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Lettere - Al Direttore
I grandi partiti hanno un’anima composita Stampa E-mail
26/03/08

articoli di riferimento: Grandi senz'anima e Partiti "medi" con l'anima?

Ho trovato molto interessante l’analisi svolta negli articoli di recente pubblicati sull’identità dei partiti. Ma vorrei esprimere il mio disaccordo su molti punti di quest’analisi, partito per partito.


PD

Il profilo di questo partito viene delineato nell’articolo di Adornato, che non appare condivisibile per una pluralità di motivi.

In primis, contrariamente a quanto ivi dedotto, il PD ha un’identità chiara e sorprende che non venga colta dal momento che è la stessa di Zapatero e del think thank di riferimento, La Repubblica.

Il PD è portatore di un pensiero debole, di una cultura relativista. In questo senso l’alleanza con i radicali è assolutamente naturale.

Il fatto che all’interno del partito vi siano persone che si dicono cattoliche, musulmane o buddiste è del tutto irrilevante. Quel che conta è l’azione politica portata avanti; e questa testimonia in maniera inequivocabile l’identità relativista del partito. Anche nel partito socialista di Zapatero vi sono persone che si dicono cristiane, ma non per questo pensiamo che sia un partito moderato o che non abbia una sua identità.

Che dovrebbe fare Veltroni, dire a tutti i cattolici che sono nel partito o che lo votano “vi state sbagliando”? Dovrebbe dire a tutti coloro che credono che la famiglia sia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, “non mi votate”? Ovviamente no; dirà che lui è contro gli steccati ideologici, che bisogna aprirsi all’altro, che lui è per la vita ma anche per l’aborto…

Evidentemente, però, non si può confondere l’ambiguità dialettica di chi cerca voti con l’identità del partito che è testimoniata dai fatti.


PDL

Anche l’analisi del PDL effettuata da Adornato non risulta corretta.

Sempre guardando all’esperienza spagnola, ricordo che un’esponente del Partito Popolare mi spiegava come all’interno del partito vi fossero diverse anime: quella cattolica, quella liberale e quella conservatrice. Ebbene, se si tiene presente che il Partito Popolare ha circa il 40% dei consensi, è chiara l’analogia con il centrodestra italiano che ha una percentuale analoga e, pur semplificando, le diverse anime erano rappresentate dall’UDC, da Forza Italia e da Alleanza Nazionale.

Vogliamo dire che il Partito Popolare non ha un’identità? No. La realtà è che un partito che raccoglie oltre il 40% dei voti non può essere monolitico. Più il partito è grande, maggiori sono le differenze al suo interno (questo vale anche per il PD).

Inoltre, se si guarda alla realtà dei fatti e dell’azione politica, si scopre che su tutte le questioni più spinose (o “eticamente sensibili”) il centrodestra ha sempre votato in maniera compatta, ivi inclusa la Lega e la (attuale) Destra.

Quanto al fatto che il PDL sarebbe meno liberale della prima Forza Italia, l’osservazione è a dir poco sorprendente.

In primo luogo, l’osservazione è svolta da uno che è passato da Forza Italia all’UDC, la quale ha sempre posto l’accento sulla parola solidarietà come a rimarcare la propria differenza da Forza Italia, accusata di eccessivo liberalismo.

Secondo, il PDL non sarebbe più liberale perché si difende l’idea che un paese come l’Italia dovrebbe avere una compagnia aerea di bandiera? O ancora perché è contro il dumping cinese? O perché Tremonti dice che la globalizzazione è un fenomeno che deve essere guidato e non subìto? Ma proprio questo è il ruolo della politica.

Il grande problema del PDL, che riguarda tutti i partiti italiani, è di democrazia interna.


UDC, Lega, Sinistra Arcobaleno, ecc.

Per questi partiti vale il discorso fatto in precedenza. Essendo partiti di piccole dimensioni, è normale che abbiano un’identità più marcata. Se avessero l’1% sarebbe ancora più forte, e se avessero lo 0,1% sarebbe fortissima.

Come dice un vecchio motto, “in società bisogna essere in numero dispari (per poter decidere) e tre sono troppi”.


PDL, UDC, Lega, La Destra... e i valori

Ciò doverosamente premesso, una questione dei valori nel centrodestra si pone e per comprenderla meglio è utile partire prendendo a paradigma l’UDC che dei valori dovrebbe essere la paladina

Divorzio

L’UDC si batte contro la legge sul divorzio? Non mi risulta. Attualmente, l’UDC si batte contro una legge che introduca il divorzio lampo. La posizione è condivisa dalle altre forze del centrodestra.

Aborto

L’UDC si batte contro la legge sull’aborto? No. Attualmente, l’UDC si batte affinché venga data applicazione alla legge 194 in tutte le sue parti. La posizione è condivisa dalle altre forze del centrodestra.

Famiglia

L’UDC si è schierata contro i DICO, riaffermando il principio costituzionale secondo cui la famiglia è fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna. La posizione è condivisa dalle altre forze del centrodestra (Berlusconi ha aperto la campagna elettorale su questo tema).

Si potrebbe continuare con altri temi (eutanasia, eugenetica, libertà di scelta nell’educazione scolastica, ecc.) e ci si accorgerebbe che tra i diversi movimenti una differenza non c’è.

Eppure, nel centrodestra non sono tutti pii cristiani, atei devoti alla Ferrara, filosofi razionali alla Pera.

Come mai quest’unità (certamente positiva per chi quei valori ha a cuore)? Se si guarda con attenzione agli esempi fatti, si nota che le posizioni assunte dal centrodestra sono posizioni in difesa dello statu quo. Si gioca in difesa.

Non sono state portate avanti battaglie culturali. Le grandi battaglie culturali in questo paese sono state fatte da Giuliano Ferrara – senza scordare il contributo di Marcello Pera o Magdi Allam -. Basti considerare, da ultima, la moratoria sull’aborto che è stata proposta da Ferrara e alla quale tutte le forze di centrodestra si sono accodate. Però, nel momento in cui Ferrara ha accelerato su un tema delicato come quello dell’aborto – peraltro, non chiedendo neanche l’abolizione della legge - tutti hanno frenato.

Qui è il punto. Vi è certamente una larga condivisione di valori comuni - anche su questioni etiche, ma se dalla difesa si passa all’attacco, in tutte le forze politiche (ivi inclusa l’UDC) emergono delle differenze perché quei valori sono ben presenti, compresi e fatti propri solo da alcuni esponenti politici.

Da qui il dilemma di chi crede in quei valori: cercare di essere lievito della massa (alla Formigoni) ovvero costruire un movimento portatore di un ‘pensiero forte’, di una cultura della vita che abbia un ruolo propositivo.

Ivan Rossetti


Risponde Giovanni Martino

Ringrazio il lettore per l’attenzione con cui ha letto i nostri articoli e la puntualità delle sue argomentazioni. Non è questa la sede per una controreplica: mi limito a sottolineare un paio di elementi.

1) Nei grandi partiti difetta la democrazia interna? Non è questione di poco conto. I partiti ‘compositi' di altri Paesi hanno proprio in rigorosi meccanismi di democrazia interna il criterio di composizione della pluralità di anime. Altrimenti, questo criterio resta l'estro del momento del Capo o gli interessi prevalenti delle lobbies.
Un succedaneo italiano è stato sin qui la democrazia interna non ai partiti ma alle coalizioni, che offriva almeno all’elettore la possibilità di scegliere un partito identitario. Ora, anziché andare avanti, andiamo indietro: abbiamo grandi partiti che “corrono da soli” rifiutando le alleanze, non offrono democrazia interna per la composizione delle liste, non consentono il voto di preferenza...
Aggiungo, a titolo personale, che anche laddove criteri di democrazia interna consentissero ai cittadini più attivi di concorrere a determinare l'identità comune di un grande partito, questa identità resterebbe in ogni caso frastagliata e - quindi - opaca all'elettore. Rendere chiara l'identità complessiva di un partito (di ispirazione cristiana o meno), invece, è un elemento di trasparenza e democrazia. E' il motivo per cui preferisco il bipolarismo al bipartitismo.

2) Quanto ai “valori” , questi non sono uno specchietto per le allodole. I partiti non possono andare al supermercato dei valori a sceglierne due-tre da ostentare (almeno finché i sondaggi lo consigliano), per coprire un’azione politica complessiva – economica, sociale, giuridica – che non guarda al bene comune o copre interessi particolari di persone, gruppi di potere, categorie. Questa strumentalizzazione dei valori, ovviamente, può essere imputata – in diversa misura – a tutti i partiti; ognuno valuti la “diversa misura”.
Il voto dei cattolici - come anche dei non credenti che si riconoscono nei valori laici di ispirazione cristiana - non può essere acquistato con uno scambio su pochi punti programmatici, come avveniva a inizio '900 col "patto Gentiloni". La novità del popolarismo di Sturzo fu proprio quella di aver introdotto una cultura dei valori e un'azione politica complessiva volta al bene comune.


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