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Lettere - Cina
Cina: che fare? (Qualche precisazione) Stampa E-mail
18/04/08

articolo di riferimento: La Cina è un regime oppressivo e pericoloso per l'Occidente

Gentile direttore,

da più parti (anche in privato), in conseguenza della pubblicazione della mia lettera sulla Repubblica popolare cinese, mi viene chiesto: come possono essere attuate le idee riportate?

Com’è possibile, data l’attuale situazione, pensare ad una suddivisione territoriale della Repubblica Popolare Cinese (PRC)?

O meglio, pur essendo quella una prospettiva, quali sono le aree d’intervento sulle quali possiamo operare per impostare un rapporto con la PRC?

Se da una parte ci rendiamo conto della vastità e complessità della tematica, dall’altra possiamo cominciare a pronunciare, senza difficoltà, parole chiare su alcuni temi.

Essendo questo scritto solo una prima bozza di lavoro, mi è sembrato utile individuare tre argomenti/aree di studio:

    A.    la questione militare;

    B.    la questione sindacale;

    C.    la questione commerciale.

Le idee esposte intorno a questi argomenti non sono risolutive, ma aiutano a costruire un quadro di riferimento all’interno del quale, si spera, possano intraprendere il cammino della libertà anche i popoli di quella terra.

Prima di effettuare qualche ragionamento nelle materie sopra indicate, sulla scia di osservazioni inviatemi, debbo effettuare tre premesse che ritengo valide anche per i lavori futuri:

    -    perché dobbiamo occuparci dell’evoluzione di uno Stato sovrano;

    -    i tempi;

    -    l’uso della forza.


Prima premessa:

Perché dobbiamo occuparci dell’evoluzione di uno Stato sovrano; chi siamo noi per influire ed agire?

Viene, da qualche parte, messa in discussione la nostra autorità ad occuparci di “fatti interni” di uno Stato sovrano.

Le dichiarazioni ufficiali, anche dello Stato in questione, tendono a delegittimare chi formula critiche e definiscono le questioni sul tappeto (riconoscendone così indirettamente l’esistenza e la rilevanza) di esclusivo proprio interesse.

A pari merito diverse correnti culturali, sottraendosi ad una visione oggettiva delle cose, in vario modo accusano chi critica di leggere la realtà con i propri occhi, perseguendo così un nefasto “disegno colonialistico”.

Insomma, non si negano i misfatti; si critica chi li denuncia.

Due sono i motivi che ci muovono ad occuparci delle faccende altrui.

Il primo si chiama umana solidarietà, che c’impone di intervenire ovunque l’esistenza dell’uomo, sempre nostro simile e fratello, sia messa in difficoltà.

Ricordando, anche, che “qualsiasi cosa avrete fatto al più piccolo dei miei fratelli è come se lo aveste fatto a Me”: non possiamo chiudere gli occhi di fronte alle sofferenze ed alle ingiustizie a cui i nostri simili sono soggetti.

Lo dobbiamo alle vittime perché non perdano la speranza.

Lo dobbiamo ai carnefici perché non dimentichino che per ogni violenza saranno sottoposti a giustizia.

Il secondo si chiama umana opportunità: se il mio vicino picchia sua moglie, prima o poi picchierà me. La storia ci insegna che la violenza (degli Stati e delle persone) è per sua natura totalizzante e non tollera opposizione o convivenza.


Seconda premessa.

E’ naturale che si vorrebbe sapere quando ci si potrà liberare di questa situazione, è naturale che gli esseri umani (soprattutto perché hanno una vita limitata) tendano a dare una concretezza temporale alle loro aspettative.

Qui, però, non siamo in grado di dire quando, realisticamente, un regime può cambiare.

Affinché un regime dittatoriale imploda, è necessario che la classe dirigente maturi la consapevolezza che una diversa sensibilità sia più conveniente.

Quando la società russa ha ritenuto insopportabile dal punto di vista umano ed economico il modello sovietico, ha prodotto una leadership adeguata che, trovando una valida sponda nelle società occidentali, ha innescato il processo democratico.

La maturità di una classe dirigente è, quindi, un punto di arrivo che non ci è dato sapere.

Quello che noi possiamo fare è mettere in moto (o se necessario rallentare) lo sviluppo di meccanismi atti alla maturazione degli eventi.


Terza premessa.

Si vis pacem, para bellum.

L’esperienza della seconda guerra mondiale e della successiva guerra fredda, ci dice che le democrazie debbono confrontarsi con i regimi dittatoriali anche sul terreno militare.

Nelle tre formulazioni possibili: di tipo attivo (invasione modello IRAQ, AFGANISTAN), di tipo passivo (deterrenza, scudo spaziale, politica di alleanze), di interposizione (peace keeping), non si può prescindere dalla competizione militare.


Fatte queste premesse, che potremo eventualmente ulteriormente spiegare, vediamo quali azioni l’Occidente dovrebbe intraprendere per favorire un’evoluzione della Repubblica Popolare Cinese nel senso indicato.

Azioni che, in relazione all’evolversi della situazione interna alla PRC, troveranno diversa applicazione nel breve, medio e lungo periodo.


A) La via militare:

Nel breve periodo è urgente lo sviluppo di azioni concrete in ambito militare.

Dobbiamo, in pratica, stabilire e mantenere, non un equilibrio, ma una decisa supremazia.

Tale supremazia sarà di tipo passivo, articolata su tre capisaldi.

Primo caposaldo.

Sviluppo (USA/UE/ASEAN) del sistema di scudo stellare per l’annientamento in volo o a terra della forza missilistica e aerea cinese.

Mentre la guerra fredda si misurava su una deterrenza basata sulla quantità di armamenti e testate nucleari utilizzabili per risposta ad una aggressione, l’evoluzione tecnologica ci ha permesso di sviluppare una tecnologia che permette di intercettare l’aggressione ed eliminarla sul nascere.

In pratica se, per ipotesi, viene lanciato un missile, si sarà in grado di intercettarlo e distruggerlo nel punto in cui è partito o in volo prima che possa raggiungere l’obiettivo.

Questo meccanismo provocherà la completa non utilizzabilità dell’arsenale offensivo (anche nucleare) cinese (come attualmente si sta facendo nei confronti della RUSSIA e dell’IRAN).

E’ superfluo ricordare, inoltre, che un’efficace supremazia militare garantirebbe la sicurezza dell’Occidente da eventuali avventure aggressive del regime cinese.

Sempre seguendo l’esperienza, non dimentichiamo che l’incapacità dell’Unione Sovietica di reggere la corsa al riarmo rilanciata da Reagan fu una pesante concausa del collasso del sistema economico sovietico, aprendo la strada alla “glasnost” ed alla “perestrojca” di Gorbaciov.

Secondo caposaldo.

Controllo delle telecomunicazioni: il funzionamento di una società dipende dal livello tecnologico delle telecomunicazioni.

Controllare le telecomunicazioni significa avere in mano un interruttore che può far regredire una società all’era della pietra.

Non solo la tecnica, ma anche le catene di comando, i meccanismi di decisione, la capacità di organizzazione, di risposta, di analisi, di intervento possono risultare irrimediabilmente compromessi.

Terzo caposaldo.

Rafforzamento degli alleati: Giappone, Taiwan, Corea del Sud e Filippine.

In particolare Taiwan, che dopo Hong Kong è particolarmente sottoposta a pressione da parte della PRC.

Non è un mistero il tentativo di assorbire Taiwan da parte della PRC, che oggi pone la sua influenza economica come contropartita in cambio di un atteggiamento più accondiscendente delle potenze occidentali alla politica “un Paese, due sistemi”.

L’abbraccio cinese, che ha già riguardato Hong Kong e Macao, non promette nulla di buono: l’esperienza ci ha mostrato che in quei Paesi si è realizzato un rapido annientamento di qualsiasi tipo di opposizione.

Solo l’importanza finanziaria di queste piazze (vero motivo dell’interesse) ha costretto la PRC ad un atteggiamento in parvenza più morbido nei confronti degli oppositori: al carcere si è preferito l’invito all’emigrazione, peraltro favorito dal possesso da parte di molti cittadini di passaporti inglesi e portoghesi.


B) La via sindacale:

Con la massiccia entrata di imprese occidentali nella PRC si è creato un movimento (ancora in fase embrionale) di natura sindacale.

Un movimento stimolato dall’opportunità dei lavoratori locali di avere datori di lavoro disposti ad aumentare i salari (visto il basso livello iniziale); ma anche dall’interesse dei sindacati europei ed americani, alle prese con il processo di delocalizzazione delle imprese occidentali (indotto, almeno attualmente, dal divario sul costo del lavoro).

Storicamente i sindacati sono stati un vivaio importante di classe dirigente; la concretezza dei temi affrontati ed il loro legame con le strutture produttive ne hanno sempre fatto uno snodo determinante nello sviluppo di qualsiasi società.

Non è un caso che il contenitore che ha dato il via allo sfaldamento del controllo sulla società polacca da parte del partito comunista polacco sia stato proprio un sindacato: Solidarnosc.

Il suo capo, un elettricista, è divenuto il punto di riferimento di tutta la classe dirigente del Paese che non si riconosceva nella guida del partito comunista locale.

La coscienza sindacale, con la connessa lotta per i diritti, sarà la base su cui far nascere una classe dirigente sganciata dal controllo ideologico del locale partito comunista.

La forza e il rispetto che si guadagneranno tali organizzazioni sul terreno sociale fungeranno da catalizzatore per quelle forze religiose, sociali, nazionalistiche diffuse, ma divise e non ancora in grado di affrontare in piazza, uscendone vincitrici, il Governo cinese.


C) La via commerciale.

I rapporti commerciali con la PRC non possono prescindere:

    1.    dai livelli qualitativi;

    2.    dalla tutela dei diritti d’autore;

    3.    dalla normativa sulla proprietà.

1) Livelli qualitativi.

Livelli qualitativi nelle modalità di produzione e nei prodotti finiti.

E’ evidente che se la PRC utilizza meccanismi di produzione che nei nostri Paesi sono proibiti, si verifica una concorrenza sleale.

I modelli di produzione (orari di lavoro, sicurezza, salute dei lavoratori, fino alla struttura del costo del lavoro) devono essere simili ai nostri, in caso contrario il mercato ne risulterebbe alterato con l’accumulo di indebita ricchezza.

Non solo la difesa sanitaria dei nostri consumatori impone un’attenzione particolare, ma anche le valutazioni in campo ambientale.

La PRC è oggi il maggior Paese inquinante; la produzione avviene senza il calcolo dei costi ambientali che, invece, nei Paesi occidentali viene effettuato.

Oltre ai meccanismi di produzione, anche i risultati devono essere comparabili ai nostri: il campo alimentare è uno dei settori più sottoposti a modifiche.

2) Tutela dei diritti d’autore.

La tutela del diritto d’autore è fondamentale per lo sviluppo della ricerca e per l’aumento della qualità della vita.

Perché ci sia ricerca bisogna tutelare in maniera congrua gli investimenti effettuati, in modo da premiare chi (con capitale e lavoro) si è adoperato in quella direzione, e per incentivare nuova ricerca.

Se, però, i risultati vengono semplicemente copiati, il meccanismo virtuoso si inceppa, con effetti immediati e di lungo periodo devastanti.

La PRC non è l’unico Paese in cui si riscontra il problema, ma è evidente che esiste.

L’adesione al WTO non sembra aver dato grandi risultati, soprattutto perché mancano meccanismi di punizione per comportamenti scorretti.

3) Normativa sulla proprietà.

Un’impresa cinese può liberamente comprare in Italia terreni ed immobili godendo della più ampia tutela giuridica.

Un’impresa italiana non può comprare terreni ed immobili in PRC e la tutela giuridica è abbastanza ‘particolare’.

La mancanza di reciprocità nei diritti di proprietà (non è una peculiarità cinese, basti pensare ai nostri vicini di Croazia e Slovenia) è uno squilibrio inammissibile.

E’ evidente che, se i capitali cinesi godono nelle nostre società di una maggiore libertà rispetto a quella goduta dai nostri capitali nel mercato cinese, questo non può non ripercuotersi negativamente sulla nostra struttura economica.

Facciamo un esempio: la libertà di movimento può determinare l’indirizzo di risorse da un settore economico a un altro, influenzare i livelli occupazionali, la mobilità sociale, il valore degli immobili, la quantità e qualità di beni e servizi immessi o sottratti nel mercato, la possibilità di costruire strade, ponti, scuole, ospedali.

In una parola, l’intera economia gira intorno alla libertà e tutela dei capitali; questo è attualmente concesso alle imprese cinesi operanti in Italia (Europa), ma non è concesso alle imprese italiane (europee) che operano in PRC.

E’ il problema dei “Fondi Sovrani” che tanto agita i sonni di noi occidentali.


Lungi da essere le idee esposte particolarmente innovative, è tuttavia giunto il momento di definire una strategia ed una tattica nei rapporti con la PRC.

Per quanto possa sembrare inverosimile, due miliardi di persone guardano i nostri comportamenti con speranza; non solo bramano il nostro livello di benessere, ma aspettano da noi una inequivocabile parola di libertà.

Luigi Milanesi


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