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Focus TV - Notizie e commenti
L'Oracolo televisivo Stampa E-mail
Sull’importanza che la tv ha assunto nelle dinamiche delle moderne società
      Scritto da Renato Scattarella
28/06/05
tv_ipnosi_clip.jpg

La televisione non potrebbe mai essere peggiore della realtà”…

Questa che potrebbe sembrare la frase di un affezionato del tubo catodico, forse in cerca di qualche alibi, è in realtà una provocazione nata dal critico, semiologo e scrittore Umberto Eco, lo stesso che ha scritto Il nome della rosa e Il pendolo di Focault; lo stesso, per intenderci, che ha sintetizzato la società italiana con il lapidario commento: “siamo tutti veline”.

Anche Eco, dunque, ha dato il suo importante contributo nel cercare di spiegare il fenomeno tv, che dagli anni '50 ad oggi è diventata l’oracolo delfico, la pietra filosofale delle moderne società. Nell’ultimo mezzo secolo quell’apparecchio dal quale escono suoni ed immagini ha assunto un ruolo ed un'importanza sulla quale ci si interroga in continuazione.

Quale valore e significato ha la tv oggi? Quale è la sua autorità, e quale, se c’è, il suo potere?

Per molti, studiosi e non, la tv è diventata uno strumento fortemente manipolatorio, che vincola le scelte di una società sempre più alfabetizzata e sempre meno in grado di cogliere la realtà in maniera autonoma e distaccata. E’ pensiero comune che la tv svolga addirittura un ruolo pedagogico-didattico, il cui valore parrebbe superare quello di genitori e insegnanti, da sempre detentori di questo importantissimo ruolo.

La tv propone una rappresentazione / interpretazione del reale, o di una parte di esso, che si discosta dalla realtà, è sempre soggettiva, perché è espressione della sensibilità o del "messaggio" lanciato dagli autori / programmatori. Oggigiorno questa capacità di deformazione è più marcata, perché spesso si inseguono "situazioni limite" sempre nuove, capaci di attirare curiosità (quindi audience, inserzioni pubblicitarie, denaro). La particolarità della tv è che ha la capacità di presentare la sua interpretazione soggettiva come raffigurazione fedele della realtà, e in questo modo di modificarla: per la forza evocativa delle immagini (che costituiscono il nostro strumento di conoscenza più immediato); per la facilità d'accesso e l'ampiezza dei contenuti; per il suo proporsi come "finestra sul mondo"; per il meccanismo dell'assuefazione ("a me sembrava strano, ma se in tv lo fanno tutti, sarà normale..."). La semplice capacità di deformazione diventa capacità di manipolazione.

Ma è davvero così centrale la tv nel nostro vivere sociale?
Sociologi e mass-mediologi rispondono di sì. La tv modifica il linguaggio, i costumi, il modo di pensare e - nei casi più estremi - è l’unico punto di contatto con l’esterno. E' un'agorà a portata di telecomando, che comporta inevitabilmente un ridimensionamento dell'originale funzione sociale dell’individuo. Il grande filosofo della scienza Karl Popper, teorico della "società aperta", chiedeva regole stringenti proprio per l'uso della televisione, vista come strumento capace di "codificare" costumi e idee, minando le basi di una società libera.

La tv, quindi, ha davvero sostituito famiglia e scuola, ha indebolito il tessuto sociale, i rapporti interpersonali?

In parte credo di sì, ma mi sento vicino ad Eco quando tenta di 'desacralizzare' questo potere. La tv, come osserva lo scrittore, non è che una cassa di risonanza che amplifica le dinamiche della società contemporanea, pertanto in essa non troviamo che il peggio e il meglio di quello che già siamo (anche se l'amplificazione del "peggio" fa spesso più rumore di quella del "meglio").

C’è una soluzione che permetta concretamente di 'desacralizzare' l’oracolo? Di evitare che si manifesti solo nel suo potenziale manipolatorio?
Probabilmente sì: bisogna evitare di vedere nella tv altro da quello che è, cioè uno strumento di comunicazione. Come tutti gli strumenti, può essere utilizzato bene (valorizzando le sue grandi potenzialità di informazione) o male, esaltando i difetti che abbiamo descritti.

Servirebbe certamente che chi fa televisione si sforzasse di realizzare i programmi avendo come stella polare il rispetto dello spettatore, senza trincerarsi dietro l'alibi ipocrita: "se ci guardano, vuol dire che ci chiedono questo".

Ma il modo per difendersi lo abbiamo anche noi spettatori. Se ci aspettiamo una tv magistra vitae, portatrice di valori, vedremo deluse le nostre aspettative. I valori si acquisiscono altrove, nascono in istituzioni forti e radicate come famiglia e scuola e sedimentano nel tempo attraverso l’esperienza materiale e la cultura.

Se si riesce a vedere la tv in maniera distaccata, dall’alto di quei valori acquisiti, sapendo di non trovarsi di fronte all’oracolo della Pizia, coltivando altre finestre sulla realtà (i libri, l'esperienza vissuta), sarà difficile che questo mezzo tecnologico, che pure non è un semplice “elettrodomestico”, possa indirizzare le nostre scelte.


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