottanta, chi muore al lavoro, / na na na na na, na na na na, / Ma il cielo è sempre più blu, uh uh, uh uh”.

La sottolineatura delle vacuità che ci circondano, e l’accorata vicinanza a chi non le asseconda (anche se questo può portare all’incomprensione), sono ancora più evidenti in  Mio fratello è figlio unico:

“Mio fratello è figlio unico, / perché non ha mai trovato il coraggio di operarsi al fegato, / e non ha mai pagato per fare l'amore, / e non ha mai vinto un premio aziendale, (…) e non ha mai criticato un film senza prima vederlo. / Mio fratello è figlio unico, / perché è convinto che Chinaglia non può passare al Frosinone, / perché è convinto che nell’amaro benedettino non sta il segreto della felicità, / perché è convinto che anche chi non legge Freud / può vivere cent'anni, / perché è convinto che esistono ancora, / gli sfruttati malpagati e frustrati, / mio fratello è figlio unico, / sfruttato represso calpestato odiato, e ti amo Mariù…”.

Sotto mira, dicevamo, ipocrisie, luoghi comuni, superficialità, arroganza. Ma anche, concretamente, gli ipocriti, i banali, i superficiali, gli arroganti. Gaetano fa nomi e cognomi, di destra e di sinistra (graffiando anche le icone del “sessantotto”, i cantautori “impegnati"), in un’amabile e canzonatoria rassegna, sul ritmo del reggae e al grido-tormentone (che in sala d’incisione era di Lino Banfi) di … Nuntereggae più:

“Cazzaniga, / nuntereggae più, /  avvocato Agnelli Umberto Agnelli, / Susanna Agnelli Monti Pirelli, / dribbla Causio che passa a Tardelli, / (…) / Maurizio Costanzo Mike Bongiorno Villaggio Raffai Guccini, / onorevole eccellenza cavaliere senatore, / nobildonna eminenza monsignore, / (…) / il quindicidiciotto, / il prosciutto cotto, / il quarantotto, / il sessantotto, / le P38, / sulla spiaggia di Capocotta, / Cartier Cardin Gucci, / portobello e illusioni, / lotteria a trecento milioni, / mentre il popolo si gratta, / a dama c'è chi fa la patta, / a settemmezzo c'ho la matta, / mentre vedo tanta gente, / che non c'ha l'acqua corrente, / e non c'ha niente, / ma chi me sente, / e allora amore mio ti amo…”

Maurizio Costanzo era irritante già nel 1978…

Gaetano, dunque, non era uno che sapeva solo sparare “contro”: credeva nella sincerità, nella semplicità, nella solidarietà con i più deboli. L’amore per le cose genuine e amare lo ritroviamo nel ricordo della terra di Calabria, in cui aveva trascorso l’infanzia:

“Ad esempio a me piace rubare, / le pere mature sui rami se ho fame, / e quando bevo sono pronto a pagare, / l'acqua, che in quella terra è più del pane. / Camminare con quel contadino, / che forse fa la stessa mia strada, / parlare dell'uva, parlare del vino, / che ancora è un lusso per lui che lo fa”    (Ad esempio a me piace… il Sud)

Dell’amore Rino Gaetano ha una visione spensierata, giocosa; eppure insegue il Vero Amore, quello per cui bisogna pagare un prezzo, chiedere scusa, aspettare pazientemente (Visto che mi vuoi lasciare, Ahi Maria). Sempre con impagabile ironia, come quando ricorda le ore trascorse sui libri di storia sognando l’amata:

“Michele Novaro incontra Mameli e insieme scrivono un pezzo, / tuttora in voga, mentre io ‑ oh ye ‑ aspettavo te” (Sfiorivano le viole)

Il vero amore è quello che manca a Gianna, la protagonista della canzone che consacrò il successo di pubblico di Gaetano, divisa tra il frenetico pragmatismo diurno e la “spensieratezza” (un po’ folle) notturna.

Le beatitudini, uno dei suoi ultimi pezzi, sono una preziosa alternanza tra le cose e le persone che Gaetano ama (con lo sfondo di una dolce melodia: sono i versi sottolineati nella citazione che segue) e quelle che lo deludono (con lo sfondo di una marcia). I primi sono davvero beati; gli altri sono “beati” perché non hanno bisogno di niente e nessuno, perché trovano consolazione nel proprio orgoglio e nella propria superficialità:

“Beati sono i santi, i cavalieri e i fanti, / beati i vivi, i morti, ma soprattutto i risorti. / (…) / Beati i bulli di quartiere perché non sanno ciò che fanno, / ed i parlamentari ladri che sicuramente lo sanno./ (…) Beati i bambini che sorridono alla mamma, / beati gli stranieri ed i soufflé di panna./ (…) Beati i professori, beati gli arrivisti, / i nobili e i padroni specie se comunisti.”

Siamo riusciti cogliere il senso della poetica di Rino Gaetano? Non è facile. Perché la sua maturazione forse non era ancora completa, doveva liberarsi da un che di ribellismo a tutti i costi, dal rifiuto un po’ eccessivo di ciò che è “istituzione”. Perché l’ironia, suo tratto distintivo, è l’arte di disegnare le cose in maniera indiretta, allusiva, a volte ermetica; e Gaetano amava utilizzare le metafore, il non sense, l’assurdità goliardica. Forse si è pure preso gioco di noi: gli ultimi “beati” irrisi nel pezzo appena citato sono “i critici e gli esegeti di questa mia canzone”…

Ma non importa. Le canzoni di Gaetano, anche quando non le capiamo o non le condividiamo, ci fanno divertire, commuovere, pensare. Uno come lui non è più rinato. Un genio che ci manca.


Per una discografia essenziale, si può partire da una delle numerose raccolte di successi:  Gianna e le altre,  La storia,  Sotto i cieli di Rino.
Una biografia completa e i testi delle canzoni si trovano su   www.ondarock.it/Gaetano.html

L'11 e 12 novembre 2007 è andato in onda su RaiUno uno sceneggiato tv molto seguito (tant'è che è stato replicato il 27 febbraio 2008) sulla vita di Gaetano, che però non rende giustizia alla sua figura. Ne abbiamo parlato in un nostro articolo di commento.



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