C’era una volta… La TV dei ragazzi, la fascia dedicata ai più giovani da una RAI che era davvero servizio pubblico. Tutto ha inizio alle ore 17 del 3 gennaio del 1954, sulle frequenze dell’unico canale che allora entrava nelle famiglie italiane. Il motto della trasmissione era “Educare divertendo”. Programmi educativi, dunque; ma anche di intrattenimento, per lo più di provenienza USA: telefilm (negli anni: Rintintin, Zorro, Penna di Falco, Furia) e cartoni animati (quelli di Hanna & Barbera – Tom e Jerry, Gli Antenati -, i Looney Tuns - Wile E. Coyote, Gatto Silvestro, persino un Braccio di Ferro in lingua originale...). Un dramma perderne una puntata, perché... non c’era il videoregistratore!
Anche la Rai crea personaggi originali: Giovanna la nonna del Corsaro Nero, Topo Gigio, Ricchetto; personaggi un po’ ingenui, ma che sapevano offrire valori positivi.
Nel 1976 viene riconosciuta legittimità alle emittenti private locali: la concorrenza incombente spinge la Rai a rinnovarsi. Arrivano nuovi telefilm americani e – novità - gli Anime (cartoni animati) giapponesi: adattamenti di romanzi (Heidi, Remi) o robot-samurai che difendono l’umanità dagli alieni (Goldrake).
La produzione italiana ha la sua punta di diamante in un’idea geniale di Guido De Maria e Giancarlo Governi: SuperGulp! I fumetti in TV. Questa trasmissione, iniziata nel 1977 (ampliando la sperimentazione di Gulp! di qualche anno prima), propone il meglio del fumetto italiano (Nick Carter e Sturmtruppen, Alan Ford, Cocco Bill e Jak Mandolino, Corto Maltese, Tex Willer, Lupo Alberto, Il signor Rossi), europeo (Tintin, Asterix) e americano (Uomo Ragno, Fantastici 4, Peanuts, Mandrake, Flash Gordon), presentando le strisce doppiate o cartoni animati tratti da quelle strisce.
Inizialmente pensata per un pubblico di adolescenti più che di bambini, visto che era settimanale e andava in onda in prima serata (quando era uso mandare i bambini a nanna), la trasmissione si basa su una formula semplice che ha in ogni caso grande fortuna, grazie soprattutto alla varietà e qualità del prodotto artistico presentato. Alcune battute (ad esempio quelle dei personaggi di Nick Carter: "Ebbene sì, maledetto Carter, hai vinto anche stavolta!", “E l’ultimo chiuda la porta!”, “Dice il saggio: tutto è bene ciò che finisce bene") diventano presto celebri tormentoni.
Nel 1979, visto il successo anche tra i più piccoli, la trasmissione è spostata in preserale e diviene quotidiana. Fino ad un triste venerdì 10 aprile 1981, giorno dell’ultima puntata... (Segnaliamo, al proposito, una petizione attivata in rete per chiedere una nuova messa in onda di quelle storiche puntate: Liberiamo Supergulp!)
Il fatto è che la produzione artigianale doveva cedere il passo a quella industriale, ai nuovi cartoni giapponesi.
Sul finire degli anni ‘70 gli Anime invadono ben presto le neonate emittenti private: Jeeg Robot d’acciaio per i ragazzi, Candy Candy per le ragazze, e tantissimi altri. Nel mare di produzioni importate per riempire i nuovi palinsesti, ci sono quelle mediocri e raffazzonate. Ma anche quelle confezionate con una grande cura, soprattutto nell’elaborazione delle storie: le serie erano simili a lunghi sceneggiati, ricchi di dramma e sentimento.
A dire il vero, un primo segnale negativo veniva dai programmi che vedevano protagonisti i robot: erano i primi programmi per bambini che contenevano violenza (e ciò allora suscitò molte polemiche). Ma si trattava ancora di una violenza simbolicizzata (tra macchine e non tra esseri umani), in cui restava chiaro il messaggio del buono che vince il cattivo.
Oggi, invece, a nostro modesto parere, la qualità è più rarefatta. Grafica migliore, ma – in media - storie più banali, violenza più diffusa, confezione attenta principalmente al marketing commerciale (ad esempio, tanti protagonisti diversi per poter indurre i bambini a fare collezioni infinite dei giocattoli che li riproducono).
Alla commercializzazione dei programmi per bambini contribuisce un’anomalia della televisione italiana, che – a differenza della maggioranza degli altri Paesi europei – ammette la pubblicità nelle fasce orarie in cui quei programmi vengono trasmessi. E sappiamo quanto i più giovani siano indifesi rispetto alla persuasione pubblicitaria, spesso assecondati da genitori che esaudiscono ogni desiderio dei loro pargoli per compensare i propri sensi di colpa.
Chi scrive è cresciuto con i programmi degli anni ’80: la preferenza per quelli, rispetto agli attuali, è condizionata da un velo di nostalgia (che fa sembrare migliore ciò che rievoca gli anni spensierati dell’infanzia), o anche da un’insufficiente conoscenza dei prodotti attuali? Forse.
Ma un indizio indiretto della bontà di quest’analisi ci sembra il fatto che i palinsesti, nelle ore pomeridiane, privilegiano soap operas, “tv-verità”, giochi a quiz: segno di scarsa attenzione per i bambini (gli spazi dedicati a loro sembrano confinati nei canali digitali o satellitari), ma anche di difficoltà a trovare programmi capaci di attirare davvero la loro attenzione. I quali bambini, non a caso, dicono di preferire i programmi per adulti...
(Tralasciamo l'ovvia considerazione che per i bambini andrebbe privilegiato, rispetto ai cartoni animati e ai videogames, il gioco con i loro coetanei).
Nel nostro sito un’opinione sui singoli prodotti l’abbiamo espressa con le classifiche dei cartoni e dei telefilm da non dimenticare: chi ha obiezioni... si faccia avanti!
Sull’evoluzione delle trasmissioni televisive per i più piccoli, infine, segnaliamo il libro della sociologa Marina D’Amato, La TV dei ragazzi: storie, miti, eroi, edito da RAI-Eri.