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Politica - Notizie e Commenti
La crisi della politica (4): il suicidio della politica italiana Stampa E-mail
Bipolarismo radicale, riforme mancate, flirt con gli estremismi
      Scritto da Giovanni Martino
24/03/08

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Se il cuore della crisi politica è nel sistema di potere italiano, che investe tutta la classe dirigente e numerose categorie sociali, all'esplodere della crisi hanno contribuito in maniera non marginale i numerosi passi falsi commessi dalla classe politica.

Della disillusione derivante dal comportamento della sinistra al Governo abbiamo detto. Altri errori non riguardano solo la sinistra.


1) Il bipolarismo all’ultimo sangue.
Una delle cause di corruzione degli anni Ottanta, che portò alla prima Tangentopoli, fu il sistema politico “bloccato”: non potendo votare per il PCI che sognava l’Unione Sovietica, molti votavano le forze del “pentapartito” senza preoccuparsi di scegliere gli esponenti più presentabili; si pensava che - in ogni caso - fossero il “meno peggio”. Dall’altra parte, i comunisti sostenevano ad occhi chiusi un Partito che era come una chiesa.

Si disse che questo problema si sarebbe risolto con l’alternanza. Ma così non è accaduto: le nuove maggioranze si alternano, si insultano, ma non si differenziano nell’abitudine ad occupare il potere; e ad aumentare gli spazi di potere pubblico da occupare.

Il vero problema, allora, non stava tanto nella mancanza di alternanza, quanto nel meccanismo che induce a vedere nell’avversario politico il “nemico”: per scongiurarne l'avvento bisogna piegarsi alla logica del “meno peggio”. Con l’attuale bipolarismo (che alcuni vorrebbero addirittura bipartitismo), vediamo schierate due grandi armate il cui collante propagandistico è la volontà di fermare il “pericolo comunista” o il “pericolo berlusconiano”. Il confronto all’ultimo sangue richiede di imbarcare anche le forze estreme (con le quali non è possibile governare) e di “chiudere un occhio” sulla mancanza di democraticità dei partiti, sulla scarsa presentabilità di molti personaggi, ecc.

Per superare questo stallo, serve un “bipolarismo ragionato” e moderato, in cui il confronto sia sui valori, sui programmi, sugli strumenti concreti per realizzarli.


2) Le Riforme mancate. Recidere gli intrecci tra interessi privilegiati, governare i cambiamenti veloci della società postindustriale, richiede un sistema istituzionale capace - al tempo stesso - di ridurre l'invadenza pubblica e garantire rapidità e certezza delle decisioni.
Un sistema incapace di risolvere i problemi crea scontento, incoraggia l'arte di "arrangiarsi", rende impossibile al cittadino giudicare l'operato di chi governa.

In Italia è mancato il coraggio di fare una Grande Riforma. L'ultima occasione sprecata è stata quella della riforma costituzionale approvata dal centro-destra nel 2005, e bocciata dal referendum popolare del 2006. La volontà del popolo è sovrana, ma ricordiamo che il risultato di quel referendum fu dettato dalla tenace propaganda della sinistra, che - in vista delle elezioni - non intendeva accreditare il centrodestra di un successo riformista. La miopia di un interesse contingente ha portato a rigettare riforme che oggi la stessa sinistra (Veltroni) invoca.

A questa miopia si aggiunge un dato strutturale: se il centro-destra si è adagiato nel sistema di potere (confidando che il pungolo della Riforma gli desse la forza per cambiare comportamenti), la sinistra ritiene in larga parte che questo assetto sociale sia da conservare: con la presenza importante dello Stato, con la "concertazione" in cui non sono individuabili le responsabilità di nessuno.


3) Il flirt con gli estremismi.
L'antipolitica non è un'invenzione di Grillo, ma aveva avuto precedenti non lontani. Precedenti nati dalla caduta delle ideologie (ma anche dal vuoto degli ideali), e che la politica non ha saputo affrontare. Anziché rispondere alla domanda di buona politica, spesso si è ceduto alla tentazione di soffiare sul fuoco di questi estremismi, illudendosi che tale fuoco potesse bruciare solo gli avversari, che l'appoggio agli agitatori suscitasse la loro simpatia, che questi fenomeni siano destinati a sgonfiarsi senza conseguenze.

Pensiamo al giustizialismo di Tangentopoli, espresso da coloro che non chiedevano giustizia, ma intendevano usare la scorciatoia della galera per eliminare gli avversari politici (cavalcato da sinistra, da destra, dai poteri economici); oggi D'Alema e Fassino parlano di giustizia che perde credibilità... Pensiamo alle proteste spesso fuori le righe e antisistema della Lega Nord. Al fiancheggiamento di anarchici e centri sociali da parte dell'estrema sinistra. Alla retorica un po' bolsa di Berlusconi contro "il teatrino della politica". Ai "girotondini" di Moretti blanditi dalla dirigenza DS.

Quando si cavalca la tigre per farsela amica, c'è il rischio di esserne sbranati...


La nostra analisi dovrebbe concludersi con l’invito ai cittadini, a tutti noi, ad evitare l’altalena tra passività rassegnata e sfoghi rabbiosi ed improduttivi. Dovremmo formulare l’invito a seguire con attenzione lo scenario politico, ad individuare i personaggi credibili, a spendere anche energie per sostenerli.

Utilizziamo il condizionale perché, in concreto, non siamo molto ottimisti. I personaggi politici seri ci sono, ma ci sembrano pochi, in ombra, privi di seguito; a volte, forse, privi di coraggio.
Anche nella “società civile” coraggio e consapevolezza ci sembrano scarsi.

Al pessimismo della ragione speriamo di poter sostituire l’ottimismo della volontà.



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